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L'appello
accolto dalla Stampa piacentina
l'articolo pubblicato nelle
pagine della vita cittadina di Piacenza
«Corrado, santo
dimenticato»
Sparito dal
calendario regionale. Appello dei fedeli ai vescovi
Per un anno i vescovi dell'Emilia-Romagna
si sono "dimenticati" di San Corrado non inserendolo
nel calendario liturgico regionale. Per un anno i devoti sono
rimasti zitti, masticando amaro per la dimenticanza, ma
rimanendo nell'obbedienza. Oggi, alla vigilia della
pubblicazione del nuovo direttorio, escono allo scoperto e
rivolgono un appello ai presuli affinché la memoria venga
ripristinata. «È una memoria facoltativa ma nel direttorio
nazionale c'è sempre stata e non capisco perché in quella
regionale San Corrado ogni tanto scompaia». A parlare è
Umberto Battini, piacentino, sacrestano del Duomo di Fidenza,
nonchè legatus itineris della Compagnia di Sigerico, il gruppo
che in provincia raccoglie i devoti a San Corrado. «La Regione
Pastorale Emilia-Romagna - spiega Battini - pubblica ogni anno,
per mandato dei vescovi, il direttorio e calendario liturgico».
Si tratta di una guida-calendario che serve alle parrocchie di
ogni diocesi per indicare quale tipo di messa va fatta ogni
giorno dell'anno.«Purtroppo nel direttorio 2007/2008 -
evidenzia Battini - al 19 febbraio, Festa di San Corrado, non c'è
più niente, si riporta solo: Febbraio 2008-19 martedì, feria
(verde) colore liturgico, messa a scelta, lez. feriale». Il
sacerdote celebra la messa con i paramenti verdi senza fare
menzione della solennità di San Corrado perché il calendario
non lo dice. Diversamente, come fa notare la Compagnia di
Sigerico, il direttorio 2006-2007. «Il Calendario riportava:
Liturgia ore della feria, Febbraio 2007 -19 lunedì, feria
(verde) colore liturgico, messa a scelta, lez. feriale;
Piacenza-Bobbio: memoria di San Corrado Confalonieri, eremita
(bianco), messa e Liturgia ore della memoria; frati minori
dell'Emilia Romagna: memoria di San Corrado da Piacenza, O F S
(bianco)». Il che significa che nella diocesi di
Piacenza-Bobbio e i frati minori dell'Emilia Romagna celebrano
la solennità di San Corrado indossando paramenti specifici, di
colore bianco.Da qui nasce l'appello affinché la ricorrenza del
santo sia inserita nel calendario liturgico regionale per l'anno
2008-2009. Un appello riportato anche sul sito dei devoti a San
Corrado (araldosancorrado.blogspot.com) che unisce sul web i
devoti, da Calendasco (dove nacque San Corrado Confalonieri nel
1290) a Noto (dove morì nel 1351). «Già una volta, quattro o
cinque anni fa - ricorda Battini -, si era verificata
un'omissione del genere. Avevamo elevato una specifica
perorazione alla casa editrice e l'anno successivo San Corrado
era stato ripristinato».
articolo tratto da LIBERTA' quotidiano di Piacenza di venerdì 3
ottobre 2008
18
febbraio 2009
Vigilia
di San Corrado Confalonieri
foto:
pagina 9 di Libertà
quotidiano di Piacenza
Primo piano
articolo
interamente dedicato al Patrono
di Umberto Battini
riportiamo sotto il testo dell'articolo di Libertà
quotidiano di Piacenza
Domani la Festa - Discendente della nobile famiglia dei
Confalonieri, pellegrino a Roma, in Terra Santa e in Sicilia
dove muore
il 19 febbraio 1351
San Corrado, l'eremita
da Calendasco a Noto
La storia del santo piacentino patrono della città
siciliana
di Umberto Battini
In questi anni a Piacenza
c’è stata una riscoperta molto accalorata della figura del
santo eremita piacentino Corrado Confalonieri. Intorno a
questo illustre personaggio del medioevo si è ampliato un
nuovo filone di ricerca storica, basata principalmente su
inediti documenti che ce ne hanno additato un volto più
storicizzato. Un lavoro certosino, di cesello verrebbe da
dire, silenzioso ma proficuo che è giusto condividere sui due
livelli – con un gioco di parole - cioè quello cultuale e
l’altro culturale. Una figura di religioso significativa: il
nobile cacciatore poi incendiario, il penitente che si fà
pellegrino, il taumaturgo che letteralmente “fa comparire”
pane angelico, come richiamo alla manna del deserto – la sua
vita nel deserto simbolizzato dall’isolamento nella grotta
presso Noto ove muore il 19 febbraio 1351. Sulla origine del
santo dalla nobile casata dei Confalonieri non lascian dubbi
nemmeno gli stessi Giurati della città di Noto, che nella
triplice lettera inviata nel 1610 agli Anziani e Priori di
Piacenza, al Vescovo Conte mons. Rangoni ed al Farnese,
spronandoli di avviar ricerche sul santo piacentino, scrivono:
“si ben fiorì di virtù Eremita et oggi reluce fra beati,
già nel secolo fu cavaliero della famiglia Confaloniera e
segnalatissimo nella patria per aver lasciata in un monasterio
di quella la moglie e distribuito li beni fra quali s’è
fatta coniectura d’alcuni curiosi esserci stato il Castello
Calendasco…”. E la risposta dei Giurati piacentini non
tardò, con la lettera del 14 maggio 1611 inviata a Noto essi
li informarono dell’esito delle ricerche negli archivi
allegando alla stessa una lunga relazione ove si legge che
“il più vecchio della stirpe Confalloniera” ha il
privilegio “d’accompagnare il nuovo Vescovo quando entra
Pontificalmente la prima volta”, ma più clamorosamente
questa relazione rivela che nel monastero di S. Chiara di
Piacenza “per molta diligenza usata da persone autorevoli,
altro non si è trovato che la notizia d’una suora Gioanina
Confalloniera, che specialmente viveva nel 1340 et anco nel
1356. Detta qual suora si dice che, rispetto al tempo, non ci
sarebbe difficoltà che non potesse essere la moglie di Santo
Corrado.”.
Un fatto acclarato è il luogo della nascita fisica di San
Corrado e questa notizia ci viene presentata in forma
ufficiale nel Legato Sancti Conradi del 1617, che il Vescovo
di Piacenza anch’egli spronato dai Giurati netini, “tutte
le predette cose approvò confermò e lodò, e approva
conferma e loda”. E’ un documento redatto nel Palazzo del
Vescovo, alla sua stessa presenza ed è reso pubblico dal
notaio e cancelliere episcopale Giovan Francesco de’ Parma.
Il Legato voluto dallo Zanardi-Landi feudario succeduto ai
Confalonieri, esplicita: “qui quidam S.tus Conradus, ut
perhibetur fuit oriundus de praedecta Civitate ex admodum
Ill.ma famiglia D.D. Confanoneriorum abitatores Dominorum Loci
Calendaschi loci, et Villa Ducatus Placentini ultra trebiam…”
.
Vi è contenuta pure la frase ut in eius vita pubblica tipis
mandata videre est , valida conferma che le indagini sul santo
erano concluse ed avevano portato a poter fare delle
dichiarazioni certe grazie a ciò che si era rintracciato dei
trascorsi civili: le affermazioni sicure che sono punti saldi
che vanno a fortificare la narrazione esposta nel documento,
sono: 1 – San Corrado è un piacentino, 2 – discende dalla
Nobile Famiglia dei Confalonieri, 3 – è nato fisicamente in
Calendasco.
Il Legato contiene questa importantissima affermazione: “qua
quidam devotio es maior promoveri et excitavi debet in
praedicta Ecclesia loci Calendaschi cum ex eodem loco iste
Sanctus, ut praefertur originem terrenam duxerit, sic
verisimiliter incolas eiusdem loci, sui nominis devotos
gratis, et intercessione apud Deum Optimum Maximum
persequunturus…” testualmente “certamente quella
maggiore devozione è da promuovere e deve essere stimolata
nella predetta Chiesa del luogo di Calendasco, il medesimo
luogo dal quale codesto Santo, avendo tratto la sua origine
terrena come si riporta, avrebbe assistito veramente gli
abitanti del medesimo luogo, devoti del suo nome, per le
grazie ed intercessione presso Dio Ottimo Massimo”. Senza
equivoco leggiamo che San Corrado è nato fisicamente a
Calendasco ed il Vescovo di Piacenza, i Testimoni presenti, il
parroco Rettore di Calendasco, il Conte Zanardi Landi e lo
stesso notaio e cancelliere della Curia Episcopale ritengono
quindi fuori di ogni dubbio la autenticità della affermazione
e mai nessuno si contrappose, est probatio probata.
La causa che spinge il nobile Corrado alla conversione è
collegata ad un incendio che provocò durante una battuta di
caccia verso l’anno 1315. Siccome fu incolpato del danno un
innocente contadino, Corrado lo fa liberare ammettendo la
colpa: lui è il colpevole e lui è l’uomo da punire. Una
nuova ipotesi sull’incendio causato dal giovane san Corrado
è emersa dagli archivi, il fatto eccezionale è dato da una
pergamena dell’11 gennaio 1589: è una investitura di un
fondo terriero di 200 pertiche fatta dai monaci di Quartazzola.
La pergamena rinvenuta all’Archivio di Stato di Parma
riporta che le terre sono poste nel territorio di Calendasco,
in direzione di San Nicolò e nel luogo detto “alla
Bruciata.
A diritto questo grande spazio rurale fatto di campi
coltivabili e di bosco può essere ritenuto il luogo
dell’incendio di san Corrado Confalonieri, una ipotesi da
prender sul serio, data dalla ragionevolezza che una così
vasta possessione terriera sia ricordata nel ‘500 con il
nome ‘Bruciata’, sintomo che lì vi fu nei tempi andati un
possente incendio che ancora segnava la toponomastica e la
memoria della gente.
Messer Corrado nasce nel 1290 da una Casata non solo guelfa e
papalina, ma addirittura tanto religiosa da essere quasi fuori
dalla norma, infatti quando Corrado è un arzillo giovanotto
dedito alla cavalleria ed all’hobby della caccia, vanta un
esempio costante di parenti dati alla religione in diversi
conventi di Piacenza.
Dalla sua nascita all’età matura, ad esempio san Corrado
celebra tra i Confalonieri, come risulta dagli atti dei notai
di Piacenza, Agnesina badessa nel 1292 in S. Maria di Galilea,
mentre nel 1296 in S. Maria di Nazareth c’è suor Richelda e
nel 1315, quando Corrado ha la brutta avventura
dell’incendio causa della sua conversione, nel monastero di
S. Siro ci sono Sibillina ed Ermellina, e la Sibillina è
ancora una soror vivente nel 1340, anni della partenza di S.
Corrado dal romitorio di Calendasco. Non di poco conto il
frate minore Pietro Confalonieri, come trovato in pergamene
dal 1324 al 1333, risulta essere il ‘curatore’ delle
terziarie francescane di S. Maria Maddalena, dette volgarmente
“le repentite”. E se è vero che la tomba di famiglia
della Casata è con certezza nel monastero di S. Chiara di
Piacenza, ora scopriamo anche l’attaccamento (ma c’era
bisogno di dirlo?) ai minori, tanto che il testamento di Carlo
Confalonieri del 7 gennaio 1479 esplicita di voler essere
sepolto nella “tomba di famiglia” che è in S. Francesco
in Piazza e dove già riposa il padre Filippo.
Questo breve sunto di nomi e date per dire che S. Corrado non
a caso si rifugia nella religione dopo gli accadimenti, e a
ragion veduta egli non può farsi monaco tot court in quanto
laico sposato ed allora è destinato all’abito francescano
di terziario, fra gli umili penitenti del piccolo hospitale
per romiti di Calendasco. Il superiore frà Aristide figura
viva e concreta come lo stesso Corrado è ricordato essere
stato chiamato a Montefalco dalla stessa santa Chiara per
presiedere alla costruzione del nuovo convento terziario. E’
una prova fortissima del legame dei terziari piacentini e di
Calendasco contenuta anche in una testimonianza storica di
alcuni secoli fa e scritta a centinaia di chilometri dai
nostri luoghi, dal famoso Anonimo di Montefalco.
I penitenti terziari che vivevano nell’hospitio in dicto
loco Calendascho sulla strada diretta al passo del Po erano
assieme ad altri della realtà piacentina molto ben voluti,
tanto che una riunione di questi frati giunti da tutto il nord
Italia si tenne nel 1280 proprio a Piacenza, non dimenticando
che l’abito bigio adottato era detto “piacentino” già
dallo stesso s. Francesco e poi dal papa con la bolla Supra
Montem nel 1289. Se ora Piacenza si giova di nuovi studi
inediti pubblicati in questi anni, un buon testo rimane “S.
Corrado Confalonieri Patrono di Noto” pubblicato nel 1961 da
Giovanni Parisi (che fu Ministro Generale del Terzo Ordine
Francescano). Con argomenti posti su buona base storica,
scopriamo l’indole da pellegrino di s. Corrado, il quale una
volta lasciata la terra piacentina, si dirige verso i luoghi
di Roma, e poi in Terra Santa dove al ritorno, come s. Paolo,
approda a Malta. Su questa isola ancora oggi c’é una bella
chiesetta a lui dedicata che ingloba la grotta ove visse;
bello è ricordare il miracolo della ‘fuga’ da Malta verso
la Sicilia e cioè traversando il mare sopra al proprio
mantello. Infine giunge a Noto e nella Valle dei Pizzoni, in
una grotta, in nascondimento e preghiera, l’eroico
piacentino del miracolo del pane degli angeli, passa il
restante della sua santa vita.
Quattro secoli di
devozione nel Piacentino
A Noto l'Arca d'argento con le sue spoglie
portata a spalla da 50 "portatori"
L’iconografia del santo
piacentino a Piacenza e provincia, segno della tributata
devozione nei secoli, trova una bella espressione in
cattedrale, dove si ammirano gli affreschi con scene della
vita di s. Corrado dipinte dal Galeani nel 1611. Nella chiesa
di S. Pietro tra gli affreschi delle volte troneggia la figura
realizzata dal torinese Morgari nel 1914; così pure a Castel
S. Giovanni in Collegiata troviamo una pala di S. Lucia ove è
posto l’eremita, mentre a Cortemaggiore in sagrestia c’è
una copia del quadro del Lanfranco, che al tempo di Napoleone
fu trafugato ed oggi è nel museo di Lione. Su questo grande
dipinto abbiamo da segnalare il fatto che storici dell’arte,
ad esempio il Bellori nel 1821, descrive la tela del Lanfranco
nel duomo di Piacenza come “San Corrado nell’eremo con un
Angelo che discende verso di lui dal cielo”. Addirittura
viene anche indicato un quadro del santo sempre nel duomo, per
mano di Benedetto Luti (maestro del Panini), ma la cosa più
interessante è che la pala di San Corrado del XVI secolo che
è nell’omonimo altare della parrocchiale di Calendasco,
corrisponde anch’essa alla descrizione più sopra riportata.
Anzi è più ricca a livello iconografico perché mostra sullo
sfondo la scena dell’incendio e della cattura
dell’innocente contadino, mentre il santo medita assorto
nell’eremo con gli attributi classici della sua condizione e
cioè il libro della Parola, il teschio, la corona del rosario
e la ‘penitenza’ (piccola frusta usata dagli anacoreti per
punirsi dei peccati). La tela di Calendasco nonostante oltre
quattro secoli l’abbiano resa scura, si presenta ancora
molto bene all’occhio del devoto e desta sempre una sincera
devozione, probabilmente rimane una fra le migliori
iconografie del santo piacentino, anche a detta dei visitatori
tra i quali nel 2000 il vescovo di Noto e il Ministro Generale
del TOR.
A Noto la festa al Patrono viene celebrata con una solennità
senza pari: l’Arca d’argento attuale del 1485 che contiene
le spoglie del santo, viene portata a spalla da oltre
cinquanta Portatori, mentre a corona sono un centinaio di
Cilii, portati con orgoglio dai devoti.
Nel piacentino il santo eremita è ricordato oltre che in
Calendasco, luogo nel quale vanta un patronato di oltre
quattro secoli, anche dai devoti di Celleri di Carpaneto,
precisamente alla Torre Confalonieri dove in tempi recenti è
sorto un moderno oratorio al santo per un voto fatto durante
la guerra, come riporta una lapide lì esposta. La notizia
della santità di Corrado arriva a Piacenza nel primo 1600,
quando per la Casata non erano certo tempi floridi, infatti
nel paese sul Po dal poderoso castello i Confalonieri
feudatari per quasi due secoli (secondo quello che fino ad
oggi le carte ci mostrano), hanno esercitato la parte più
importante del loro potere di militi. Ad esempio il
Confalonieri che tramò per l’assassinio di Pierluigi
Farnese nel 1547 abitava nel castello di Calendasco come
sappiamo dalle carte d’estimo della confisca e sempre qui il
13 agosto del 1572 Lodovico Confalonieri fu assassinato dalla
moglie, il Farnese fece arrestare tutta la servitù ma lei già
se ne era fuggita vestendo panni di uomo, per essere poi
catturata a Piacenza tra le braccia dell’amante Antonello De
Rossi. Ed ancora un fatto increscioso per la Casata, nel 1564
il nobile Paveri per gelosia freddò con una archibugiata
l’onestissima moglie Ortensia Confalonieri e ne torturò il
corpo con un coltello e pochi anni prima Donna Elena
Castiglione vedova di Pietro Antonio Confalonieri si era data
all’eresia luterana e dovette fuggire da Piacenza perché
ricercata dall’inquisitore.
A Noto la prima festa in onore di s. Corrado si tenne nel 1516
su decreto di mons. Umana e fu celebrata con grandiosa
solennità, in “una marea di popolo furono portate in
processione per le vie della città le sue reliquie”,
addirittura l’eremo con la grotta del santo “attrasse un
gran numero di penitenti, che vestendo il saio eremitico di
san Corrado han dato vita a numerosi romitori nelle vicinanze
della Grotta”.
Calendasco, paese della nascita fisica e spirituale del santo,
gli tributa, unico caso, quattro secoli di devozione mai
interrotta, e negli anni passati la statua di s. Corrado
veniva portata in processione mentre una corona veniva posta
sul capo del santo nel quadro della cappella a lui dedicata in
chiesa.
Oggi di quella statua non abbiamo più traccia e la
processione dal romitorio alla chiesa avviene con la
importante reliquia donata dai Canonici della Cattedrale nel
1961.
Di san Corrado Confalonieri in ogni secolo scrittori di chiara
fama ci hanno lasciato opere pregevoli nel campo della
narrativa biografica, destinate a rendere sempre più viva ed
ammirata nel tempo la sua memoria ed anche la terra
piacentina, di questi tempi non è stata da meno.
U. B.
Settimanale della Diocesi di Piacenza-Bobbio
Il Nuovo Giornale del 27
febbraio 1959 - articolo della Festa, Triduo e processione con
la statua del Patrono a Calendasco
foto sopra:
articolo tratto da Libertà
del 27-2-2009
Solenne
Festa a San Corrado a Torre
Confalonieri
vicino a
Celleri di Carpaneto
Piacentino
una devozione che abbraccia la terra piacentina
foto: articolo
per le date della Festa di S. Corrado a Calendasco
Libertà
- quotidiano di Piacenza 19.2.09
Libertà quotidiano di
Piacenza
articolo di lunedì 23 febbraio 2009
Calendasco
tutto il paese in Festa
Dopo la processione dal romitorio
del Santo alla chiesa parrocchiale, con un solenne
Pontificale officiato dall'arciprete parroco don
Silvio Cavalli, l'offerta del Cero da parte del Sindaco
e delle Associazioni locali, alla fine sono stati distribuiti
i panini benedetti ai fedeli, il "pane angelico" tra
i miracoli più rappresentativi compiuti dal Campione della
Fede piacentino.
A seguire nel Salone del
castello - che fu anche dei Confalonieri feudatari
locali - grande concorso di popolo per il pranzo della comunità
del borgo sul Po, organizzato in modo suntuoso dalla Pro Loco
e dagli Amici della Piazza entrambe società di Calendasco.
Un autentico successo,
un momento di amichevole convivialità nel nome e nella
commemorazione orgogliosa del Patrono ultra-secolare del
borgo.
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