A
mons. Salvatore Guastella il nostro ringraziamento per
questa ulteriore prova d'amicizia
Intervista
sul Culto e la devozione a San Corrado Confalonieri
realizzata
da
Umberto Battini (Calendasco, Piacenza)
Mons.
Salvatore, è da quasi un decennio che, grazie ai buoni
auspici del compianto P. Gabriele Andreozzi Tor, lei
intrattiene rapporti devozionali con alcuni fedeli
piacentini, in special modo di Calendasco, luogo del
primo ritiro del nostro comune Patrono. Che impressione
ne ha ricavato?
R)
E’ vero, mi resta indelebile nel ricordo la
partecipazione al 3° Convegno nazionale su «Frate
Corrado de’ Confalonieri santo pellegrino ed eremita. Alle
origini dei penitenti francescani in terra piacentina»
del 18 marzo 2000 presso l’Auditorium comunale sant’Ilario
di Piacenza, grazie al cortese invito suo e di suo fratello
Gianni; io vi tenni una relazione ed ho il cordiale ricordo
di mons. Ponzini, di don Ossola parroco di Calendasco, del
pittore Grassi e di altri cari amici, anche netini,
residenti a Piacenza. In quell’occasione ebbi il piacere
di consegnare al vostro ‘Centro studi e ricerche
storiche Ad-Padum’ di Calendasco un nutrito contributo
di volumi, articoli e saggi anche miei su San Corrado.
Davvero,
da quando, per lo zelo del can. Pier Maria Campi
(1569-1649), giunse a Piacenza ‘la notizia di santità’
di Corrado, è stato un crescendo anche Calendasco - là
dove il nostro Santo aveva orientato la scelta eremitica –
che lo ha voluto suo Patrono. A Piacenza c’ero stato già
nel 1989, partecipando al pellegrinaggio diocesano netino
del 29 giugno-3 luglio.
-
Personalmente, ma
posso testimoniarlo anche per altri devoti piacentini,
ci sentiamo molto legati a lei per tutto l’affetto e
la solidarietà culturale e cultuale che ci ha sempre
testimoniato al riguardo del Patrono San Corrado. Come
pensa possiamo incrementare questa solidarietà anche
verso tutti i devoti della sua città natale,
l’ingegnosa Noto?
R)
Innanzitutto Piacenza ha tenuto già cinque ‘Convegni
nazionali’ sul Santo (il 5° nel 2007) al fine di
incrementarne conoscenza e devozione. A Noto è stato
fondamentale il recente Convegno di studio su «Corrado
Confalonieri: la figura storica, l’immagine e il culto»
(24-26 maggio 1990); Mons. Domenico Ponzini vi tenne
un’erudita relazione su «La liturgia di S. Corrado.
Genesi e sviluppo del culto». Recentemente, per
lodevole iniziativa di lei sig. Umberto, è sorto a
Calendasco il sito web
che notizia e aggiorna sul nostro Santo: davvero qualcosa di
concreto e di storico per i devoti tutti, innanzitutto
piacentini. Negli anni ’90, il 19 febbraio, hanno
celebrato la festa di S. Corrado a Noto sia Mons. Luciano
Monari vescovo di Piacenza sia Mons. Ponzini parroco emerito
del Duomo piacentino.
-
Da non molto ha festeggiato un traguardo importante, il
60° di sacerdozio. Ci racconti di tutti questi anni
secondo la visuale del devoto a San Corrado: quanto ha
segnato la sua vita di sacerdote e di studioso?
R)
Venni ordinato sacerdote (eravamo sette) il 29 giugno
1945 in
Cattedrale, dove esercitai l’ufficio pastorale di
viceparroco per dieci anni. Nel luglio 1955 pubblicai una
breve ‘Vita di San Corrado’. Sinora ho pubblicato anche:
1] Libero per servire. Articoli e saggi sul Santo patrono di
Noto (1989), 2] L’arte tipografica nel nome di S.
Corrado e Bibliografia minore su S. Corrado Confalonieri (1989),
3] Agosto netino ’94 in onore di Maria Ss. Scala del
Paradiso e di S. Corrado Confalonieri nel 150° della
diocesi di Noto (1994), 4] Il santuario di S. Corrado
fuori le mura (1998), 5] S. Corrado ama e benedice la
natìa Piacenza (2000), 5] I vescovi di Noto e la
devozione a S. Corrado (2002), 6] San Corrado e la Madonna (2003),
7] S. Corrado e Giorgio La Pira nostri operosi profeti di
pace e di santità (2005), 8] I Netini di Roma
celebrano da 25 anni l’annuale festa del patrono S.
Corrado Confalonieri (2006), 9] S. Corrado
Confalonieri nell’arte magistrale di Giuseppe Pirrone
scultore e medaglista netino (di imminente
pubblicazione). Ogni netino sa di essere sempre e
dovunque profondamente devoto e protetto da Santo Eremita
Piacentino!
-
Il santuario e l’eremo del Santo, con il museo
adiacente al santuario e l’arca argentea con il corpo
del Santo e poi la secolare devozione dei netini: che
significato assumono nella vita di un netino?
E’
stato lo stesso San Corrado a scegliere Noto quale luogo
privilegiato della sua esperienza eremitica e quindi quale
sua seconda patria. Sin d’allora i cittadini di Noto
ebbero simpatia e rispettosa devozione per lui, come dice il
codice cartaceo ‘Vita Beati Corradi’ del secolo XIV (che
si conserva nell’archivio della Cattedrale netina): «Et
li gitadini di la terra di Nothu àppiru [ebbero]
grandi consolacioni di quistu homu, ki paria homu di bona et
honesta vita».
Subito
dopo la morte del Santo (19.2.1351) i netini sistemarono il
suo corpo prima nella sacrestia della chiesa madre S. Nicolò
poi, custodito in arca d’argento nella stessa chiesa
madre, circondandolo di spontanea e continua devozione
popolare. Si continuò così fino a quando i responsabili
della città, in seguito alle norme impartite dalla Chiesa
relativamente al culto dei santi, non sentirono il bisogno
di avanzare una petizione a Roma e ottenere l’eventuale
liberazione dalle censure ecclesiastiche in cui erano
incorsi e per tributare al Santo Eremita regolare culto.
Papa Leone X il 12 luglio 1515 delegò il vescovo di
Siracusa a istruire il processo informativo e a proclamarne
‘per delegatum’ il culto; mandato apostolico eseguito
nella chiesa madre dell’antica Noto dal suo vicario
generale Mons. Giacomo Umana netino e vescovo titolare di
Scutari, «determinandone la festa il 19 febbraio. Noto,
28 agosto 1515».
Da
sette secoli ormai Noto – “la Città di San Corrado” -
venera con incredibile entusiasmo di fede il corpo del Santo
e pellegrina alla sua grotta al santuario dei Pizzoni nella
valle dei Miracoli. Periodicamente ogni cinque anni e in
circostanze eccezionali il popolo accompagna in
pellegrinaggio notturno l’arca d’argento del Santo al
suo Santuario fuori le mura, dove sosta alcuni giorni, prima
della festa del Patrocinio che si celebra l’ultima
domenica d’agosto.
-
Lei ha onorato me ed anche gli amici devoti piacentini
di Calendasco sostenendo con la sua competenza di
storico e studioso – non solo della Vita del Patrono
– gli ultimi due volumi di studio editi sul Santo,
studi che in Piacenza colmano un ‘vuoto’ quasi
secolare e ci ha sempre incoraggiato nella realizzazione
dei Convegni corradiani di Piacenza ed anzi nell’anno
2000 partecipò al 3° di questi Convegni. Da sacerdote
e da studioso ma anche quale devoto di Noto, che idea si
è fatta di questo nostro riscoprire e incrementare il
culto e la conoscenza del Santo in terra piacentina?
R)
Innanzitutto va dato a lei e a suo fratello Gianni, il
merito di aver corroborato con quei due volumi di studio
editi sul Santo la devota Calendasco e così, con essi,
“colmato il vuoto quasi secolare” di conoscenza in
Piacenza. Inoltre avete anche il merito di aver realizzato
– come ho accennato sopra – già cinque Convegni
nazionali corradiani, i primi due a Calendasco e gli altri a
Piacenza. Mi fa piacere elencarli:
Il
1° Convegno su «Corrado Confalonieri: Santo ed eremita
a Calendasco» (18 febbraio 1998),
Il
2° su «Appunti sull’Eremo-hospitio di S. Corrado a
Calendasco» (19 febbraio 1999),
Il
3° su «Frate Corrado de’ Confalonieri santo
pellegrino ed eremita. Alle origini dei penitenti
francescani in terra piacentina» (18 marzo 2000),
Il
4° su «In Urbe Platentiae. Aspetti ed influssi del
Movimento francescano» (10 marzo 2001),
Il
5°, internazionale, su «Lo stato attuale delle ricerche
alla luce degli inediti piacentini» (9 giugno 2007).
Ben
vengano simili iniziative culturali da umili cercatori di
Dio, quali siamo, nel cammino spirituale cristiano, per
lasciarci meglio guidare dallo Spirito del Signore e da
Corrado Eremita nostro maestro di santità.
-
Mons. Salvatore, ha un ricordo particolare della sua
vita, magari legato a S. Corrado, che ci vuole
raccontare?
R)
E’ stato nel 1992, quando ho ricevuto l’eccezionale
privilegio di avere da Noto il “Braccio di San Corrado”
per la festa patronale di domenica 23 febbraio: è stato il
più bel dono del vescovo Mons. Salvatore Nicolosi ai suoi
“netini romani”. Così per tre giorni, dal 22 al 24, ho
avuto ospite eccezionale in camera mia quell’insigne
Reliquia! Avvenimento, questo, per me memorabile.
-
Qual’é a suo parere un buon modo di onorare il nostro
comune Patrono e allo stesso tempo sentirlo presente,
quale esempio di vita, ai devoti e ai fedeli in genere;
quale modello?
R)
Il miglior modo di onorare San Corrado e propiziarsene il
patrocinio è di imitarne le virtù, fuggire il peccato,
amare filialmente Dio e fraternamente il prossimo,
esercitarsi nella pazienza e pensare che siamo creati per il
Cielo.
E’
rivolto anche a noi quanto scrisse nella Lettera apostolica
al Vescovo di Noto il 14 settembre 1989 il Servo di Dio
Giovanni Paolo II: «La Comunità diocesana, che ha S.
Corrado quale suo speciale Protettore, a buon diritto ne
ricorda le virtù, consapevole che la testimonianza della
vita di un santo costituisce per ogni tempo un messaggio da
raccogliere e un modello da imitare».
-
A Roma, dove lei
risiede, la festa patronale i netini sono soliti
celebrarla nella basilica dei Ss. Cosma e Damiano, che
è la Curia generalizia del Terz’Ordine Regolare di S.
Francesco (TOR). Ci parli di questo festoso incontro tra
i devoti che vivono lontano dalla natìa Noto.
R)
E’ dal 1981 che l’associazione de «I netini di Roma»,
costituita nel 1980, celebra la festa di San Corrado: il
19.2.81 a Santa Prisca all’Aventino, l’anno seguente a
S. Francesca Romana sul Palatino. Dal 1993 - grazie alla
preziosa segnalazione di P. Gabriele Andreozzi TOR. che, cioè,
nella loro basilica dei Ss. Cosma e Damiano c’è il grande
affresco di S. Corrado (sec. XVII) – vi celebriamo
l’annuale festa, considerando ormai quella basilica su via
dei Fori Imperiali “la nostra chiesa romana di San
Corrado”! Ogni anno, durante la solenne Eucaristia, i
canti liturgici e l’Inno del Santo vengono eseguiti e
guidati dall’armoniosa Schola Cantorum ‘Mein
Freude’ diretta dal M° Vittorio Capuzza, all’organo
la Prof.ssa M. Teresa Muscianisi.
Sempre
a Roma, presso la Biblioteca Vallicelliana (vol. ms. H28 f.260
«Vitæ Sanctorum ordine alphabetico dispositæ a littera A
ad E») si legge una “breve relazione su S. Corrado”,
inviata nel 1606 dalla città di Noto al card. Pietro
Baronio; vi si trascrive anche questo ‘ritratto’ del
nostro Santo: “Corrado era alto di statura e di
portamento nobile, dallo sguardo dolce e dalla voce suadente
e autorevole. Il suo corpo custodito in artistica arca
d’argento è venerato a Noto nella sua cappella, dove
quotidianamente si sperimenta la celeste protezione”.
Il card. Baronio inserì la citata relazione nel vol. XXV
dei suoi ‘Annales Ecclesiastici’ pp. 551-552.
-
Per concludere, nel ringraziarla per la sua sempre
presente amicizia, le chiediamo un pensiero, una breve
meditazione ed un auspicio per noi tutti devoti di ogni
luogo d’Italia: dalla bellissima Noto passando per
Roma e quindi a Piacenza e Calendasco, secondo
l’itinerario dello stesso nostro comune Patrono San
Corrado Confalonieri.
R)
La citata “Vita
Beati Corradi” lo indica pellegrino di pace.
Infatti, dopo l’esperienza traumatica dell’incendio
involontario, a Corrado “venni in cori di andare a
serviri Deu” e“pervinni undi havia poveri et
servituri di Deu” (nn. 51 e 56). Lascia, infatti,
Piacenza e va in un luogo che la tradizione indica nel
‘romitorio del Gorgolare’ per la sua vicinanza del rivo
Calendasco o Macinatore. Là compie il noviziato e trascorre
un certo tempo, maturando il desiderio di solitudine e di
preghiera.
Nel
1322 egli lascia definitivamente la terra piacentina per
andare – come il biblico Abramo (cfr. Gen XII 1) – nella
terra che il Signore gli mostrerà. Prima di partire, fra
Aristide, superiore del romitorio di Calendasco prega per
lui e lo benedice
Eccolo
Corrado nella via romea solo, sconosciuto, senz’altra
previsione che una fiducia illimitata in Colui che veste i
gigli del campo e nutre gli uccelli dell’aria (cfr. Mt VI
28), chiuso in un ruvido saio e appoggiato al suo bordone di
pellegrino. Il sacco pesa, i sandali e i ciottoli della
strada, la sete e la fame lo attanagliano, l’anima però a
poco a poco spicca il volo, dato che non c’è vero
pellegrinaggio senza un minimo di ascesi. Egli fa onore
semplicemente e gioiosamente al pasto frugale che un’anima
caritatevole gli offre ad una tappa, riservandosi di far
penitenza, per virtù o per necessità, alle tappe
successive. Accolto dagli uni come rappresentante di Cristo,
da altri sarà scacciato come intruso scroccone; ma egli
riceverà con la stessa francescana letizia e umiltà le
buone e le cattive venture del cammino. L’esperienza del
pellegrinaggio anche per il nostro Santo è una meravigliosa
scuola di semplicità e di abnegazione, di povertà e di
altre virtù basilari di cui il mondo ha sempre bisogno. E
il pellegrino Corrado rimane a Roma? No, ma nella Città
Eterna egli matura la sua vocazione eremitica. Infatti –
come sottolinea il citato codice del sec. XIV – “per
meglio servìri a Deu sindi vinni in Sichilia” e
sceglie Noto (Siracusa), dove vive di carità, povero tra i
poveri. A chiunque va a trovarlo alle celle della chiesa del
Ss. Crocifisso e, poi, nella grotta dei Pizzoni per
chiedergli intercessione di grazie, per esprimergli ammirata
gratitudine o per mettere alla prova la sua santità, tutti
accoglie con volto sorridente, evangelizza, è largo di
aiuti e di consigli spirituali, di intercessioni e di
miracoli.
Il nostro Santo Patrono si fa missionario itinerante tra il
popolo netino, ogni qualvolta che dalla sua grotta dei
Pizzoni scende in città. Lo ammiriamo paziente e paterno
col figlio di Vassallo: “Questa metà di formaggio – gli
dice - è di tua madre [la quale non avrebbe voluto farmelo
avere tutto intero] e questa metà è di Gesù Cristo”;
affabile con l’amico operaio e padre di famiglia: “Siano
benedette queste mani che alimentano tante creature”;
umile e premuroso con il suo vescovo di Siracusa, che
accoglie nella sua grotta col pane caldo del miracolo:
“Signor vescovo, non sono quello che voi pensate, perché
io sono peccatore”. Fra Corrado resta grato con chi lo
invita a mensa: “Dio rimeriti la vostra anima per la carità”
; è catechista con un altro operaio che lo incontra, gli
bacia la mano e gli chiede: “Compare, insegnatemi qualche
preghiera”, e fra Corrado gli insegna la recita del Padre
Nostro e dell’Ave Maria. Il saluto abituale verso quanti
egli incontra per le vie di Noto è: “Fratello/sorella,
abbi tu pace”! Prossimo alla fine, quel 19 febbraio 1351
così prega: «Onnipotente Dio, ti raccomando l’anima mia
e di ogni creatura… Signore, stendi la tua mano e dammi
aiuto». Fioriscono subito le grazie ottenute per la sua
intercessione e la devozione popolare cresce, soprattutto
dopo la ricognizione canonica del suo corpo trovato
incorrotto nel 1485. Papa Come ho accennato sopra, Leone X
il 12 luglio 1515 delega il vescovo di Siracusa ad istruire
il processo informativo e proclamarne ‘per delegatum’ il
culto; mandato apostolico eseguito nella chiesa madre
dell’antica Noto il 28 agosto 1515 dal suo vicario
generale Mons. Giacomo Umana, netino e vescovo titolare di
Scutari. Urbano VIII nella bolla del 12 settembre 1625 lo
chiama “Santo” e ne stende il culto all’Ordine
Francescano nel mondo. L’arca d’argento con il corpo di
S. Corrado è in venerazione a Noto in Cattedrale.
Piacenza,
Calendasco, Roma, Noto, …e l’Ordine Francescano hanno in
San Corrado Confalonieri un faro luminoso di santità
operosa! Egli - da vero uomo di pace e testimone di Cristo
Risorto - tutti ci guida e sostiene. Inseriti ormai
nell’unità europea, il nostro Santo Eremita Piacentino ci
sprona ad essere, anche come cristiani, operatori di
fraternità e di pace nel nostro ambiente e dovunque.
Intervista di Umberto Battini
a nome di tutti i Devoti
OMELIA
Tenuta
In
CALENDASCO
Da
Mons. Salvatore Guastella
Domenica
19 marzo 2000
Chiesa
Parrocchiale
In
occasione del
3°
Convegno Nazionale di Studi
In
Onore di S. Corrado Confalonieri
Piacenza
Auditorium Civico S. Ilario
“Fra
Corrado de Confalonieri
Santo
pellegrino ed eremita”
Alle
origini dei penitenti francescani
In
terra piacentina"
SAN
CORRADO CONFALONIERI nel
Romitorio di Calendasco (Piacenza)
matura
il desiderio di solitudine e di preghiera nell’avventura
umana
più
nobile,
quella
della circa di Dio e
come il
biblico Abramo lascia la sua terra piacentina,
va
pellegrino sino a Noto (Siracusa), la terra che gli ha
indicato il Signore.
Dio
disse ad Abramo: «ESCI dalla tua terra, dalla
tua parentela e dalla tua casa
verso
la terra che ti mostrerò» (Genesi XII 1);
«PRENDI
il tuo figlio Isacco e offrilo in olocausto
dove
io ti indicherò» (Gen. XXII 2).
Come
il patriarca Abramo, Dio ha chiesto al giovane cavaliere
piacentino Corrado, dopo l’increscioso episodio
dell’incendio durante una battuta di caccia, di separarsi
dal passato: “Esci dalla tua terra”! E
venne a Calendasco presso il Romitorio dove viveva una
piccola comunità di «poveri e servitori di Dio». Dopo il
periodo di formazione religiosa, il Signore lo chiama di
nuovo: questa volta gli chiede di separarsi anche dal suo
futuro - “offrilo in olocausto!” - perché il
giovane Corrado ponga la sua ‘sicurezza’ solo in Lui,
nel Signore, non nei confratelli né in quel sacro luogo
prescelto.
E
perché? Qual’è stata l’occasione, il motivo
contingente di cui si è servita la
Provvidenza?
Comunque, il Signore chiede al giovane novizio di
distaccarsi anche da quell’amato Romitorio: «Corrado,
voglio che sia solo io la tua sicurezza; io il tuo Signore,
la tua unica scelta ed eredità»!
Prima
di lasciare Calendasco, il superiore del Romitorio, fra
Aristide, prega con lui e così lo benedice: «Frate
Corrado, in nome di nostro Signore Gesù Cristo ricevi
questo bordone di pellegrino, sostegno per il tuo viaggio e
le tue fatiche durante il cammino. Ricevi questa scarsella e
questa viéra affinché, trasformato e purificato, tu possa
meritare di arrivare alla meta dove desideri giungere» (dal ‘Liber Sancti Jacobi’).
E
per la via romea francigena Corrado giunge a Roma
‘crocevia dei santi’. Nella Città Eterna gli si fa più
chiaro il progetto di venirsi a stabilire in Sicilia, in
mezzo a gente sconosciuta. Ma già, forse, sono stati quei
“poveri e servitori di Dio” del Romitorio di Calendasco
ad indicargli la Sicilia come il luogo dove trovare
tranquillità e protezione per il suo progetto eremitico.
Comunque, Noto diverrà la sua definitiva seconda patria, il
luogo scelto dal Signore per condurlo alla santità. Qui,
nella grotta dei Pizzoni, frate Corrado piacentino vive
quello stesso carisma eremitico di Calendasco: cioè il
silenzio, la preghiera e qualche confratello; doni che egli
ha compreso dover vivere ogni giorno con lo stesso spirito
di distacco ascetico che Dio aveva chiesto al patriarca
Abramo.
«Offri
in olocausto»! Tutta la vita eremitica del nostro Santo è
‘sacralizzata’ dalla totale obbedienza filiale al
Signore a servizio di ogni fratello.
Ci
accompagni nella vita la Provvidenza di Dio e la benedizione
di San Corrado.
Salvatore
Guastella
Calendasco, domenica 19 marzo 2000
Gruppo di devoti davanti al romitorio e hospitale di
San Corrado
il giorno dopo il 3° Convegno sul Santo,
in prima fila, 4° da sinistra, mons. Salvatore Guastella, a
fianco l'Arciprete di Calendasco di allora
mons. Carlo Maria Ossola, 4° da destra p. Gabriele
Andreozzi TOR francescano;
mons. Guastella, mons. Ossola e padre
Andreozzi TOR furono alcuni tra i relatori
del Convegno
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