M I R A C O L I

Allarga la sua grotta con le spalle per introdurvi dodici malfattori con i loro cavalli.

Questo fatto prodigioso, di cui imprendo la narrazione, non 1'ho trovato segnato in nessuno dei precedenti scrittori che si occuparono tramandarci la vita del Santo; però l'ho ricavato dalla tradizione ferma e costante che regna a Noto, ad Avola, a Pachino ed in molti altri paesi attorno a Noto, in cui non si trova un vecchio, non c'e un bimbo che non lo sappia narrare con bella ed attraente poesia.

Passando dalla contrada Lenzavacche una banda di dodici malfattori, in sul cader del giorno andavano spiando qualche nascondiglio dove avessero potuto ricoverarsi e dimenticare, col riposo, le scorrerie che certamente avevano dovuto commettere in quel giorno.

Da lontano han visto delle grotte. Erano quelle denominate dei Pizzoni, in una delle quali San Corrado stava solo soletto a pregare Dio per 1'anima sua. Si avvicinano a dette grotte, ma le trovano troppo anguste; finalmente s'affacciano in quella dove S. Corrado, prostrato a terra, fervidamente pregava. " Chi e là! dissero, con fiero cipiglio. "Oh! son io, figli miei, risponde Corrado, qual vento vi conduce da queste parti dove mai si vede anima viva? Sentite forse bisogno di qualche cosa per ristorarvi dal vostro cammino ? " Nient'altro, risposero,   commossi  alla vista della santa figura ed alle dolci parole di Corrado, nient'altro che un pò di alloggio ed è questo che invano, da un pezzo, andiamo cercando fra le diverse grotte di questa contrada”.

   Posso offrirvi questa, ripiglia Corrado, e credo non isdegnerete di farmi il favore di accomodarvi meco alla meglio.

   Grazie, buon frate, accetteremmo la vostra offerta qualora fosse possibile soddisfarci, ma deh ! la vostra grotta nemmeno arriverebbe a contenere noi soli, e i nostri cavalli dove li metteremo ? " Su via, entrate, dice Corrado. E qui entra il primo col suo cavallo, e poscia un secondo, e poscia un terzo; fintantoccbè la grotta si riempi, poichè era cosi piccola da non poter contenere altri. " Dove si metteranno gli altri nostri compagni”, domandano al buon eremita ?

" Su via fateli entrare. Ci sarà luogo per tutti. E qui Corrado appoggiando le sue spalle alle pa­rete della grotta, or da una parte ed or da un'altra, 1'allarga tanto, fino a potere contenere quella banda di briganti con tutti i loro cavalli. I loro cavalli ? Non ci pensavo più; anche i cavalli furono introdotti nella grotta del Santo Anacoreta. Ma i cavalli non stavan fermi, ed i loro padroni furon tentati d'abbandonar 1'alloggio, quantunque avessero veduto il grande prodigio operato da S. Corrado e cioè: di avergli veduta allargare la grotta con le spalle. " Sentite buon frate, rivolti a Corrado dissero, noi siamo obbligati d'andarcene poichè i nostri cavalli chi sa cosa non faranno questa notte;  si daranno calci scambievolmente e forse, mentre noi dormiremo, potranno molestare anche noi. Vedete: sono slegati, ne ci sono qui anelli di ferro per attaccarli ad essi. " E per questo volevate andarvene ? Oh! la grande difficoltà...! ecco qui gli anelli, e, voi, attaccate pure i vostri cavalli ; e così dicendo andava toccando or qua or là, col pollice e con l'indice, le pareti della grotta e facendo dei buchi a guisa di anelli, riparò tutte le difficoltà che si presentavano.

Questa e la storia o leggenda di un fatto tanto strepitoso. Torno a dire : io 1' ho raccolto dalla bocca di molti, e quanto ce ne sia di vero non voglio discuterlo. Mi fa meraviglia però come gli antichi scrittori non ne parlino; ma allo stesso tempo richiama tutta la mia attenzione la tradizione di detto fatto mantenuta in diversi paesi cosi costante. Fu inventata? E vera ? In quanto a me opino che qualche cosa di vero ci debba necessariamente essere.

 

Padre Eugenio Da Ferla, Cappuccino, 1913

 

 
 
   
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