CALENDASCO E LA DEVOZIONE 

 

                                                                                                                

La devozione ultra secolare degli abitanti di Calendasco è mostrata anche dal bellissimo quadro del primo ‘600, nella chiesa, che mostra il santo eremita in abito penitenziale francescano, in stato meditativo sulle sue vicende passate e soprattutto mostrando gli attributi propri dell’eremita: il teschio, per la meditatio sulla morte e l’esistenza umana, il flagellum o penitenza per frustare la carne debole quando è tentata, il rosario segno di preghiera meditativa e continua ed i piedi nudi posati sulla nuda terra e sulla pietra, segno del totale distacco da tutte le attività materiali del mondo. Sono da segnalare anche le due altre grandi tele a soggetto religioso: San Francesco d’Assisi che riceve le stigmate e un Sant’Antonio da Padova con il Bambinello, certamente anch’esse seicentesche così come la grande tela corradiana nell’omonimo altare della chiesa di Calendasco.

Anche una campana è “sub invocatione sancti Conradi” e la memoria delle genti ricorda la chiesa attuale, prima della realizzazione nel 1971 degli affreschi per mano del pittore piacentino Ricchetti, ornata con dipinti della vita del Santo Corrado tra cui una teoria di fraticelli dell’eremo francescano posto poco discosto dal paese che in processione qui si recavano.

     Non è da sottovalutare, per la giusta comprensione degli eventi storici legati alla devozione fortissima francescana che con San Corrado si è notevolmente estesa e fortificata proprio in Calendasco, la presenza nella stessa parrocchiale appunto di queste tre grandi, antiche e significative tele a soggetto francescano, oltre alle altre belle ed importanti statue lignee e quadri di notevole dimensione.

                             abside chiesa Calendasco, affresco 1971

     A Calendasco si conservano due insigni reliquie: una di più antica donazione, un pezzo d’osso, dell’avambraccio del santo che si conserva nella Cattedrale di Piacenza, e l’altra in una elegante stauroteca di stile gotico-lombardo, che è il pollice della mano sinistra.

                                  


 
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