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LEGATO SANCTI CONRADI
1617 redatto nel Palazzo
Vescovile
di Piacenza alla presenza del
Vescovo,
per mano del Cancelliere e
Notaio
della Curia Giovan Francesco
De Parma
pag. 12: si esplicita che in
Calendasco san Corrado
vi è nato fisicamente
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“in
eodem loco iste sanctus ut
praefertur originem
terrenam duxerit”
NOTO:
IL PROCESSO
TESTIMONIALE
DEL 1485
A Piacenza si conosceva del nobile in fama
di santità!
Scrive p.
Filippo Rotolo nella relazione tenuta nel Convegno di Noto del
1990:
“Tra le
testimonianze più notevoli per la storia del culto di S. Corrado,
segnaliamo quella del Magnifico D. Francesco Leonfanti, Dottore in
utroque e resa il 5 luglio (1485). In essa il teste ci narra
che nel 1467 trovandosi a
studiare a Padova e parlando con Messer Giovanni da Piacenza, anche
egli studente, gli venne di ricordare tra le città
principali di Sicilia anche Noto. L’interlocutore (Giovanni
da Piacenza ndr) sottolineò che già havia intisuchi
in quista chitati di Nothu chi esti lu corpu di unu nobili homo,
lu quali fu di la mia chitati di Placentia, dichendu chi havia
statu nobili homu.
Crediamo che
questa sia la testimonianza più antica, anche se indiretta, sulla
conoscenza di S. Corrado a Piacenza.”
In effetti
questa è una prova antica che a Piacenza prima del 1500
assolutamente si sapeva di un nobile della stessa Piacenza che era
morto a Noto in Sicilia e venerato quale “beato Curraldo”. Si
sapeva quindi di questo nobile piacentino destinato alle glorie
degli altari già a livello di "vociferare" e quindi
riteniamo che se l'ambiente erudito quale è quello del Messer
Giovanni di Piacenza del tardo 1400 era a conoscenza del fatto,
ancor più lo erano le autorità preposte quali appunto le Curiali
piacentine.
E se questo
Messere di Piacenza ben conosceva del nobile morto in virtù
cristiana a Noto, si avvalora il testo del Pugliese, storico
netino, che infatti dice che alla morte del Santo Eremita fu
mandato a ricercare chi fosse in Patria natale e si scoprì essere
“di li Confalonieri di Placentia”. Ed anche frate
Bernardino di Piacenza nel 1515 che deve occuparsi per Noto
dell’approvazione da parte di papa Leone X del ‘Breve’ per
la venerazione quale Beato è informatissimo sul santo Corrado, e
inevitabilmente sempre più la città di Piacenza, sebbene non
ancora pienamente coinvolta perchè si stava solo procedendo a
Noto per far riconoscere a Roma la santità, viene a conoscere di
questo nobile. Allora non si cominciò a conoscere del Santo solo
nel 1608 grazie al canonico Campi, ma al contrario Piacenza già
‘aveva nell’aria’ ciò che riguardava questo illustre
piacentino. Altri dati sono emersi, ma li proporremo in altro
momento perchè sono oltre che inediti, assolutamente importanti
per la questione.
NOTA al Testo
Il testo
presente sull’Araldo virgolettato è a pag. 129-130 degli ‘Atti’;
il testo dei
processi testimoniali sono editi in:
“Corrado
Confalonieri – la figura storica, l’immagine e il culto. Atti
delle giornate di studio nel 7° centenario della nascita – Noto
24,25,26 maggio
1990”
editi a Noto nel 1992
Filippo Rotolo
“I processi testimoniali per la canonizzazione di S. Corrado”
da pagg.113 a 188
RITROVATO
UN
INEDITO
ECCEZIONALE
L’Informazione
dei Giurati di Piacenza del 1611 inviata ai Giurati di Noto: è la
prova storica che le ricerche negli Archivi piacentini furono
fatte!
Era
contenuta in allegato alla lettera del 1611 di risposta alle
richieste di Noto: fino ad oggi mai citata espressamente, anche
negli studi di 20 anni fa non se ne fa alcuna menzione nel
Convegno del 1990.
Probabilmente
siccome erano queste Lettere tra Noto e Piacenza pubblicate anche
dal Campi nel libro del 1614 si dava per scontato il contenuto di
esse e si prendeva per buona solo la notizia che negli Archivi
piacentini non ci fosse nulla ed anzi che neanche si fosse
cercato: questa Informazione è una clamorosa smentita ed al
contrario riferisce una notizia da non sottovalutare circa la
presunta moglie di S. Corrado.
Vengono
quindi ad essere rivalutate le testimonianze storiche del Pugliese
e di altri storici prima di lui che scrissero del Confalonieri e
della moglie perchè già in antiquo avevano ottenuto informazioni
da qualcuno inviato a cercare notizie, che ancora erano reperibili
nel
1611 a
Piacenza!
Queste
informazioni inviate da Piacenza sono essenziali per fornirci dati
che vanno ad insinuarsi in maniera logica e inaspettata negli
studi odierni corradiani, addirittura non se ne fa menzione in
nessuna relazione tenuta nell’ottimo Convegno di Studi su
San Corrado svolto a Noto nel 1990, meritano quindi d’essere
riportate per intero perché aprono sicuramente nuovo spazio agli
attuali studi, essa è contenuta in un foglio inserito assieme
alla stessa missiva diretta a Noto. Probabilmente per svista degli
storici piacentini di questi decenni non fu mai presa in
considerazione, forse ritenendola parte del prolisso testo in
calligrafica latina, mentre l’Informazione è
nell’italiano dell’epoca.
Leggete attentamente ciò che riporta il foglio della Lettera
del 1611:
Informazione
circa l’Illustre Famiglia Confaloniera, et della moglie di S.
Corrado Confalloniere, cittadino piacentino, mandata alli
Illustrissimi Signori Giurati della Città di Noto.
La
Famiglia Confalloniera Nobilissima et illustre in Piacenza, fu una
delle Casate per quanto ci avisano l’antichità nostre, che al
tempo di Carlo Magno, per zelo e il favore della Chiesa, si
ribellarono contro Desiderio re dei Longobardi e perciò da esso
imperatore vennero maggiormente nobilitati et esaltati a diversi
honori quelli di cotal Famiglia.
Hanno
essi, per privilegio antichissimo che pure hoggi ritengono la
preminenza et honore d’accompagnare il nuovo Vescovo quando
entra Pontificalmente la prima volta a pigliare il possesso del
Vescovado, conciò sia che all’hora uno di questi Signori cioè
il più vecchio della stirpe Confalloniera, con la mano destra
tenendo le redini della Chinea, sopra cui siede il Vescovo coperta
d’una Valdrappa bianca conduce e serve quello, sino alla porta
del Duomo, dove appena il Vescovo ha levato i piedi dalla stafffa
ch’egli monta a cavallo e quasi in premio dell’ossequio e
della honoranza antichissima chè stata concessa alla Famiglia, se
ne cavalca gran pezzo per la città con molta festa e gioia, poi
fa d’essa Chinea, o destriero, un libero e graziosissimo dono al
medesimo Vescovo e questo istesso privilegio hanno etiam Deo in
simile occasione e cerimonia nella città di Pavia, di Milano, di
Lodi ed altrove quelli della stessa Casata de Confalonieri si come
li avogari in Trevigi ed altri Nobili in altre città.
Ritroviamo
noi appresso, che in Piacenza in un Monastero di monache,
intitolato a S. Siro ma sotto la Regola di S. Benedetto, visse già
e fiorì di molta santità, una Adelasia Confalloniera, la quale
fu monaca quivi circa 50 anni et Abbadessa intorno a 33 ed essendo
passata al Signore l’anno 1266 al 30 di marzo, apparve a più
persone, miracolata e beata.
Hora
di questa diciamo che agevolmente potrebbe esser stata zia paterna
di detto Corrado, il quale in età almeno di 30 anni, hebbe a
partire da Piacenza il 1310, e chi sa che, ricordevole per
aventura della santità della Beata zia, non prendesse egli
esempio da lei di abbandonar il mondo e dedicar se stesso e la
moglie al Divino Servizio?
Il
Monastero di S. Chiara, dove vuol l’autor del poema che si
richiudesse la moglie del Santo, detta per nome Eufrosina, et si
facesse in monaca, et suora di quell’Ordine per molta diligenza
usata da persone autorevoli, altro non si è trovato che la
notitia d’una suor Gioanina Confalloniera, che specialmente
viveva nel 1340 et anco nel 1356.
Detta
qual suora si dice che, rispetto al tempo, non ci sarebbe
difficoltà che non potesse essere la moglie di Santo Corrado.
Imperochè si narra nella historia del santo, scritta da Girolamo
Pugliesi, che era ancor viva la moglie in Piacenza, quando morì
il benedetto Corrado in Sicilia, l’anno 1351, e che perciò,
all’hora, da cotesta città di Noto, s’inviò la nuova a
Piacenza, ad essa moglie, del glorioso fine e transito del marito,
e che da lei, e da altri, si seppe poi il cognome dell’Illustre
Famiglia del Santo, stato da lui per humiltà nascosto, ed
occultata sempre ma in contrario si ha il cognome di Giovanina che
mai non leggiamo posto in veruna dell’historie della Vita del
santo, e pure se ella havesse cangiato il nome di Eufrosina nel
dedicarsi alla Relligione il Beato Corrado non havrebbe ciò
taciuto si come non tacque, tant’altre cose di quello et in ogni
caso vi è insieme in caso contrario il cognome della Famiglia
Confalloniera, che essendo progenitore della progenie del marito
(sic) senza manco pensar che Suor Gioanina un’altra fosse e non
Eufrosina predicta.
Archivio
di Stato di Piacenza – Fondo CULTO, faldone n. 1 – Carteggio
relativo a S. Corrado
Potete
reperirne testo e commento con note nel volume:
San
Corrado Confalonieri – I Documenti Inediti Piacentini
L’uomo,
il pellegrino, l’eremita, la nascita la conversione,
I
luoghi della storia di un grande francescano
Edito
a Calendasco (Piacenza) nel 2006, di Autori Vari, a cura di U.
Battini
Umberto
Battini
Agiografo
di San Corrado
Cattedrale
di Piacenza
L’Altare
di San Corrado Confalonieri
esistente
nel Duomo di Piacenza
prima
dei restauri del ‘900
Nel libro, edito a Piacenza nel
1975, «IL DUOMO DI PIACENZA (1122-1972). Atti del Convegno di
studi storici in occasione dell’850° anniversario della
fondazione della Cattedrale di Piacenza», Luigi
Tagliaferri nel servizio «Il Duomo prima dei
restauri del ‘900» (pagg. 95-107) presenta e descrive
minuziosamente affreschi e altari.
In
merito all’Altare di S. Corrado Confalonieri
annota: «Il nobile Gian Luigi Confalonieri, che divenne
sacerdote dopo la morte della moglie, il 28 novembre 1612 con
atto notarile ottenne dal Capitolo di erigere un altare a S.
Corrado, precisamente alla quarta arcata della navata minore
di sinistra. I lavori terminarono nel 1614. Il pittore di Lodi
Giov. Battista Gallani, dipinse la volta in quattro spicchi
con scene della vita del santo. “Jo. Bapt. Gallani
faciebat 1613 laudensis”. L’altare era preziosamente
decorato. La pala consisteva in una tela di Giovanni
Lanfranco, dipinta a Roma forse l’anno 1618, rappresentante
S. Corrado. Quest’opera, portata in Francia nel 1803, non è
più tornata e figura ora nel Museo delle Belle Arti di Lione.
Esiste una copia nella sagrestia superiore dei canonici.
Dell’altare nessuna traccia. Il paliotto era in scagliola
con San Corrado al centro. Il dorsale dell’altare in marmo
aveva colonne con capitelli ionici e frontone con montante
spezzato con una tabella centrale: “S.cto Conrado
Placentino Tertii Franciscalis Ordinis anacoretae dicatum”»
(pagg. 99-101).
Luigi Tagliaferri così conclude a pag. 107: «Molti
altari, tante devozioni e molte opere d’arte avevano
trasformato il Duomo in un museo. I restauri Scalabrini,
necessari per il consolidamento dell’edificio, sono stati
condotti nell’interno con criteri drastici. Ma non si può
farne colpa agli uomini, eredi del gusto che ebbe inizio in
Francia a metà dell’Ottocento, impietoso verso tutto ciò
che in antichi edifici era barocco e ottocento. Le critiche
furono vive anche allora. (…) Il 16 luglio del 1901 il
popolo entrò nella cattedrale restaurata, ma i lavori
all’esterno si protrassero sino all’agosto del 1902. Il
popolino trovò che il suo Duomo era ridotto ad un vuoto
fienile, altri osservavano che v’era entrata l’arte ma ne
era uscita la pietà. In realtà era uscita e dispersa molta
arte! Il Corriere della Sera del 27-28 luglio 1900
commentava favorevolmente: “Purificato dalle superfettazioni,
pare che esso parli ancora un linguaggio calmo, sereno, e che
ritrova la via per raccogliere la nostra mente in una disusata
meditazione”.
Mons.
Salvatore Guastella
A
Roma, presso la Biblioteca Vallicelliana (vol. ms. H28 f.260 «Vitæ
Sanctorum ordine alphabetico dispositæ a littera A ad E») si
legge una “breve relazione su S. Corrado”, inviata nel 1606
dalla città di Noto al card. Pietro Baronio; vi si trascrive
anche questo ‘ritratto’ del nostro Santo: “Corrado era alto
di statura e di portamento nobile, dallo sguardo dolce e dalla
voce suadente e autorevole. Il suo corpo custodito in artistica
arca d’argento è venerato a Noto nella sua cappella, dove
quotidianamente si sperimenta la celeste protezione”. Il card.
Baronio inserì la citata relazione nel vol. XXV dei suoi
‘Annales Ecclesiastici’ pp. 551-552.
Le
sacre Ossa del Santo vengono gelosamente custodite in un'Arca
tutta d'argento che oggi possiamo ammirare, con ornamenti d'oro il
lavoro fu compiuto il 16 febbraio 1849 e nel novembre la cassa potè
essere riportata nella Cattedrale. Misura m. 1,90 per
0,57 m
poggiante su basette prospiciente circa cm 10 e coperta da
coperchio di forma piramidale con statuetta di Gesù Risorto
all'apice. Sulla basetta poggiano colonnine che sorreggono la
trabeazione e determinano sei scomparti sui lati lunghi e due su
quelli corti, ornati da nicchie con catino a conchiglia, nelle
nicchie sono sovrapposte a basso rilievo figurine di Apostoli, dei
Santi Vescovi, Santa Maria e l'Angelo Annunziante. La decorazione sul
coperchio e sulla trabeazione della cassa è quanto mai ricca,
tanto da potersi considerare una delle più sontuose opere di oreficeria siciliana.
L'indulto pontificio
di Urbano VIII, dice anche che: «…Ad effetto
del presente decreto, con autorità apostolica disponiamo che nel
giorno della festa di San Corrado Confalonieri tutti e singoli i
Frati Minori dovunque residenti possano e debbano liberamente e
lecitamente recitare l’ufficio ‘de Communi’ di confessore
non pontefice, secondo le rubriche del Breviario romano» (Roma,
12. settembre 1625).
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