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Il
racconto del Pellegrinaggio al Patrono
Calendasco
- Noto agosto 2009
Giornate
epocali di devozione ed amicizia
nel nome e
nel segno di S. Corrado Confalonieri
di Umberto Battini
Un'evento
memorabile che ha sigillato l'amore al Penitente Piacentino
nella
riconoscenza ai Devoti della Città di Noto
Il mio
pellegrinaggio era iniziato con la decisione di caricarmi spiritualmente
trovando ospitio a Siracusa presso gli amatissimi frati del Terzo
Ordine Regolare, che vestono
l’abito religioso francescano del Santo. Alloggio con orgoglio nel
convento “S. Corrado Confalonieri” che ha vicina anche
l’ampia chiesa parrocchiale dedicata al Patrono oltre ai locali di
canonica ed oratorio. Mi accoglie padre Antonio Panzica: l’anno prima
era stato a Calendasco egli stesso pellegrino a san Corrado. Incontro p.
Edwin il Priore, un giovane filippino da anni in Italia, un buon frate
con uno spiccato senso dell’ironia: ed io non sarò da meno in questo
nel divertirci assieme a fare risibili rimbrotti alla cuoca del
convento, una signora non troppo avanti negli anni, con un sorriso
immenso e affabile che le genti di Sicilia possiedono naturale. Tre
giorni nei quali sono tratto a turno dagli amati frati alla visita alla
città
Sabato
mattina p. Antonio mi accompagna alla littorina che mi porterà a Noto,
un ultimo abbraccio, una foto assieme e lo accomiato in ginocchio
chiedendo la sua benedizione.
A
Noto, nel caldo tardo pomeriggio mi incammino verso il centro città.
Prima tappa
la Cattedrale
, ricostruita e riaperta due anni fa, dopo il crollo del 1996. Dopo di
ringraziamento al Santissimo, chiedo della Cappella di s. Corrado: è
qui che il pomeriggio seguente, domenica 9 agosto, avverrà la cerimonia
della Discesa dell’Arca e a fine mese l’imponente
processione.
Fuori
dalla Cattedrale, lungo le due vie che la costeggiano sono la sede dei
Portatori di San Corrado e quella dei Portatori dei Cilii. Il cilio è
un possente porta cero, lavorato e decorato, che accompagna l’Arca
durante le processioni. La dimensione della devozione qui a Noto verso
il santo è molto sentita: basti pensare che i Portatori della vara con
l’Arca che contiene il corpo del santo sono circa 200 ed altrettanti i
Portatori dei Cilii e lungo le vie della città si contano a decine le
piccole edicole votive con l’effige o una statua del Patrono. Mi
accompagnano subito a visitare il Museo della Cattedrale e di San
Corrado posto lì accanto. Grazie al Collegamento Devozionale Italiano,
fondato due anni fa col sito
internet dedicato al Santo, cui collaborano soci delle due dette Società
di fedeli ed altri devoti inviando testi e fotografie, ho scoperto che
la pluri-secolare devozione calendaschese è ormai ben conosciuta a
Noto.
La
domenica pomeriggio, come l’amico Salvatore mi aveva raccomandato, mi
porto alla sede dei Portatori dei Cilii, in vista della Discesa
con la s. Messa officiata dal vescovo.
Vengo
presentato ai soci dirigenti e nella sala ritrovo gli altri Portatori
seduti: qui la prima sorpresa emotiva, con una cerimonia il Presidente
Salvatore Cutrali, il Vice e dirigenti mi onorano di essere Socio
onorario con consegna della loro divisa estiva e della tessera, relativi
applausi e foto di rito, in
cui io tutto agghindato con un cilio prestatomi da un giovanissimo
portatore e con un sorriso che tocca il cielo.
Salvatore
Cutrali, il “mio” Presidente, decide che parteciperò alla cerimonia
in prima fila, appena dietro al loro gonfalone, portato con un orgoglio
indescrivibile dai due Portatori più anziani, che prima mi avevano
accolto come un figlio.
In
Cattedrale entrano in processione prima i Portatori di San Corrado,
nella loro divisa bianca, preceduti dal gonfalone e subito dopo noi. Il
Tempio è gremito di popolo: subito si va a rendere omaggio al Ss.mo
Sacramento e poi alla Cappella del Patrono. Intanto nella calca di
popolo si alza il saluto gridato dai devoti “E con tuttu lu cori
ciamamulo” e tutti – bambini compresi – urlano a squarciagola
“Evviva San Currao!” per due volte seguenti, in un seguirsi quasi
senza sosta.
Segue la s. messa, al termine della quale, quando tra i Portatori di
entrambe le Società si scopre essere presente un devoto piacentino e
addirittura di Calendasco, tutti mi reclamano per una foto dinnanzi
all’Urna e così i anche semplici fedeli della città, ormai sono
emozionatissimo.
Ritrovarmi
in mezzo a tutti quei fedeli devoti, di tutte le età e generazioni è
per me inebriante.
Tra l’altro anche in questa occasione ho la gioia di conoscere di
persona un altro dei miei “contatti” telefonici, cioè il Portatore
del Santo Marco Lucci ed il suo Presidente e già caro amico Michele
Faraone.
E’
tutto molto bello, a un certo punto il Presidente Cutrali si presenta
con una giornalista di una televisione siciliana e vengo assieme a lui
intervistato in diretta: qui mi viene chiesto del Santo nel piacentino e
con mia sorpresa anche di Calendasco, che conoscono bene quale luogo
delle vicende corradiane. Infine chiedo a Salvatore di riportarmi al mio
alloggio ove ho obbligo di esservi prima delle 22. La notte mi passa
quasi interamente insonne: due soli giorni e già così carichi di una
intensità emotiva spirituale che andava ben oltre le mie
aspettative. Con l’esperienza della veglia alla Grotta Santa si
conclude solo fisicamente ma non emotivamente, questo mio abbraccio a
San Corrado.
Diario
delle giornate netine 2009
La
Veglia nella Grotta
La
fatica del viaggio è valsa la pena: quasi millequattrocento chilometri
in un vagone-caldaia, sotto al cocente sole agostano, scorrendo
letteralmente tutta la penisola. Ma la meta era troppo agognata, troppa
la nostalgia di quel luogo e in più avevo il mandato di tutti gli amici
devoti che avevo lasciato a casa. Bruno, che nella devozione mi è di
encomiabile esempio, al mio tentennamento per l’impresa solitaria mi
aveva detto categorico: “Devi andare! San Corrado vuole così. Noi ci
saremo per mezzo tuo”. Qualche telefonata e tutto è a posto. Mons.
Salvatore Guastella, insigne storico e studioso della Diocesi, mi vuole
suo ospite ed a Noto alloggerò presso le monache Benedettine del SS.
Sacramento, nel convento di clausura presso la foresteria, al fianco
della nuova Casa del Clero.
A
Noto ad attendermi, con una grande mercedes nera, il mio amico Salvatore
Bertoli, segretario dei Fedeli Portatori dei Cilii; ci conoscevamo solo
“via telefono” da quasi quindici anni, finalmente ci incontriamo! Lo
abbraccio più volte, non mi sembra vero, Salvatore è un attimo
stranito da tutto questo mio affetto. Valigia e zaino in auto e via:
prima destinazione il Santuario Fuori le mura sette chilometri lo
separano dalla città di Noto, così ha deciso Salvatore, dopo mi
accompagnerà al mio alloggio.
Quando
arriviamo mi sento frastornato: entro in questo lungo stretto viale
ornato da decine di oleandri
in fiore, in fondo ancora un cancello e al di là, davanti a un piccolo
spiazzo il Santuario amato, addossato alla nuda roccia!
E’
quasi il mezzogiorno, è terminato un matrimonio. Entriamo e Salvatore
mi porta subito dentro alla Grotta Venerata alla destra interna del
Tempio. Letteralmente mi getto in ginocchio: turbinano parole, emozioni
di pelle, di mente e di cuore! Penso all’amato s. Corrado, lì dentro,
assiso a contemplare Dio, a lui che ha lasciato la terra piacentina,
Calendasco così fortemente luogo della sua anima umana, la sua
famiglia: piango come un bambino, sono felicissimo.
In
sacrestia incontro la suora filippina che si occupa del Santuario con il
frate conventuale responsabile del luogo, a lui dico del mio
pellegrinaggio, che vengo dalla terra piacentina di Calendasco e che era
mio desiderio poter passare una notte in veglia nella Grotta del santo.
Non
ci sono impedimenti, in uno dei prossimi giorni a mia scelta potrò
adempiere a questo mio richiamo dello spirito.
A
Noto, nel convento di clausura delle Benedettine
ove avrò dimora stabile, suor Concetta mi assegna una stanza
grande e luminosa, addirittura con un balconcino che dà la vista alla
valle netina e si affaccia al grande cortile del convento, di pietra
gialla, che a sua volta confina con quello delle Carmelitane, capisco
che questa stanza è per gli ospiti di riguardo.
L’emozione
più forte la vivo a San Corrado di Fuori, ove di buon mattino, mi
dirigo a piedi pellegrino: con me solo due pezzi di pane ed un poco
d’acqua. Arrivo e trovo la suora al cancello per l’apertura, mi
ripresento, le dico del mio intento di restare tutto il giorno e la
notte presso l’amato Santuario che racchiude
la Grotta
venerata. Facciamo subito amicizia, la giovane suora filippina ha subito
intuito della mia sincera devozione e mi accorda la sua fiducia
lasciandomi campo libero.
Mi
assegna una cella nel piano inferiore dell’Eremo del 1751, accetto
volentieri e vi pongo le mie poche cose, anche se nel mio intimo ho già
deciso che passerò ogni ora della mia presenza lì nel Santuario in
adorazione al Santissimo e in ginocchio nella Grotta del Patrono.
Passano
le ore, ed intanto vengo “rinchiuso” per la prima volta
all’interno del Tempio nella pausa del mezzogiorno e fino alla
riapertura pomeridiana. In ginocchio, oppure seduto sulla pietra accanto
al luogo che indica sul pavimento della Grotta i segni delle ginocchia
del Santo, prego e medito, il tempo sembra essersi fermato, la
sensazione che prevale è di sentirmi a casa, di sentirmi in un luogo
non solo benedetto ma rigenerante.
Durante
la giornata arrivano devoti e pellegrini in visita al luogo Sacro,
alcuni giovani addirittura giungono camminando a piedi scalzi, per
impetrare grazie e come segno di devozione e lode al Patrono.
Approfitto
anche per visitare l’annesso Museo che raccoglie centinaia dei più
svariati ex-voto per grazia ricevuta: tantissime sono ad esempio le
protesi di arti, mani e gambe ma anche vestiti da sposa e tanti altri
oggetti.
Poco
dopo le ore 18,30 la suora chiude il Santuario, con forza spranga
catenacci e serrature, mi chiede se necessito di qualcosa e poi
vedendomi sicuro e sereno se ne torna al suo convento, posto a qualche
centinaio di metri più sopra alla valle.
Per
mia espressa volontà chiedo che sia lasciata accesa solo la luce che
illumina ove sono scavate le orme delle ginocchia di San Corrado, tutte
le altre saranno spente. Nonostante filtri ancora dalla finestra ad
occhio di pavone della chiesa una tenue luce, mi assale una grande
angoscia e paura: mai avevo provato l’esperienza di esser rinchiuso in
veglia in un luogo sacro e per di più a me così caro, già di per se
gravato di emozioni forti dei giorni appena passati.
Mi
faccio coraggio cominciando a cantare l’Inno al Santo, a voce forte e
poi altri canti religiosi, mi metto a leggere salmi e preghiere, intanto
la mia mente rifletteva: se in quella Grotta il Santo aveva vissuto
tanti anni in tutta tranquillità, tanto più ora io non avevo niente da
temere essendo addirittura “sprangato” dentro.
Piano
piano, mentre dentro al Santuario si fa sempre più buio e
la Grotta
, con quella sua sola luce accesa, diventa sempre più a me familiare e
mistica, rivolgendo di tanto in tanto lo sguardo alla tenue fiammella
rossa che veniva dal Sacramento posto nel tabernacolo dell’altare
maggiore, una perfetta calma mi avvolge. Inizio a parlare con il Santo
ad alta voce: gli chiedo della sua venuta a Noto, della sua vita e di
come potè far una simile conversione, abbandonando la terra piacentina,
il borgo di Calendasco, parenti e famiglia. Gli chiedo di essere Patrono
a me ed a tutti coloro che lo venerano riservandoci protezione e grazie.
Mi accorgo che c’è un silenzio grande! Man mano che la notte avanzava
mi sentivo sempre più “a casa” e tranquillo; la luce a notte fonda
ormai irradiava appena nell’intera grotta ed intorno solo buoi fitto:
la grotta con la sua pietra gialla era diventata come un magnifico
scrigno denso di una luce ovattata che quasi si poteva toccare, densa.
Durante
la veglia della notte, ad un certo punto ho avuto la chiara
consapevolezza che lo stile di vita dell’amato san Corrado, era
possibile da attuare, che quella vicinanza a Dio non gli era costata
troppo sacrificio, ma solo il frutto di una fede immensa, cresciuta e
matura.
Penso
ai miracoli avvenuti lì dentro: appariva pane caldo, portato dagli
angeli! Il vescovo di Siracusa in persona fu testimone del fatto e ne
resta testimonianza. Davvero il luogo è Sacro.
Sul
fare dell’alba comincio a cedere a un dormiveglia leggero che, ormai
alla prima luce vinco e rinvigorito intensifico la mia preghiera conscio
che da lì a poche ore sarei dovuto partire da quel luogo desiderato.
Poco
prima delle ore 8 sento le serrature aprirsi, è una suora filippina,
che a turno si occupa del luogo, ci salutiamo e mi costringe a prendere
un caffè nonostante il mio rifiuto. Difatti dopo aver spazzato alcune
foglie davanti alla chiesa, la vedo riapparire e mi indica nel lungo
corridoio superiore dell’eremo ove sono altre celle, un tavolino
preparato con tutta cura con la mia colazione, che consumo per rispetto
alla grande delicatezza riservatemi.
Durante
queste mie 25 ore ininterrotte di venerazione mi accorgo di aver
consumato solo un pezzo di pane e bevuta però buona parte di acqua.
Altri impegni mi attendono dagli amici netini, devo ritornare; un ultimo
sguardo: con un po’ di magone senza più voltarmi mi incammino.
Qualche
ora dopo, a pranzo con i cari sacerdoti mons. Guastella, mons. Guccione
Vicario generale, con mons. Bellomia prevosto della Cattedrale e altri
mi ritrovo a raccontare della mia veglia: su un punto si è concordi,
inconsapevolmente scopro essere il primo piacentino, nei secoli, e per
giunta nativo proprio di Calendasco, ad aver
reso un simile omaggio di devozione al Santo Corrado.
E
questo forte e amorevole atto verso l’illustre piacentino così tanto
amato nella lontana e accogliente Sicilia, l’ho intenzionalmente
offerto anche a nome di tutti i devoti della terra piacentina.
Umberto
Battini
devoto
di Calendasco
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particolare
dell'affresco
nella Chiesa
di Calendasco
Urna
del Santo
processione
di un secola fa
Magana sul
fiume Po
tipica
imbarcazione
Castello di
Calendasco
luogo della
nascita del Santo
in primo piano
il ponte
levatoio del
Recetto e
sullo sfondo
il Castello
Venerata
Reliquia
del Patrono di
Calendasco
Pollice
della mano sinistra
Urna d'Argento
contente il
Corpo del Santo
Armadi con
ex-voto
nel Museo
presso il
Santuario
Fuori le Mura
a Noto
La Grotta nel
Santuario
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