STORIA DEI PORTATORI DEI CILII DI NOTO

  LEGGI pag. 2       LEGGI pag. 3

               foto Vincenzo Coffa

 

Associazione Portatori dei Cilii Fedeli a San Corrado

    Le origini dei Cilii                              

 

Quando parliamo di Cilii, ci viene subito in mente San Corrado, infatti questo connubio per noi netini è inscindibile.

Le processioni in onore di San Corrado si tenevano il 19 febbraio e la domenica successiva (l’ottava) già dal 1485,  poi dal 1515 si aggiunsero alle due date precedenti anche quelle del 28 agosto (in ricordo del 28 agosto 1515 giorno in cui il culto per il Santo era stato ufficialmente autorizzato dal Vescovo Giacomo Umana) e della domenica successiva (l’ottava). 

 

  

Non sappiamo con certezza l’origine dei Cilii, tuttavia c’è in noi la convinzione che la loro apparizione sia l’evoluzione degli “intorci grandi” voluti dal canonico netino Pietro Ansaldo nel 1620.

 Questi lasciò una cospicua rendita per abbellire la processione del 19 febbraio, festa veramenti  propria di la morti o antivita di San Corrado.

 L’Ansaldo non gradiva infatti che la processione di agosto avesse superato in solennità quella di febbraio. Decise pertanto che la rendita fosse da utilizzare soltanto per la festa di febbraio. Nel testamento il canonico diede disposizione che l’urna del santo durante le processioni doveva essere illuminata magnificamente con dodici “intorci grandi” portati dai devoti del santo, dall’uscita dell’urna dalla chiesa madre e per tutta la processione fino al suo rientro. All’origine erano previsti solo due “intorci grandi” che anno per anno venivano aumentati di due fino al raggiungimento di dodici unità, probabilmente come il numero degli apostoli.

 

                            

 

 Lo primo anno si comprino rotoli 40 di chira di la quali si ni facciano due intorchi grandi li quali li portino due devoti del Santo, quando la caxa nexi da la matrice chiesa collegiata, et all’hora si accendano solamenti, e non innanti, e quelli portino cossì accesi da quando nexirà la detta Caxa finchè ritorni alla detta Matrice chiesa, e ritirata detta Caxa si estinguano detti intorchi, e non si accendano più, ma si conservino per l’anno seguenti e nello detto anno seguenti di novo si facciano altri due intorchi, e li vecchi si renovino, e così lo secondo anno nexiano quattro intorchi accompagnando il Corpo del glorioso Santo, e ricolto in chiesa tutti 4 si estinguano, e si conservino, e lo terzo anno di novo si facciano altri due intorchi, e si facciano sei, et accompagnino il detto Santo del modo predicto, intanto chi ogni anno si facciano sempri dui intorchi e renovando li vecchi sintanto che arrivano alla somma di dudichi intorchi, si che per l’ultimo anno essendo dudichi, e conservandoli l’anno seguenti sempre restano dudichi ogni anno che accompagnano detto Santo dal peso predetto, e questo acciò che la Caxa e corpo del Santo sia accompagnato co’ luminaria e conformi all’usanza di nobili et honore di cità, li quali intorchi fatta la festa si conservino ed appendano nella cappella del detto glorioso Santo sotto chiavi.”

 

 

 Certo, non si parla espressamente  di Cilii, ma l’impressione è che a questa introduzione di “intorci grandi”, che dovevano illuminare l’arca argentea di San Corrado, si possa ricollegare alla nascita dei cilii. Non si accenna nel lascito dell’Ansaldo all’acquisto di  oggetti di latta atti a contenere questi “intorti grandi”per cui resta il dubbio se avviene una evoluzione di queste grosse cere o se si introduce successivamente l’odierno cilio che sappiamo, grazie al prof. Perricone, esistere anche in altri luoghi al di fuori  della stessa Sicilia, soprattutto nell’area spagnola. Nel seicento, come sappiamo, la Spagna regnava in Sicilia, è probabile perciò che i cilii fossero stati introdotti da costoro.

 

La nostra impressione è che sia più verosimile l’introduzione dalla Spagna di questi oggetti religiosi di natura tedoforica, tesi rafforzata dal fatto che sappiamo per certo dell’esistenza in Sicilia dei cilii uguali a quelli di San Corrado ed altri simili. Ne abbiamo qualche esempio a Palazzolo Acreide, ad Ispica, ma anche a Siracusa, a Racalbuto, a Monreale, a Trapani. In questi luoghi tuttavia sono presenti in numero esiguo nelle processioni, a differenza di quelli di Noto che raggiungono  le duecento unità.

Non di meno va ricordato che i portatori dei cilii al termine della processione fanno la “danza” dei cilii, una forma di ringraziamento tipica delle manifestazioni spagnole.

Certamente non esistevano prima del 1620, come si apprende da un opuscolo scritto dal teologo  fra Gerolamo Lanza: “ Breve relazione delle feste di San Corrado protettore della città di Noto, fatte l’ultime d’Agosto dell’Anno 1620” , in cui il frate descrive in maniera dettagliata lo svolgimento della processione.

 

 

 

 S’ordinò dunque la Processione con tal ordine, che prima dei religiosi andava la Compagnia dei Cavalli Leggieri, a capo scoperto, con torcie accese in mano, con tanta divotione che parevano ben regolati Religiosi; poi seguivano le Religioni (che erano in gran numero) con molta gravità, e modestia, essendo venuti molti Religiosi, di tutte Religioni, dalli Conventi delle Città, e Terre convicine (il numero de’ quali era incredibile).

(…) Doppo tutto il Clero (che è delli più devoti, ed onorati del Regno) con bella ordinanza nel lor proprio luogo, con torcie accese, li Dottori in Teologia, con le lor toghe, e tutto il Capitolo de’ Canonici, con le cappe di Cappella; in una ricchissima Bara era portato il Corpo del Santo; dietro al quale seguiva con molta reverenza il Signor Capitan d’Arme, Senato e tutta la Nobiltà (oltre l’infinita moltitudine della Gente) con torcie accese, quali entrati nel Tempio, al ritorno, che fece la processione, per lo gran splendore, e lume, pareva, che fra vive fiamme divampasse.

 

 

                 

 

 

   Il termine “cilii” in quanto tale viene menzionato nella descrizione della processione di San Corrado fatta da Giuseppe Pitrè in “Feste Patronali in Sicilia” del 1900.  

 

 

 

Nel giorno della vigilia gli eremiti di S. Corrado, esercitando un antico loro privilegio, portano a spalla questa cassa dalla cappella del Santo all’altare maggiore, sul quale l’alzano con uno speciale congegno…Al domani,  qualche ora prima un tamburino percorre le vie più battute della città chiamando a raccolta i devoti che dovranno portare cilii. All’invito vengono essi fuori reggendo ciascuno una grossa e lunga asta, sulla quale è impiantato un gran cero, avente alla base una coppa di latta frastagliata o disegnata a vari colori. Sono costoro dei giovani aitanti e forti, i quali o per proprio conto, il che è raro, o per conto altrui, cioè per conto  di loro padroni o di possidenti, si recano a prender parte allo accompagnamento dell’urna. E poiché il cero è pesante, per alleggerirlo portano ad armacollo, come si è visto per la festa di Monreale ( ma qui con larghi nastri colorati cadenti sulle spalle), candite tovaglie. Fermiamoci innanzi al palazzo del Comune. Ecco sfilare, precedute ciascuna da tamburino e da stendardo, la confraternita di S. Antonio Abate composta di artigiani e mestieranti; quella de ‘ Cappuccinelli, di contadini; di S. Caterina, di muratori; delle Anime Sante, di calzolai. Ecco il Capitolo del Duomo, che una volta si accompagnava anche con quello del Crocifisso. Ed ecco, in mezzo a due file di cilii accesi l’urna benedetta , innanzi alla quale si inginocchiano riverenti e supplicanti i devoti…La solita voce chiede imperiosamente :Nuticiani, chi siemu muti ?! E le solite voci rispondono fermamente: Viva San Currau!  

 

                                       

L’opera del canonico Pietro Ansaldo fu ben presto superata dal momento che il numero dei cilii non si fermò a dodici come programmato inizialmente, tanto meno fu rispettata l’imposizione di fare uscire i cilii solamente nella processione di febbraio, infatti l’inserimento dei cilii fu accolto con grande entusiasmo dalle famiglie nobili e da quelle possidenti ritenendo motivo d’orgoglio partecipare alle processioni di San Corrado con un loro cilio che spesso veniva portato da un loro familiare o molto spesso da un loro servitore. 

 

Ben presto inizia una vera e propria corsa ad avere un proprio cilio di rappresentanza, questo fenomeno contagerà anche il popolo che contribuirà enormemente alla crescita del numero dei cilii che già nel novecento raggiungerà le 150 unità.

Oggi la stragrande maggioranza dei cilii è di proprietà dello stesso portatore, sono pochi coloro che portano il cilio per conto di qualche famiglia nobile, fra questi ricordiamo  con piacere quello del principe Nicolaci di Villadorata che è stato affidato all’associazione “portatori dei Cilii” per portarlo in processione durante la festa del nostro santo Patrono. 

 

  I portatori dei cilii oggi sono associati e vestono un’unica divisa, non come prima che ognuno vestiva come meglio credeva, preferendo sottostare a delle regole che li rendessero più uniti verso un unico obiettivo, fedeli a San Corrado.

Salvatore Bertoli    

Segretario Portatori dei Cilii di Noto    

                                         visita il sito dei Portatori dei Cilii Fedeli a San Corrado di Noto


I Cilï di San Corrado

 


di SALVATORE GUASTELLA

«A Noto (Siracusa), la città adottiva del Santo eremita piacentino Corrado Confalonieri (1290 c. – 19.2.1351), segno caratteristico della sua festa è il cìlio, sorretto su una fascia a tracolla con nastri multicolori dal braccio poderoso in alto dal portatore, fiero della sua fede e devozione al Santo Patrono della città. Entrambi, cìlio e portatore, danno alla festa quel colore e tono che la rendono unica e tipica per quelle due ali colorate di ceri, alti più di due metri, che fanno corona all’Arca argentea del Santo, mentre risuona il grido fervente e appassionato: “Cu tuttu lu cori ciamamulu: evviva San Currau!” [Con tutto il cuore gridiamolo: viva S. Corrado!]» (Corrado Pantano).

Materiali del cìlio sono: un foglio di lamiera (cm 100x200, spessore 0.25) e un fusto in abete o altro legno leggero (spessore cm 28x28, lunghezza cm 180).

«Tra i simboli più conosciuti e amati dai netini un posto d’onore spetta senza dubbio ai cilï. La loro origine era un mistero. Ad uno studioso netino, mons. Salvatore Guastella, fortunato scopritore di tanti importanti documento, spetta il merito di aver trovato e pubblicato nel volume XIV-XV degli Atti e memorie dell’I.S.V.N.A. il testamento (e i codicilli) del can. Pietro Ansaldi che, finalmente, hanno fornito la chiave per risolvere il problema storico. Essendo molto devoto del Santo, l’Ansaldi volle che la festa del 19 febbraio venisse celebrata in maniera più solenne. A tal fine dispose che, durante le processioni invernali, l’Arca venisse illuminata da intorchi grandi (grandi torce) del peso di 20 rotoli di cera ciascuno: 2 il 1° anno, 4 il 2° anno, 6 il 3°, e così via per sei anni, raggiungendo così il numero di 12, che sarebbe rimasto definitivo. Essendo morto l’Ansaldi nel giugno 1635, le prime due intorchi grandi dovettero quindi fare la loro apparizione il 19 febbraio 1636, e nel 1641 venne completato il numero di 12 voluto dal fondatore.

 

             

Fu questo con ogni probabilità l’origine – originale e suggestiva – dei cilï di S. Corrado, anche se il termine tardò ad essere usato e la forma che oggi conosciamo venne raggiunta solo in seguito ad una lenta evoluzione funzionale. Ma nel corso dei decenni le cose andarono ben diversamente da come le aveva stabilite il fondatore: i cilï piacquero a nobili, ecclesiastici e notabili, e il loro numero si moltiplicò nel corso dei secoli, fino a superare i 100 agli inizi dell’Ottocento e diventare 150 alla fine di quel secolo. Ogni famiglia benestante volle infatti partecipare simbolicamente alle processioni (comprese ormai quelle estive) con un cilio portato da un uomo di loro fiducia. Poi, con la 2ª guerra mondiale, la crisi: il numero dei cilï si assottigliò progressivamente riducendosi, negli anni 80, a meno di 40. Ma la campagna di promozione intrapresa dalla “Pro Noto” cominciò ben presto a dare i suoi frutti: nell’agosto 1990 (cioè durante quel centenario della nascita di S. Corrado) ne furono contati oltre 50 e nell’agosto 1996 si sono sfiorate le 100 unità, oltre i c. d. “cilï dei bambini” che si sono affermati negli ultimi decenni e stanno proliferando rapidamente» (Francesco Balsamo).

La luminaria dei cilï ha quindi avuto una felice evoluzione che ha generato quel folklore religioso rituale che si ripete ormai da secoli. I cilï costituiscono la più interessante e caratteristica espressione popolare delle processioni di San Corrado!

"E’ bella questa unione con gli amici devoti netini: è esemplare per tutti quelli della nostra terra!» (Umberto Battini).

Salvatore Guastella


                                            

Gli artigiani dei cilii

di Salvatore Bertoli

Non sappiamo se l’introduzione avvenuta nel seicento di quegli “intorti grandi” voluta dal canonico netino Pietro Ansaldo per illuminare l’arca argentea di San Corrado corrispondesse ai nostri odierni cilii, tuttavia segna una data d’inizio molto importante a cui tutti noi facciamo riferimento.

Agli inizi probabilmente la forma del cilio doveva essere molto semplice, doveva cioè svolgere il compito di proteggere il cero acceso.

Riteniamo che per illuminare l’arca argentea di San Corrado il cilio doveva necessariamente avere la stessa dimensione attuale, formato cioè da un lungo fusto di circa due metri, scanalato per una migliore presa sormontato da una coppa di latta che racchiude all’interno un enorme cero. Questa coppa è formata da otto lati dipinti con immagini floreali o con altre dove sono raffigurati il santo, l’urna o il luogo in cui visse.

La tecnica di esecuzione ha subito nel tempo notevoli modifiche, infatti ancora oggi possiamo trovare cilii molto antichi risalenti alla fine dell’ottocento ed i primi del novecento, lavorati con la tecnica ad incastro. Questa tecnica consiste nell’unire le varie facce del cilio incastrando i bordi con uno speciale attrezzo chiamato piega lamiera.

Gli antichi maestri lattonieri di cui abbiamo memoria lavoravano con maestria la lamiera realizzando delle vere e proprie opere d’arte, ricordiamo ancora oggi i nomi dei fratelli Di Maria, del maestro Azzaro, ma soprattutto quello del maestro Formica che operava nella sua bottega di via Salvatore La Rosa.

Oggi la tecnica è cambiata notevolmente, si predilige la saldatura, una tecnica più semplice e sbrigativa ma che perde in estetica. Le particolari lavorazioni che si facevano un tempo sono del tutto scomparse, così come sono scomparsi i grandi maestri.

Sono in molti oggi coloro che si cimentano a realizzare i cilii, purtroppo lo fanno esclusivamente a livello amatoriale, tuttavia sono pochi quelli degni di menzione, in particolare ricordiamo: Corrado Lupo, Concetto Nastasi, ma soprattutto Franco Nastasi, per tutti conosciuto come “Cicciu u gommista” e Salvatore Bertoli, quest’ultimo fra l’altro è anche l’ideatore del logo dei portatori dei cilii; Franco Nastasi molto bravo nella realizzazione del cilio nella sua forma grezza, basti pensare che è stato un po’ il maestro di tutti coloro che ai giorni nostri si cimentano in quest’arte, Bertoli invece si distingue in quella pittorica con tecniche innovative e sempre con lavori unici, a differenza degli altri che fanno copia conforme di altri modelli esistenti.

Salvatore Bertoli

Già Segretario della Associazione dei portatori di Cilii Fedeli a San Corrado - Noto

              Portatore di Cilio di Noto con la divisa estiva e la tradizionale fascia


                                    

Una vera "armata" di devoti netini

Con il paziente lavoro di tutto un intero anno


I Portatori dei Cilii - Fedeli a San Corrado nella rinata Associazione nel 6 giugno del 2005 con instancabile lavoro perseguono la preparazione, la decorazione ed il restauro, dei maestosissimi Cilii che accompagnano nelle due Solenni Processioni al Patrono l'Arca con il venerato corpo.
E' un prezioso lavoro che ha tutta una storia culturale e di culto molto antica. Potete leggere nei testi già pubblicati la storia di questi grandi Cilii, senza dimenticarci della devozione espressa da tutte le Confratenite di Noto, tra le quali importantissima è anche quella dei Portatori di San Corrado ai quali spetta il "trasporto" della vara con l'Arca argentea nelle Processioni Patronali scortata dai grandi Cilii.
Per noi devoti lontani dalla Ingegnosa Città di Noto, tutto questo ci riempe il cuore di un grande rispetto e di maggiore devozione verso San Corrado che è amatissimo e con orgoglio onorato con lode magnanima proprio nella città sua di adozione: Noto.

                                                  

             


  Cerimonia di inaugurazione dell'apertura della Cattedrale
L'amore dei devoti
di Noto

il CILIO votivo a San Corrado

Le fotografie che vedete sono state tratte dal bellissimo libro della rinata Fondazione nel giugno 2005 della Associazione Portatori dei Cilii - Fedeli a San Corrado.

Le pubblichiamo autorizzati, esse sono una vivissima testimonianza dei modi e delle forme secolari che i fedeli devoti di Noto hanno espresso verso il nostro Comune Patrono.
Sono un esempio molto forte di attaccamento alle radici fondanti di una popolazione che rende onore e lode alle virtù eroiche sempre attuali del venerato Corrado Santo pellegrino ed eremita.

 
  

  9 agosto 2009 i preparativi per la Discesa dell'Arca         Portatori dei Cilii con il Gonfalone 

 
 

VEDI PAG. 2

HOME PAGE       top