LA
DIOCESI DI NOTO
Un
prezioso intervento storico per capire le radici della
Diocesi di Noto che conserva le venerate spoglie del Santo
Corrado eremita e pellegrino
di
Salvatore Guastella
Il
ministero del vescovo è tutto relativo alla sua Chiesa
locale, che comprende lui stesso e la comunità
diocesana, in comunione con la Chiesa universale.
Nell’ordinazione episcopale la liturgia esprime in
maniera appropriata il sigillo trinitario: «Veglia con
amore su tutto il gregge nel quale lo Spirito Santo ti
pone a reggere la Chiesa di Dio; nel Nome del Padre del
quale
rendi presente l’immagine, e del Figlio suo Gesù Cristo
dal quale sei costituito maestro sacerdote e pastore, e
dello Spirito Santo che dà vita alla Chiesa e con la sua
potenza sostiene la nostra debolezza».
Anche la Chiesa di Dio che è
in Noto – da oltre 160 anni – vive nella successione
dei suoi vescovi il mistero-ministero che le garantisce la
presenza di Cristo Buon Pastore nella comunità diocesana
impegnata, responsabile e – oggi – in stato di globale
e permanente missione, sollecitata dalla Parola di Dio,
dal Concilio Vaticano II e dal 2° Sinodo diocesano.
A Noto, già capitale
dell’omonima Valle (o Vallo), il vescovado viene
auspicato quando Isimbardo Morengia, signore della città,
fonda con la dote di quattro feudi il monastero
cistercense di S. Maria dell’Arco il 20 agosto 1212,
col segreto progetto di promozione a sede vescovile; ma le
vicende di Casa Sveva e, in seguito, le turbolenze degli
Angioini non lo resero realizzabile allora.
Insignita del titolo di Città
da Alfonso il Magnanimo (27 dicembre 1432) e in un
momento di particolare prestigio anche culturale, Noto
richiede l’erezione a capo-diocesi il 14 giugno
1433 a
Papa Eugenio IV e il 22 gennaio
1450 a
Nicolò V (v. Rocco
Pirri, Sicilia Sacra I, 176); il netino Rinaldo
Sortino nel 1451 e nel 1453 ottiene lettere regie, ma l’aragonese
Paolo Santafé vescovo di Siracusa fa annullare ogni cosa
perché la parrocchia di Noto, a tutti gli effetti, dal
Sinodo del 1388 era appannaggio del canonico cantore (o
ciantro) del Duomo di Siracusa (Serafino Privitera, Storia
di Siracusa, II, 115 e 492).
Altre iniziative vengono
promosse nel 1594 e nel 1609 «essendo Noto capo del Valle
et una delle principali città del regno di Sicilia,
adornata di belli conventi et monasteri et ecclesij”.
Un’altra allegazione del 17 febbraio 1783 ripropone
“la preferenza della città capitale del Valle per una
assai comoda e decente sede vescovile. Così dunque del
pari di Messina e di Mazara del Vallo converrebbe a buon
ordine e ragione richiedere che la terza Valle ancora una
terza sede vescovile nella sua città capitale si
rinvenga, quale essendo appunto la città di Noto per
costituzione dei Principi Normanni» (Allegazione della
città di Noto sulla pretesa del Vescovado, ms. presso
la biblioteca comunale di Noto).
Agli inizi dell’Ottocento,
i Borboni del regno di Sicilia cercano di legare sempre più
gli episcopati alla corona, servendosi del privilegio
della legazia apostolica e del tribunale di
sacra monarchia sicula. Con la loro ‘Rimostranza del
1808’
, i vescovi rivendicano un libero rapporto con la Santa
Sede. Nel 1816 la nascita del regno delle Due Sicilie
porta l’unificazione amministrativa della Sicilia col
Napoletano, per cui il concordato del
1818 ha
valore anche in Sicilia, consentendo così una pesante
ingerenza dello Stato nei rapporti tra vescovi, clero e
fedeli. Di conseguenza per le diocesi siciliane venivano
scelti dal re e proposti alla Santa Sede vescovi
provenienti dalle regioni continentali.
A seguito dei tumulti
verificatisi a Siracusa durante l’epidemia del colera,
il 13 agosto 1837 l’alto commissario Del Carretto ordina
il trasferimento a Noto del capoluogo di provincia e dei
tribunali (sino alla revoca del 26 agosto 1865). Dietro
domanda di Ferdinando II, Gregorio XVI il 15 maggio
1844 emana la bolla Gravissimum sane munus, con
la quale eleva Noto a sede vescovile e la sua
chiesa madre a Cattedrale. Nel documento il papa ricorda
l’impegno del suo predecessore Pio VII, il quale si era
proposto già di accrescere in Sicilia il numero delle
diocesi «per rendere più agile il servizio pastorale
dei vescovi, secondo le decisioni concordatarie del 1818
art. 7».
Alla nuova Diocesi, oltre
Noto furono assegnati – smembrandoli da quella di
Siracusa - i Comuni di Avola, Buccheri, Buscemi, Cassaro,
Ferla, Giarratana, Modica, Pachino, Palazzolo Acreide,
Pozzallo, Portopalo, Rosolini, Scicli e Spaccaforo (ora
Ispica). Lo stesso anno 1844 Gregorio XVI erige le diocesi
di Caltanissetta il 25 maggio, di Trapani il 31 maggio e
di Acireale il 27 giugno; e con bolla In suprema
militantia del 20 maggio eleva Siracusa ad arcidiocesi
metropolitana.
Va ricordato che il 6 maggio
1950 Pio XII erige la diocesi di Ragusa (già capoluogo di
provincia dal 6 dicembre 1926) e con la bolla Quam quam
est del 1 ottobre 1955 la rende autonoma dall’arciidiocesi
siracusana, per cui Giarratana passa alla novella diocesi
di Ragusa, mentre Palazzolo Acreide, Buccheri, Buscemi,
Cassaro e Ferla ritornano a quella di Siracusa.
In adempimento della citata
bolla, Gregorio XVI il 22 luglio emana le seguenti otto
bolle o decreti esecutivi:
-
Apostolatus officium meritis,
diretta al sac. Giuseppe Menditto canonico del Duomo
di Capua, per comunicargli la nomina a primo vescovo
di Noto;
-
Apostolicae Sedis consueta,
per comunicare allo stesso Menditto la elezione a
primo vescovo di Noto, “preconizzata
nell’odierno concistoro dei cardinali”;
-
Gratiae divinae proemium, indirizzata
a Ferdinando II delle Due Sicilie per confermargli
l’elezione di don Menditto a primo vescovo di
Noto;
-
«Ad cumulum tuae», indirizzata
all’arcivescovo di Siracusa per comunicargli
l’elezione di Menditto a primo vescovo di Noto,
elevata a diocesi suffraganea di Siracusa;
-
Hodie Ecclesiae Netinae,
diretta ai canonici del Capitolo della Cattedrale di
Noto, perché accolgano quel primo vescovo, e “come
padre e pastore delle vostre anime gli prestiate
docile e umile obbedienza, adempiendone
l’indirizzo pastorale”
-
Hodie Ecclesiae Netensi, diretta
al clero della città e diocesi di Noto, esortando
anche loro all’umile e docile obbedienza filiale;
-
Hodie Ecclesiae Netensi, diretta
al popolo della città e diocesi di Noto, rinnovando
la stessa esortazione;
-
Hodie Ecclesiae Netensi, diretta
a tutti i vassalli della Chiesa di Noto (v. Archivio
della curia vescovile di Noto, Res Apostolicae,
ff. 14-17).
Nel 1856 la Santa Sede col
decreto Peculiaribus ottiene dal
governo di Napoli un ridimensionamento delle attribuzioni
del giudice di monarchia a favore dei vescovi. Sono
di questo periodo del regno delle Due Sicilie i primi tre
vescovi di Noto: Giuseppe Menditto (1844-49),
Giovanni Battista Naselli (1851-53) e Mario Mirone (1853-64).
Con il Concilio Vaticano I
(1870) declina l’ecclesiologia regalista e si afferma
quella romana, mentre si rafforzano i legami istituzionali
della Chiesa di Sicilia con la curia vaticana. La frattura
tra il governo italiano e il Vaticano, però, impedisce la
nomina di nuovi vescovi nelle sedi vacanti siciliane,
perché la Santa Sede vuole evitare che il nuovo governo
rivendichi il diritto di presentazione dei candidati,
ledendo il diritto della Chiesa nella libera collazione
dei vescovadi. E Noto per otto anni rimane sede vacante
(1864-72); finalmente, grazie alla legge delle
Guarentigie del 1871, viene nominato vescovo Mons.
Benedetto La Vecchia (1872-75).
Nonostante una certa acredine
anticlericale, che ha il suo momento nel
1882 in
occasione del 6° centenario dei Vespri Siciliani, la
libertà in campo pastorale è garantita, ma pone i
vescovi siciliani nella necessità di non poter ricorrere
allo Stato per ottenere l’osservanza dei precetti e
della morale cattolica. Nella lettera collettiva a
conclusione della conferenza episcopale siciliana, i
vescovi denunciano i mali che minacciano la compattezza
religiosa e morale dell’isola. Il vescovo di Noto, Mons.
Giovanni Blandini (1875-1913) - antesignano di democrazia
e di rinnovamento cattolico in Italia -
è definito “perla dell’episcopato siciliano”
da Leone XIII, che lo decora del pallio arcivescovile ad
personam il 25 giugno 1900.
Intorno al 1910 si
preferiscono forme di organizzazione del laicato cattolico
con preminente formazione religiosa come la Gioventù
cattolica e gli Oratori. Papa S. Pio X promuove il
catechismo e rilancia la buona stampa. In piena guerra,
nel 1916, si tiene a Tindari la conferenza episcopale
siciliana, essendo segretario il vescovo di Noto, Mons.
Giuseppe Vizzini (1913-35). Per lui la riforma religiosa
è possibile su un piano spirituale. Sono frutto della sua
competenza giuridica i documenti del 1° Concilio plenario
siculo (Palermo, 1920) e del 1° Sinodo diocesano (Noto,
5-7 ottobre 1923).
Quello di Mons. Angelo
Calabretta (1936-70) è un episcopato che ha profonde
radici soprannaturali. Il silenzio della preghiera è il
segreto della riuscita dell’attivissimo suo episcopato.
.Il suo successore, Mons.
Salvatore Nicolosi (1970-98), ha fatto crescere la realtà
‘Chiesa’ in tutte le dimensioni:
dall’evangelizzazione alla comunione, dal culto a Dio al
servizio dell’uomo. Egli realizza nel 1988 il
gemellaggio con la giovane Diocesi di Butembo-Beni (Congo)
e celebra il 2° Sinodo Diocesano (1995-96).
Tra le numerose realizzazioni
del servizio episcopale di Mons. Giuseppe Malandrino
(1998-2007), ricordiamo la Missione popolare permanente,
frutto del grande Giubileo del 2000, la visita pastorale
(2003-06) e la felice riapertura, il 18 giugno 2007, della
Cattedrale ricostruita.
Il 6 ottobre 2007 la Comunità
diocesana ha accolto il suo 10° Vescovo, nominato da Papa
Benedetto XVI il 16 luglio: Mons. Mariano Crociata! Egli
proviene dalla diocesi di Mazara del Vallo (Trapani),
fondata il 10 ottobre 1098 con bolla di Urbano II. Diocesi
che ha avuto due Vescovi originari da quella di Noto: il
netino Mons. Carlo Impellizzeri (1650-59) e il teatino
sciclitano Mons. Girolamo Palermo (1759-65).
Salvatore
Guastella