Affresco Portico Romitorio in Calendasco del M° Bruno Grassi, Madonna del Gorgolare

 

 

 
GORGOLARE


     Tra gli storici insigni  del TOR francescano che ebbero a registrare del piccolo eremo piacentino senz’altro va ricordato p. Raniero Luconi che nel 1935 scrive: “Sempre al principio del trecento esisteva a Piacenza, in un luogo detto Gorgolare, una comunità di eremiti sotto l’obbedienza di Frate Aristide, il quale, l’anno 1315, dette l’abito della Penitenza a Corrado Confalonieri da Piacenza, predicendogli che sarebbe divenuto un grande santo”. Sempre il p. Luconi nei “Comitia Generalia”, sui conventi soppressi del TOR scrive: “22. Gorgolare? – Eremitorio nel piacentino del 1300. Qui nel 1315 S. Corrado Confalonieri prese l’abito di penitenza da Frate Aristide; pur lasciando sospesa l’ipotesi circa il nome del ‘gorgolare’ si dà già la certezza di questo ‘eremitorio del piacentino’. Ancora p. Luconi, descrivendo le comunità penitenti ci lascia questa importante memoria: “Eccone una a Calendasco, presso Piacenza, posta sotto obbedienza di Frate Aristide”.     Un volume edito a Roma a cura della Curia Generalizia dell’Ordine per mano di p. Raffaele Pazzelli TOR riporta queste importanti notizie: “Il terzo luogo di cui ci è stata tramandata memoria è il Convento-eremitaggio di Calendasco presso Piacenza. Sin dal 1280-1290 esisteva qui una Comunità di eremiti, sotto l’obbedienza di Frate Aristide, lo stesso che nel 1290 venne a Montefalco a trovare la Beata Chiara ed in tale occasione ricevè la donazione dei Sig. Bennati di cui si è detto. Dopo la costruzione di quel Convento lasciò a Montefalco alcuni suoi Frati e ritornò a reggere la sua Comunità nel Piacentino”.  

  Notevole lo studio di p. Giovanni Parisi TOR (divenuto Ministro Generale dell’Ordine e di chiara fama), nel suo libro “San Corrado Confalonieri Patrono di Noto” al capitolo VI – Tra i figli del poverello d’Assisi, leggiamo: “A non molta distanza dalla città di Piacenza, nel luogo ove sorge l’attuale Calendasco, grazioso e pittoresco paesino di circa quattromila anime, che occhieggia in una vasta e verdeggiante pianura, molti anni prima dei fatti del nostro Corrado era in gran fama un convento-eremitaggio di Terziari Regolari di S. Francesco, dove, appartate dal mondo, tra la preghiera, la penitenza e il lavoro manuale, anime generose e assetate di cristiana perfezione vivevano nell’esercizio delle più eroiche virtù” e quindi prosegue con questa descrizione: “... siamo d’avviso che il romitorio detto del Gorgolare veniva a trovarsi proprio all’inizio dell’attuale Calendasco. Entrando infatti per la via principale nell’abitato vi si scorge a sinistra ‘una casa antichissima la quale, per quanto rimaneggiata, ritiene ancora caratteristiche sia di antichità che di un convento romitorio’. Il fatiscente edificio mostra ancora un largo ingresso con un portone, protetto fino a poco tempo fa da piccola tettoia, com’era appunto in uso presso gli antichi romitori francescani. Il pozzo, la cantina, le scale ci dicono chiaramente nei loro avanzi che si tratta di un vero e proprio romitorio.”  
  Il Parisi si mostra conoscitore profondo della storia francescana e della architettura in uso proprio nel piccoli romitori e dalla descrizione che ha modo di fare, si deduce che visitò di persona l’eremo di Calendasco, oltre al contatto epistolare mantenuto con l’arciprete d’allora don Federico Peratici, così come risulta dalla citazione dello stesso Parisi e sempre lo stesso si mostra storicamente ben sapiente, prosegue scrivendo: “Un indizio che la chiesa apparteneva ai Frati del Terz’Ordine Regolare si ha anche dal fatto che sul prospetto, in una piccola nicchia, vi è un dipinto, ricolorito certamente su altro più antico, di S. Carlo Borromeo (1538-1584), fin da principio assai venerato nel Terz’Ordine Regolare per esserne stato Cardinal Protettore. Di romitori come quello del Gorgolare i Terziari francescani in quei tempi ne avevano molti in Italia”..  

 

   Altre notizie storiche ci vengono da questo ottimo lavoro: “Ora una di queste fiorenti comunità eremitiche era appunto quella del Gorgolare, nella diocesi di Piacenza, e più precisamente, come abbiamo veduto, in Calendasco, la cui esistenza si può storicamente far risalire al 1280-1290. Era a capo di esse, in tale periodo, un certo Fra Aristide, al quale qualche documento dell’epoca dà il titolo di Beato... Troviamo infatti il suo nome legato a un importante fatto storico: la fondazione del convento di S. Rocco nella cittadina di Montefalco, nell’Umbria... Da questo episodio storicamente assodato, si deduce ed evidenzia che la comunità religiosa del Gorgolare, a cui apparteneva e che dirigeva Fra Aristide e alla quale avrà fatto senza dubbio ritorno dopo la fondazione del convento di S. Rocco, esisteva prima ancora del 1290, nel quale anno, come abbiamo già detto, egli si recò a Montefalco chiamatovi da S. Chiara.
 E che frate Aristide  sia stato in contatto con i Penitenti Terziari delle Marche e dell’Umbria è reso chiaro dal Capitolo dei Penitenti che si tenne a Piacenza nel 1280, ove per appunto parteciparono frati di tutto il nord Italia, fino a quelli di Marche ed Umbria, e tutto questo è possibile conoscerlo proprio grazie agli Atti rimasti in originale dell’importante Capitolo di Piacenza.  

  Sulla antichità del culto al Patrono Corrado in Calendasco scrive infatti il Parisi “La devozione infatti a S. Corrado in Calendasco, e un pò anche nelle borgate vicine, è profondamente radicata e anche antichissima. Nel 1617, a cura del Conte Zanardi-Landi, discendente della famiglia Confalonieri, venne fondato nella chiesa parrocchiale del paese, che si vede adorna di non poche pitture del Santo, un legato di S. Corrado, e prima ancora di tale data lo stesso Conte vi aveva fatto costruire in suo onore una cappella e un altare, cose queste che non spiegano ma confermano l’antichità del culto. Tutto questo ci porta naturalmente a pensare che assai grande dovette essere la fama di santità sollevata in Calendasco e nei dintorni dal nostro Corrado e per conseguenza anche molto lunga la sua permanenza in quel devoto romitorio francescano”.  
  Nei suoi rapporti con l’arciprete di Calendasco don Federico Peratici, il Parisi aveva appreso che nell’Archivio della stessa parrocchia si conservavano i Registri secolari della Compagnia di San Corrado - cioè da ben quattro secoli - e che nella stessa chiesa erano alcuni affreschi in cui era rappresentata la comunità Terziaria del borgo senza scordare delle tre grandi e bellissime tele seicentesche a soggetto francescano: S. Francesco che riceve le stimmate, S. Antonio da Padova e S. Corrado Confalonieri.  
  Riferisce sempre il Parisi che “Di romitori come quello del Gorgolare i Terziari francescani in quei tempi ne avevano molti in Italia, e ciò per il fatto che prima che il Terz’Ordine Regolare venisse da Papa Nicolò V, colla sua nota Bolla Pastoralis officii del 20 luglio 1447, unificato sotto la dipendenza d’un proprio Ministro o Visitatore Generale, numerosi Penitenti, come allora comunemente si dicevano quelli che abbracciavano la Regola francescana del Terz’Ordine Secolare, spinti dal desiderio di più alta perfezione si ritiravano in luoghi appartati per condurvi vita solitaria o si riunivano in piccoli gruppi sotto la direzione d’un superiore locale, da loro stessi scelto, oppure si dedicavano, con ammirabile spirito di cristiana carità, al servizio degli infermi poveri e pellegrini presso qualche pubblico ospedale od ospitio”.  
 E’ d’obbligo fare alcune precisazioni su p. Giovanni Parisi: ex carabiniere, lasciata la divisa farà la professione religiosa, vestendo il saio nel 1922, mentre l’ordinazione sacerdotale avverrà nel 1925; intanto si laurea alla Pontificia Università “Angelicum” in filosofia, teologia e Diritto Canonico; dal 1936 al 1947 è Ministro Generale del Terzo Ordine Regolare di San Francesco con sede nel Convento dei Ss. Cosma e Damiano in Roma;  per le Edizioni Poliglotta Vaticana pubblica un rarissimo e antico cerimoniale del 1691, il “Cerimoniale ac Rituale ecclesiasticum Tertii Ordinis Regularis S. Francisci”; l’amore per la cultura lo fece incontrare con il prof. Pericle Perali, archivista vaticano e studioso di fama; tanti e numerosi i suoi apprezzati studi storici, padre Giovanni Parisi a proposito di S. Corrado fu buon ricercatore e studioso, come sappiamo dal bel volumetto che dedicò al santo, non si accontentò di scrivere basandosi su quello che era già stato pubblicato, ma si informò, volle appurare, chiese conferme, sicuramente la sua pubblicazione del 1961 ha il merito grande di portare alla luce notevoli informazioni che però non tutti gli studiosi hanno accolto o capito, informazioni storiche che anche ai nostri giorni sono state utili per approfondire gli studi corradiani.   

 Scrive l’Andreozzi: “Il Wadding (1588-1657), autore – insieme a molti colleghi – degli Annales Minorum, opera colossale di 23 grandi volumi, dedica ben 15 pagine alla storia di San Corrado, riconosce l’esistenza di Gorgolare e l’ingresso di Corrado nel Terzo Ordine di San Francesco, nel quale Ordine rimase andando in Sicilia, dove, dopo tanto tempo, è ancora straordinariamente venerato”. Ed altro grande storico francescano fu “Francesco Bordoni, Ministro Generale dell’Ordine, nato a Parma nel 1595 ed ivi deceduto nel 1671, nella Historia Tertii Ordinis, parla di San Corrado e dice che entrò nell’Ordine a Gorgolare, in diocesi di Piacenza nel 1315. Nell’ampia storia manoscritta del 1660, il Bordoni dedica ben 16 pagine a San Corrado piacentino, scrivendo fra l’altro ‘se n’andò a Gorgolaro loco sul Piacentino remoto dalle genti, dove era un Romitorio...’”.

Lo storico Bordoni scrisse due Cronologi del Terzo Ordine, uno in lingua volgare ed uno in latino in cui si legge: “22 Gorgolarii conventus in diocesi Placentinam in quo Fratres, orationibus, ieiuniis, et afflictionibus Deo serviebant, a quorum maiore aliorum superiore, qui nuncupatur F. Aristides Conradus  Placentinus sanctus disciplinis regularibus imbutus habitum ordinis devote recepit anno 1315 qui Conradi aliis Fratribus futuram sanctitatem praedixit, ut refert D. Campus in vita S. Corradi Placentiae impressa vulgari idiomate ab eo composita 1614 fol 25 qui subiungit huis loci, et conventus ne vestigium quidem esse notum alicui, et praedicta recepit ex Vincento Litara lib. 3 Corradinae”.    

  Già degnamente nel 2000 e 2001 comunque si erano occupati del fatto del ‘Gorgolare’ in due diversi Convegni di Studio dedicati a San Corrado Confalonieri, lo storico di Roma del TOR francescano ed ex-Postulatore dello stesso Ordine Gabriele Andreozzi e lo storico piacentino Gianni Battini. Anche in quella occasione fu messo a segno il fatto relativo alla certa identificazione dell’eremo di Calendasco con quello che il sacerdote di Noto Girolamo Pugliese nel suo poema dedicato al santo piacentino chiamava ‘del Gorgolare’.
 

VITA OSPEDALIERA

 

Testo di p. Raffaele Pazzelli TOR

Estratto dal volume IL TERZ’ORDINE REGOLARE DI S. FRANCESCO ATTRAVERSO I SECOLI

di Raffaele Pazzelli

Curia Generalizia dell’Ordine, Roma 1958

Alle pagine 73-74

 

L’altra via che cooperò alla diffusione della Vita comune, ed in seguito della vita regolare e religiosa propriamente detta fra i Terziari, fu la loro tendenza a dedicarsi ad opere collettive a scopo umanitario e caritativo.  Molte Confraternite di Terziari Secolari fondarono sin da principio dei sodalizi di soccorso per i bisognosi; altri, spinti dall’amore verso gli infermi, si raccolsero negli ospedali ove esercitavano l’apostolato della carità, e menavano vita comune.

Anche in questa forma di vita i Terziari seguirono una caratteristica tanto nota e tanto cara di S. Francesco: il suo amore per i poveri ed i malati del Buon Dio. Quando s’iniziò il dramma stupendo della conversione, la carità, verso i fratelli fu l’alba di Dio nella coscienza di Francesco. L’episodio del lebbroso incontrato tra Assisi e S. Maria degli Angeli segnava la piena vittoria su sé stesso ed il decisivo avviarsi sulla strada del Signore. « Ogni qualvolta d’ora in poi, — dice lo Joergensen —e saranno innumerevoli volte, che S. Francesco abbraccerà, bacerà. questi o altri infermi, non sarà, più elemosina, non sarà, più servizio il suo, sarà, amore ». L’ese1npio del Maestro non rimase sterile; e la storia ci dice che l’amore commovente di Francesco per i poveri ed i malati divenne una delle più fulgide caratteristiche dei suoi figli. Anche dei Terziari.

Attraverso l’operosità, caritativa, che fu la pratica attuazione di quell’amore, l’adattamento di una parte del Terz’Ordine alla vita comune, o meglio, la diffusione della vita comune nel Terz’Ordine fu una conclusione logica del suo sviluppo normale. «Infatti — scrive il P. Fredegando da Anversa — a misura che crescevano la vita spirituale e l’operosità pubblica dei Terziari aumentava anche il loro attaccamento reciproco e si moltiplicavano le loro adunanze... In molti luoghi essi aprirono degli ospedali e degli ospizi per i poveri e pellegrini, dove necessariamente alcuni fratelli dovevano prendere dimora».

Si comprende benissimo che la vita simultanea di più Terziari nello stesso luogo, esercitanti le stesse opere di carità, fu uno stimolo alla vita comune ed un mezzo potente di orientare l’Ordine allo stato regolare. Dato che vivevano insieme, era naturale che si unissero per le pratiche di pietà prescritte dalla Regola, che insieme prendessero i pasti, che eleggessero uno di loro a Ministro per dirigere il servizio degli ammalati e cosi via.

« Si vede dunque — osserva ancora il P. Fredegando da Anversa — che tanto il loro spirito e le loro pratiche di devozione, quanto le loro opere di carità e le circostanze esterne favorirono l’orientazione delle confraternite Terziarie verso quella forma di vita puramente evangelica che è la vita comune »

Mentre assistevano gli infermi ed i poveri, tendevano ad una perfezione più elevata e più propriamente religiosa di quella dei comuni Terziari viventi nelle loro famiglie. Tutto vi cooperava: lo spirito di organizzazione, proprio del tempo, che li animava e li guidava; l’astenersi  — da parte di alcuni di essi — dal matrimonio; l’abitare insieme; l’osservare il regolamento della casa; l’obbedire al Ministro; il depositare nella cassa comune una parte del loro salario.

 p. Raffaele Pazzelli TOR


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