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La
DIOCESI
di Piacenza e il culto |
Cattedrale
di Piacenza
affreschi
nelle volte della navata laterale sinistra entrando
dipinte dal pittore lodigiano Giovan Battista Galleani nel 1613
foto
G. Battini - elaborazione grafica U. Battini
per l'Araldo di San Corrado
Scene della vita del Santo
eremita
I devoti di NOTO e AVOLA si contendono il Corpo dell'eremita
La processione degli abitanti di NOTO che portano
il corpo del Santo eremita in città
Il TRAPASSO al Cielo di S. Corrado in ginocchio 19
febbraio 1351
San Corrado dona 'il pane degli angeli'
ai poveri
foto sopra: la poderosa impalcatura in Cattedrale
a Piacenza, per restaurare gli affreschi del '600
della Vita del Santo Corrado
posti nella volta della
campata laterale sinistra (foto UB)
San
Corrado Confalonieri eremita
Patrono
della città e diocesi di Noto (Sr)
benedice
e protegge la natìa Piacenza
19
febbraio 1351 - 19 febbraio 2009
658°
Anniversario dalla morte
1290
– 2009
719°
Anniversario della nascita
di Salvatore Guastella
Un filone d’oro dell’eremitismo
cattolico passa per il Val di Noto nella Sicilia sud-orientale,
che ha visto fiorire una plurisecolare esperienza eremitica lungo
le valli dei Monti Iblei sin oltre i Pizzoni. Soprattutto è la
grotta di San Corrado - dove egli visse e dove morì il 19
febbraio 1351 alla cava dei Pizzoni - che ha sempre catalizzato la
vita eremitica locale, divenuta intensa dopo che Leone X lo
dichiarò Beato il 28 agosto 1515.
Tra i tanti ‘uomini di Dio’ – i quali sulla scia di San
Corrado Confalonieri vi hanno vissuto il Vangelo sine glossa –
ricordiamo il beato Antonio Etiope (+1550) molto venerato in
Brasile, i venerabili Pietro Gazzetti di Modena (+1671), Alfio da
Melilli (+1708) e Girolamo Terzo da Noto (+1758), come anche fra
Giambattista Fabbrica da Milano (+1705), fra Francesco da
Magdeburgo (+1751) al secolo Nicola Ernesto Millen, già luterano,
fra Carmelo Tasson da Portolongone, già capitano, fra Giuseppe Lo
Res Spinosa di Alessandria (+1769), fra Luigi Belleri da Pavia
(+1778) e gli spagnoli fra Giuseppe Cicamo già militare, fra
Giuseppe Omne vescovo in partibus e fra Mattia Davias; inoltre
recentemente gli eremiti orionini frate Ave Maria (+ Butrio 1964),
fra M. Bernardo da Montalto Ligure (+1974) e fra Antonio Taggiasco
(+1983). Sulla roccia della loro preghiera e carità sta la
religiosità del nostro popolo.
Noto, conosciuta in Europa e nel mondo quale capitale del Barocco
siciliano, è indicata come città di San Corrado che là visse e
concluse il suo esemplare itinerario ascetico e di carità.
Secondo Tucidide,la prima Noto venne fondata dai Sicani nel 1480
a. C.; nel secolo V a. C. per motivi strategici Ducezio re dei
Siculi la trasferì sul monte Alveria (il sito dell’attuale Noto
antica). Dopo Cristo, sin dall’epoca apostolica Noto abbracciò
la fede cristiana e trasformò i templi di Ercole e di Marte in
chiese dedicate a S. Giovanni Battista e S. Elia profeta.
Occupata anch’essa dai Saraceni (a.864), nel 903 il
Parlamento generale di Palermo, riordinando l’assetto
amministrativo dell’Isola la divise in tre Valli: Val Demone (la
Sicilia nord-orientale), Val di Mazara (la Sicilia occidentale) e
Val di Noto (la Sicilia sud-orientale). I Normanni liberarono
l’Isola nel 1091. A loro succedettero gli Svevi e gli Angioini
e, dopo i Vespri Siciliani (1282), gli Aragonesi. Proprio durante
il regno aragonese San Corrado giunge a Noto dalla natìa
Piacenza.
La “Vita Beato Corradi” (codice del sec. XIV che si
custodisce in archivio della cattedrale netina) resta – con
poche altre fonti posteriori (secc. XVI-XVII) – la fonte
primaria per una cronologia ragionata del Santo Eremita
Piacentino.
La sua conversione ascetica, dopo aver riparato i danni
dell’involontario incendio causato durante una caccia, sarebbe
anteriore al 1322, anno indicativo in cui egli va in un luogo dove
vivono «poveri servitori di Dio», luogo che la tradizione indica
nel romitorio-hospitale di Calendasco. Qui compie
il noviziato e trascorre un certo tempo, maturando il desiderio di
solitudine e di preghiera.
Nel 1322-24 Corrado lascia definitivamente il territorio
piacentino per andare pellegrino sino alla terra che il Signore
gli mostrerà: avventura umana, questa, intrapresa alla ricerca di
Dio come il biblico Abramo. Ma prima di lasciare
Calendasco il superiore del Romitorio, fra Aristide, prega con lui
e lo benedice: «Fratel Corrado, in nome di nostro Signore Gesù
Cristo, ricevi questo bordone (bastone dal manico curvo) sostegno
per il viaggio e dei tuoi travagli durante il cammino di
pellegrinaggio; ricevi questa scarsella (tascapane) e questa viera
(conchiglia), segni del tuo pellegrinare affinché, trasformato e
pacificato, tu possa meritare di giungere alla meta dove desideri
andare…» (dal ‘Liber Sancti Jacobi’).
Le mete privilegiate dei pellegrinaggi medievali erano Roma,
Gerusalemme e Compostella. Corrado s’incammina per la via Romea
Francigena verso la Città Eterna, ‘crocevia dei santi’, a
ritemprare la sua fede presso la tomba di San Pietro. E’ a Roma
che si fa più chiaro in lui il progetto di venire a stabilirsi in
Sicilia tra gente sconosciuta; sembra, per aver sentito decantare
da un suo amico la dolcezza del clima e soprattutto per il grande
fervore religioso e il senso vivo dell’ospitalità degli
abitanti. Accrebbe in lui tale ottima impressione l’aver
ammirato nell’atrio di un antico palazzo romano affreschi
raffiguranti santi e martiri siciliani. Ma ci sono altre due
valide ipotesi:
a] E’ significativa l’espressione [del codice cit. del sec.
XIV] che Corrado venne in Sicilia «per meglio servire Dio»: ciò
indica la fama corrente allora nell’Italia settentrionale, che
vedeva nella Sicilia una non lontana mini-Tebaide adatta all’eremitismo;
infatti già nel sec. IV (con S. Ilarione) vi erano giunti gruppi
di asceti. C’è da notare che il regno di Sicilia nel sec. XIV
fino al 1372 era in stato di conflitto con il papato. Anzi nella
prima metà di quel secolo (quindi al tempo del nostro Santo) i
numerosi movimenti spirituali che reclamavano la riforma della
Chiesa e che propugnavano idee pauperistiche, pensavano poter
trovare nel re aragonese Federico III (alla cui corte era il
celebre francescano Raimondo Lullo) e, quindi, in Sicilia il luogo
dove poter vivere il loro ideale.
Quindi sarebbe stato facile
ai «poveri e servitori di Dio» (erano terziari francescani?),
incontrati da Corrado a Calendasco, indicargli la Sicilia come
luogo dove trovare l’ambiente geografico e sociale adatto al suo
progetto eremitico. Proprio in quel sec. XIV la corrente
emergente di spiritualità eremitica motivò la scelta della
Sicilia da parte di altri asceti del nord-Italia. Ricordiamo, ad
esempio, il beato Federico Campisano, il beato Gandolfo da
Bignasco (MI), il beato Gerardo Cagnolo da Valenza sul Po (AL) poi
frate minore (+1342), il beato Guglielmo Gnolfi e il beato
Signoretto di Pisa (+1360).
b] Altra ipotesi. E se quei
«poveri e servitori di Dio» del romitorio di Calendasco fossero
stati invece frati del movimento degli Spirituali francescani?
avrebbero senz’altro ritenuto prudente indicare al giovane
cavaliere piacentino la Sicilia come rifugio sicuro e ideale per
vivere in pace la vita di solitario. Sappiamo infatti che gli
Spirituali, perseguitati e sconfessati, si riversarono a diverse
ondate in Sicilia per trovarvi protezione e ospitalità. Secondo
questa ipotesi, Corrado, guidato dallo Spirito del Signore, preferì
allontanarsi dalla terra natìa per poter rimanere in serena
comunione con la Chiesa Cattolica, come dimostrerà a Noto,
accogliendo nella sua grotta il vescovo di Siracusa (da cui allora
dipendeva Noto) e recandosi in vescovado «per voler andare a
parlare e a confessarsi con il vescovo».
Così Noto diviene la
sua seconda patria, il luogo prescelto da Dio per condurlo alla
santità! Nella città siciliana il nobile piacentino,
in un primo tempo ospite all’ospizio San Martino, visse di
elemosina come povero tra i poveri e là trovò un giaciglio per
la notte. Così egli si andava abituando a quella vita eremitica
che aveva sognato di voler vivere in Sicilia. Forse attendeva da
Dio un segno che gli consentisse di individuare il luogo e il
tempo per attuare il suo ideale. La Provvidenza lo fece incontrare
con Giovanni Mineo, il quale gli indicò le Celle adiacenti la
chiesa del Ss. Crocifisso, dove viveva solitario il netino San
Guglielmo Buccheri; proposta che venne accolta dal santo
pellegrino piacentino solo come soluzione provvisoria.
I netini «cominciarono ad accorgersi della sua santa vita» e
accorsero a visitarlo: egli tutti accoglie volentieri. Ma il
Signore gli ispira di ritirarsi fuori città in una delle grotte
dei Monti Iblei ai Pizzoni, dove vivrà in preghiera e penitenza,
largo a tutti di aiuti e di consigli spirituali, di intercessione,
di profezie e di miracoli, sino al giorno del suo beato transito,
avvenuto il 19 febbraio 1351. Da quel giorno la storia di Noto ha
in San Corrado il supplemento d’anima e il faro luminoso che la
guiderà, la sosterrà e la preserverà da ogni rischio. Basta il
suo Nome e il fulgore dei suoi prodigi a mantenere sempre viva la
Fede negli animi a Lui devoti! I netini, in qualunque parte della
terra vivano, Lo portano con loro e a Lui ricorrono in ogni
bisogno.
Il pellegrino
Corrado, giungendo a Noto, si era presentato come ‘Corrado da
Piacenza’, all’uso dei religiosi. Ma dopo la
sua morte, i netini – dovendo raccogliere testimonianze per il
primo processo informativo per la canonizzazione, mandarono a
Piacenza un sacerdote per assumere informazioni; risultò che egli
era della Famiglia Confalonieri. Così canta ne ‘La vita e i
miracoli di S. Corrado’ il netino Girolamo Pugliese (sec. XVI)
nella 43ª sestina [traduzione dal siciliano]: «Volle sapere la
città di Noto / qual’era di Corrado il cognome. / Si recò a
Piacenza un degno sacerdote / per informarsi dai più anziani. /
Risposero che era un noto cavaliere / andato via dalla città a
fare vita penitente: / era un Confalonieri di Piacenza».
Nonostante la conclamata santità di vita e i tanti prodigi
operati dal Santo Eremita Piacentino, tuttavia il riconoscimento
ufficiale della Chiesa avvenne molto tardi, nel 1515.
I motivi di tale lentezza? a] la crisi attraversata dalla Chiesa
sotto il pontificato di Bonifacio VIII (1254-1303), b] la
successiva Cattività avignonese (1309-1378), c] il devastante
Scisma d’Occidente (1378-1415), d] la preoccupazione dei Papi di
non impegnare in tali frangenti l’infallibilità pontificia, che
causò l’appesantimento delle procedure e l’esame delle
deposizioni dei testimoni nei processi. e] Infine il sorgere di
nuove devozioni e di nuovi santi a voce di popolo fecero prudente
la suprema gerarchia ecclesiastica fino alle prove giuridiche e
soprannaturali, corroborate dai miracoli. f] A ciò va
aggiunta la situazione in cui visse la Sicilia per tutto il secolo
XIV: sempre fedele all’ortodossia romana, ma implicata
nelle peripezie degli Aragonesi regnanti.
Così la fama di santità di Corrado e la devozione del popolo
netino dovettero attendere ben 130 anni circa per poter iniziare
il regolare processo informativo per la canonizzazione. Difatti il
vescovo di Siracusa Gabriele Dalmazio di S. Dionisio (1469-1511)
il 9 maggio 1485 ordina di raccogliere le testimonianze per la
canonizzazione del Beato Corrado. Per vari impedimenti il vescovo
Dalmazio non può far giungere il processo a Roma. Fu per opera
del netino Giacono Umana vescovo di Scutari e vicario generale di
Siracusa che si potè concludere felicemente la vicenda. Ecco
come.
Il 12 luglio 1515 Leone X, con Breve ‘Exponi
nobis fecerunt’, delegò il vescovo di Siracusa o il suo vicario
generale di «istruire il processo testimoniale sul culto prestato
al Beato Corrado e i miracoli attribuiti alla sua intercessione, e
quindi di autorizzarne la venerazione come Beato». Il Beve
pontificio venne eseguito “auctoritate apostolica” da Mons
Giacomo Umana. Egli il 28 agosto 1515 in chiesa madre
dell’antica Noto fece la ricognizione del venerato corpo e
promulgò solennemente: «Noi delegato di apostolica autorità per
questa circostanza sia agli abitanti di Noto che a tutti i fedeli
d’ambo i sessi diamo licenza e concediamo facoltà in perpetuo
di poter venerare lo stesso Beato Corrado alla pari degli altri
Beati Confessori non ancora canonizzati, di celebrarne la festa il
19 febbraio, giorno quando egli passò da questa vita al Signore»!
Il 3 ottobre 1544 Paolo III ne autorizzò il
culto in tutta la Sicilia. Nel 1610 i Giurati di Noto inviarono a
Ranuccio Farnese, duca di Parma e Piacenza, e al Magistrato di
Piacenza copia del poemetto latino “Conradias” del netino
Vincenzo Littara e nell’occasione chiesero ricerche d’archivio
per far luce sul periodo della giovinezza del Beato. Il 28.11.1612
Gian Luigi Confalonieri con atto notarile ottenne dal Capitolo di
erigere in Duomo di Piacenza una cappella a San Corrado. In quella
cappella, dopo i restauri radicali del vescovo G.B. Scalabrini nel
1900, sono rimasti solo gli affreschi della volta, eseguiti da
G.B. Gallani di Lodi. Non contento, nel maggio 1615 volle venire
in pellegrinaggio a Noto per venerarne il corpo e procurarsene una
reliquia per Piacenza. Ma egli morì a Noto il 2 agosto seguente.
La reliquia insigne del Braccio sinistro venne donata al Duomo
piacentino il 23.09.1615 dietro richiesta del duca Ranuccio
Farnese, del card. Farnese e degli Anziani e Priori della Comunità.
Nel 1614, sollecitata dai netini, aveva visto la luce a Piacenza
la “Vita di San Corrado” del Campi.
Urbano VIII
nell’Indulto del 12 settembre 1625 lo dichiara Santo («Sanctus
Conradus tertii ordinis S. Francisci») e ne estende il culto a
tutti gli Ordini Francescani, ovunque nel mondo.
Calendasco, pittoresca
cittadina vicino Piacenza, conserva molto decorosamente il
Romitorio-Hospitale, dove S. Corrado nel 1315 c. vestì il saio, e
il Castello dei Confalonieri. A Calendasco, e un po’ nei paesi
vicini, la devozione a San Corrado è profondamente radicata e
anche antichissima. Nel 1617, a cura del conte Zanardi Landi,
discendente della Famiglia Confalonieri, venne fondato nella
chiesa parrocchiale - che si vede adorna di non poche pitture del
Santo – un “Legato di San Corrado”, e prima ancora di tale
data lo stesso conte vi aveva fatto costruire in onore del Santo
una cappella e un altare.
San Corrado va conosciuto sul luogo: a Piacenza, a
Calendasco, a Carpaneto, a Firenzuola d’Arda come a Noto,
altrimenti è come incontrarLo…sul calendario.
Comunque va dato atto che «la devozione a san Corrado in terra
piacentina è profondamente radicata ed antichissima!» (Daniela
Morsia).
Sac. Salvatore
Guastella
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