SAN RICCARDO PAMPURI
                                                                                                                  Patrono di Erika e Sebastiano

                                

                                                                                  

Riccardo Pampuri, al secolo Erminio Filippo (Trivolzio, 2 agosto 1897 – Milano, 1º maggio 1930), fu religioso dell'Ordine Ospedaliero di San Giovanni di Dio (Fatebenefratelli).

Era il penultimo degli 11 figli di Innocente Pampuri e Angela Campari. La madre morì di tubercolosi quando Erminio aveva 3 anni. Nel frattempo erano anche sorte difficoltà economiche per il padre, perciò fu affidato agli zii materni: i due fratelli Maria e Carlo Campari che vivevano a Torrino, non lontano da Trivolzio, insieme ai genitori poiché non si erano mai sposati.

Nel 1923 divenne medico condotto di Morimondo, un paese non lontano da Trivolzio in cui la popolazione era sparsa in vari cascinali di campagna. Lì si fece subito amare per il suo spirito di abnegazione verso i poveri, per il modo caritatevole di curarli, spesse volte senza farsi pagare ma, al contrario, portando ai più bisognosi i medicinali e il denaro necessario per non morire di fame. «Ecco il santo dottore», lo additava spesso la gente.

Nel 1927 Erminio matura la decisione di aderire all'ordine ospedaliero di San Giovanni di Dio, meglio conosciuto come Fatebenefratelli.  Malgrado la contrarietà degli zii entrò in convento il 22 giugno 1927. Vestì l'abito dei  Fatebenefratelli il 21 ottobre dello stesso anno e prese il nome di Riccardo in onore di Riccardo Beretta, il sacerdote a cui Erminio si era affidato come guida spirituale.

Il "quarto voto" dei Fatebenefratelli, che prescrive l'ospitalità e l'assistenza ai malati, lo spinse, all'Ospedale Sant'Orsola di Brescia, ad occuparsi, oltre al servizio medico anche di servizi più umili. Si occupò della formazione dei confratelli che dovevano diventare infermieri e infine gli venne affidato l'ambulatorio dentistico dell'ospedale. Anche lì Riccardo aveva uno scopo: «Prego affinché la superbia e l'egoismo non abbiano a impedirmi di vedere Gesù nei miei ammalati».

Nel 1929 i disturbi respiratori che Riccardo aveva fin dalla guerra si aggravarono e sfociarono in tisi. Dal gennaio 1930 non poté più svolgere il suo servizio e continuò a peggiorare. Il 27 aprile fu trasferito a Milano alla casa dell'Ordine. Il giorno prima di morire, disse al nipote Alessandro: «Sono contento di andarmene. L'idea del Paradiso mi affascina e mi sto preparando come un uomo che sta per convolare a nozze.» Morì la mattina del primo maggio, stringendo tra le mani il crocifisso.

Il 4 maggio furono celebrate le esequie da quel don Riccardo Beretta di cui aveva scelto il nome. Fu seppellito a Trivolzio. Il suo corpo ora è sepolto nella chiesa parrocchiale di san Cornelio e san Cipriano martiri, meta di pellegrinaggio. I casi di guarigione improvvisa e inspiegabili per la scienza, avvenuti a quanti si affidavano a lui si moltiplicarono, così che nel 1949 cominciò il processo per la beatificazione che avvenne il 4 ottobre 1981.

Il 1º novembre 1989 fu proclamato Santo da papa Giovanni Paolo II, che disse: «La vita breve ma intensa di fra' Riccardo Pampuri è uno sprone per i giovani, i religiosi, per i medici, a vivere coraggiosamente la Fede cristiana nell'umiltà e sempre nell'amore gioioso per i fratelli bisognosi.»

La memoria liturgica ricorre, com'è tradizione, il giorno della morte: il 1º maggio suo Dies Natalis.




                                                                              SAN DONNINO martire
                                                                                               Il Patrono di Sebastiano

                                                                                 

                
    

Secondo la tradizione fu martirizzato nella città di Fidenza il 9 ottobre del 299. Era un soldato al servizio dell'imperatore Massimiano Erculeo, per il quale aveva una mansione importante: cubicularius cioè cerimoniere regio. Secondo i bassorilievi del Duomo di Fidenza che ne narrano la storia, sarebbe stato destituito dal suo incarico a causa della sua conversione al Cristianesimo.

Per ordine dell'Imperatore fu decapitato lungo le rive del fiume Stirone (Sisterion come appare inciso sulla pietra) presso il ponte romano che ancora oggi è visibile poco discosto dalla Cattedrale. La sua iconografia lo vede rappresentato con il capo mozzato nelle mani. Infatti il martirologio narra che il Santo Donnino appena decapitato si alzò, prese il suo capo e camminò per qualche decina di passi per poi cadere cadavere. E lì venne costruita la Cattedrale romanica tutta scolpita, meraviglia e lode perenne al Patrono di Fidenza, l’antica Borgo S. Donnino.

San Donnino è invocato contro il morso dei rettili e dei cani rabbiosi.  È anche protettore dei viandanti e dei pellegrini, infatti la Cattedrale di Fidenza sorge lungo la Via Francigena, tappa di ristoro principale prima di intraprendere il cammino verso il montano Passo della Cisa.

Il 9 ottobre, dies natalis del Patrono, Fidenza lo ricorda con un solenne Pontificale nella Cattedrale, officiato dal Vescovo riunito assieme a tutto il clero della Diocesi. La città propone un ricco periodo di feste dedicate e come da antichissima tradizione nello stesso giorno si svolge una imponente fiera.

             



                                  SAN CORRADO CONFALONIERI eremita
 
                                                                                                                          Il Patrono di Erika

                                                                                    

San Corrado della nobile Famiglia dei Confalonieri nasce nel 1290 nel castello di Calendasco (Piacenza) non molto lontano dalle rive del fiume Po. Fin dalla giovinezza è addestrato agli usi ed ai costumi della cavalleria; nelle campagne prossime alla città Corrado è solito andare a caccia. Nel borgo di Calendasco, poco discosto dal suo maniero, vi è un piccolo eremo-hospitio per pellegrini e poveri gestito da frati Penitenti riconosciuti nell’Ordine Terziario di S. Francesco.

Corrado è un giovane dedito ai piaceri della sua posizione nobiliare feudale, una mattina prossima all’estate, verso l’anno 1315, di buon ora esce accompagnato dai suoi servitori, per una battuta di caccia nella campagna. Nonostante i battitori e l’uso di cani da caccia, pare che la vegetazione incolta sia un utile rifugio alla selvaggina, e quindi Corrado ordina ai suoi uomini di appiccare piccoli incendi alla radura ed alle sterpaglie prossime all’incolto.

Purtroppo un vento possente aiuta il divampare delle fiamme, che ormai divenute incontrollabili, ardono oltre che la piccola foresta anche i campi colti a frumento, gli armenti che vi pascolano ed alcune masserie abitate da contadini. Accortosi che le fiamme sono indomabili, per la scarsità di acque utili a spegnerle e per la dimensione dell’incendio, decide di lasciare il luogo ritirandosi entro le mura della sua casa cittadina.

Viene accusato un povero contadino sorpreso a bruciare stoppie ed erbacce secondo la normale consuetudine agricola. Il poveraccio non riesce ovviamente a mostrare le sue ragioni e viene prontamente processato e condannato alla pena di morte.

Corrado, venuto a conoscenza che un innocente entro breve sarà giustiziato per colpa sua, inizia un travaglio della coscienza, che in accordo con la moglie Eufrosina, lo porta ad ammettere la propria colpa dinnanzi al Visconti. Il contadino è liberato, ha la vita salva, mentre Corrado che è già per motivi di famiglia avverso al Visconti, ghibellino, è condannato al risarcimento dei danni causati.

Anche Corrado ha la vita salva in quanto egli è un Nobile ma ugualmente è costretto a riparare del danno fatto e costretto dall’evento, vende ogni suo bene per tal fine, riducendosi ormai a stato di povertà. In questo periodo viene disconosciuto anche dalla Famiglia, oltraggiato e deriso dal mondo feudale che fino a poco tempo prima godeva dei suoi stessi beni, privilegi ed amicizia.

Nel piccolo hospitio di Calendasco posto sul passo del fiume Po ove è il porto della Via Francigena, si ritira a vivere in penitenza assieme a pochi altri fraticelli sotto la guida spirituale di Frate Aristide, lo stesso che qualche decennio prima era stato chiamato a Montefalco per edificare il nuovo convento delle clarisse, voluto dalla stessa Santa Chiara di Montefalco.

Se ne parte poi per pellegrino per Roma, va in Terra Santa e Malta e finalmente dopo anni di vagare vive da eremita in una grotta posta nella valle di Noto in Sicilia.

 Il miracolo maggiore rimane quello del “pane angelico” che compariva nella grotta e donava alle genti. Testimone ne fu anche il Vescovo di Siracusa. E’ anche protettore dei bambini erniosi che sanò già da quando era in vita.

Corrado ha reso lo spirito a Dio il 19 febbraio 1351 suo Dies Natalis.

E’ Patrono di Calendasco da 400 anni e di Noto da oltre 700 anni. Calendasco si vanta dei natali fisici e spirituali di San Corrado Confalonieri francescano del Terz’Ordine: nel borgo si conserva infatti il maestoso castello e l’ospitale francigeno.

Il suo corpo Santo si conserva  a Noto in una grandiosa Arca d’argento massiccio nella Cattedrale di Noto e portata in processione per la sua Festa.

                                                                        

       




                                                                                                      
 



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