54 E
ne sono stati pubblicati gli atti (Noto 1992).
55 Come
ha dimostrato ROTOLO, Vita
Beati Corradi;
dove si veda pure la bibliografia, pp. XIXVII,
alla
quale si aggiunga la voce Corrado
Confalonieri, in
A. CATTABIANI, Santi
d’Italia. Vite leggende
iconografia feste patronati culti,Milano,
Rizzoli, 1999 (nuova ed. riveduta e aggiornata), vol. I,
A-G;
la voce, divulgativa, contiene pero` le sviste tradizionali,
cominciando dall’abbaglio sul nome
del confessore, Eugenio Guidi, errore di lettura del ms.,
creduto autore della Vita,
ed altre ancora.
Si veda poi la voce di S. DICHTFIELD, in Il
grande dizionario dei Santi. Dizionario enciclopedico, diretto
da C. LEONARDI, A. RICCARDI, G. ZARRI, Cinisello Balsamo,
Paoline, 1998; ma nella bibliografia,
che giunge al ’95, e` omessa l’ed. critica del Rotolo.
Taccio della superata ed errata voce della
Bibliotheca Sanctorum,
aggiunta invece nella Biblioteca
Agiografica Italiana (BAI). Repertorio di testi
e manoscritti, secoli XIII-XV,
a cura di J. DALARUN - L. LEONARDI et
alii, Firenze,
Edizioni del Galluzzo,
2003,
pp. 176-177. Cito dall’ed. Rotolo, indicando numerazione
delle righe, conservandone
grafia,
ma non sempre la punteggiatura; eventuali interventi saranno
segnalati. Un’osservazione: i
vari editori si sono legati in modo troppo devozionale al ms.,
trascrivendo il testo seguendone le
righe,
quasi feticisticamente; forse sarebbe piu` semplice per lo
studioso e per ogni lettore avere
una
commatizzazione, in modo che si possano fare i rimandi ai
capitoli ed ai versetti, come un
uso secolare – modello e` il libro sacro per eccellenza –
ormai ci ha insegnato.
56 ROTOLO,
Vita Beati Corradi,
p. 10.
57 Nelle
sue due edizioni critiche, sopra citate.
58 CRACCO,
Per la storia
religiosa della Sicilia,
pp. 134-136.
59 chi:
qui e altrove la grafia ch
indica la
palatale, mentre per la sorda spesso si trova k;
si
tenga presente, pero` , che la regola non e` costante.
60 ROTOLO,
Vita Beati Corradi,
p. 4.
61 Il
copista ringraziando Dio, quasi in un colophon,
aggiunge: «Anno Domini incarnacionis
Millo
CCCºL’ quando recessit ab hac vita»: il valore da dare a quando
lascia perplessi,
poiche´
comincia
una temporale e viene a mancare la principale. Se si intuisce
facilmente che il soggetto
e` Corrado,
non si sa poi che cosa accadde quando
recessit. Un
dubbio: se invece di quando
ci fosse
stato scritto nell’originale Currado?
(Non mi disturba la commistione di latino e volgare). Si veda
la nota di Rotolo, che dice che Curti legge quo,
B (una copia ms. recenziore) legge qui,
A (il ms. e
con
questo il Rotolo) quando.
E` evidente che si ha un’abbreviazione. Del resto, il millo
deve quasi
certamente avere il segno abbreviativo per millesimo,
poiche´ non parrebbe accettabile tale metaplasma.
Si aggiunga a proposito di tempo, alle osservazioni di ROTOLO,
Vita Beati Corradi,
p. 135,
nota, che la nostra Vita
scorre senza
indicazioni temporali, se non generiche, secondo il tipo
evangelico
e
liturgico; in illo
tempore, infatti,
e` l’incipit quotidiano
nel Vangelo della messa. Se poi si
guardano i Fontes
Franciscani, mi
pare che lo scorrere del tempo sia quasi sempre vago.
62 «Et
lu beatu Corradu rispusi e dissi» (r. 82): nella dittologia
scorgo il calco di respondit
dicens
del latino
(biblico), ma potrebbe essere dell’autore, denotando cosı`
familiarita` dello scrittore
con i moduli linguistici dotti.
63 Accenna
alle ortiche di Benedetto CRACCO, Per
la storia religiosa della Sicilia,
p. 135, con
la
conclusione: «La Vita
del beato Corrado
e` piu` vicina alla Vita
di Antonio che ai Dialoghi
di
Gregorio
Magno». La tentazione riguarda le primizie, non tanto i
fichi, che per i padri del deserto,
e
per Ilarione in particolare, erano l’unico cibo («herbarum
succo et paucis caricis», HIERONYMI,
Vita
Hilarionis, 3.5).
Il testo dice: «... primeri ficu... cussı` maturi»,
ROTOLO, Vita Beati
Corradi,
p. 142. «Primizie sono le cose primaticcie, le quali per la
sua novita` piu` piaceno»: cosı` il
BUTI
(voce primaticcio,
in S. BATTAGLIA, Grande
Dizionario della lingua italiana (GDLI),
Torino,
UTET, 1961-2002; ivi pure fico
primaticcio e poi ficofiore).
64 HIERONYMI,
Vita Hilarionis,
mette in evidenza nell’incidentale: «Hilarion ortus vico
Thabata
[...]
cum haberet parentes idolis deditos, rosa, ut dicitur, de
spinis floruit» (2.1).
65 Francesco
ai suoi frati mostra una borsa con danaro, da cui esce un
serpente (Vita
secunda.
Cap.
XXXVIII. De pecunia versa in colubrum,
in Fontes
Franciscani, pp.
506-507).
66 Non
si deve dimenticare che il vino e` materia del sacrificio
eucaristico, con il pane; i pesci,
di
cui si trova anche accenno, sono uno dei due elementi della
moltiplicazione miracolosa di Cristo.
67 Non
sono riuscito ad individuare questo ‘formaggio rosso’, pur
avendo consultato glossari
e
dizionari, compresa la PL in Cd-rom. Isidoro non dice quasi
nulla sul formaggio: «Caseum
vocari
quod careat serum, quasi careum; nam serum ei nomen omne
deducitur ut ponderibus
arguatur»
(Etym.
XX ii 33; cito da Etimologie
o Origini di Isidoro di Siviglia,
a cura di A. VALASTRO
CANALE,
Torino, UTET, 2004; testo del LINDSAY, Oxford, 1911, con
revisioni); di rosseggiante
conosce
solo il pane: «Rubidus, recoctus et rubefactus» (Etym.
XX ii 15). Papia scrive:
«Caseus
dictus quod caret sero; vulgo formaticum» (PAPIAS Vocabulista,
Impressum Venetiis
per
Philippum de Pincis Mantuanum, Anno Domini Mccccxcyi. Die. xix.
Aprilis; anast. Torino,
Bottega d’Erasmo, 1966); Uguccione da Pisa ripete Isidoro (UGUCCIONE
DA PISA, Derivationes,
ed. critica princeps a cura di E. CECCHIN et
alii, Firenze,
SISMEL, 2004). Accenni generici al
tempo di maturazione e al tipo di formaggio, ma non al colore,
ho trovato nel Libreto
de lo Excellentissimo
physico MAISTRO MICHELE SAVONAROLA, De tutte le cose che se
manzano comunamente,
in
Venetia, per Bernardino Benalio Bergomense, a.D.
1515, a
dı` 16 Luio, cc. 42v-43r
(ed.
fototipica, Padova, Studio Editoriale Programma, 1991); il
Savonarola, vissuto dal 1384
ca.
al 1468, e` avo del piu` famoso Girolamo, il frate domenicano.
Non accenna a problemi di colore
del
latte la PANTHALEONIS DE CONFLENTIA Summa Lacticiniorum (manca
l’indicazione di
stampa nella copia conservata a Torino, Biblioteca Nazionale,
Ris. 47.30; ma: «Impressum Lugduni,
per
Antonium Blanchard, 1525 die vii Januarii»).
68 La
voce qui conserva il significato etimologico arabo, per
metonimia (il contenuto per il
contenitore).
In BATTAGLIA, GDLI,
voce cassata,
non ci sono esempi di questo tipo, se non quello
moderno
di dolce.
69 «Vile
e` l’orzo tra tutte l’altre biade» scrive GUIDO DA PISA
(s. v. orzo,
in GDLI); e si veda
la
frase, alla voce zotico,
di GIOVANNI DOMINICI: «Colui che colla sola parola pacifico`
il tempestoso mare, ... colla sua santissima mano benedica
questo zotico pane d’orzo»; «Il pan adoncha
de lui facto non e` bon como e` quel del formento. Ma
antiquamente, che la natura humana molto
era piu` forte, lo usavano. Li mortali hora hano i stomachi
tropo delicati»: cosı` si legge a c. 5r,
capitoletto
De l’orzo,
in SAVONAROLA,
Libreto, cit.
Ricordo che i pani moltiplicati da Cristo in
Io 6, 9 erano: «quinque
panes hordiacios»!
70 Queste
coltivazioni sembrano fare da contrapasso alla devastazione
dell’incendio, causa
della
conversione: «lu focu [...] arsi multi arbori et campi et
vigni et jardini» (rr. 20-21).
71 La
parola, che richiama comunque gli antichi eremiti, significa
soltanto ‘luogo solitario’;
nel
nostro Medio Evo, spesso la selva
sostituisce l’eremitorio.
72 Termine
con cui tutt’oggi si indicano le coltivazioni di frutta.
73 «...
bellissima palma... fonte d’acqua viva, e chiarissima»: cosı`
il CAVALCA, Cinque
vite di
eremiti,
p. 87.
74 Cito
da La vita et la
morti di lu beatu Honofriu, Testo in volgare siciliano del
sec. XV, a
cura
di L. LORENZINI, Messina-Soveria Monnelli, Rubettino Editore,
1953: Panunzio trova
un luogo ricco di alberi, che «eranu palmi, czincziparu, rosi
et unu pocu di vigna, menduli,
chitri
et altri arbori, li quali tutti eranu carricati di frutti, et
lu loru sapuri era piu` dulchi di
me` li. Et l’acqua di la fontana curria et abivirava tutti
li preditti arbori, in li quali, havendu
plachiri, mi cridia essiri in lu paradisu di Deu» (p. 67; e
cfr. la mia recensione, che riporta
la
lezione di vari testi in latino, in «Studi e problemi di
critica testuale», LII, 1996,
pp. 181-189). Questo volgarizzamento si puo` accostare alla
vita di Corrado, perche´ indice
di diffusione di testi eremitici.
75 Mi
sembra sia scontato
pensare che il lettore di altri testi eremitici potra` trovare
altri riferimenti;
cio`
conferma la natura stessa di queste vite.
76 HIERONYMI,
Vita Hilarionis,
21. 2-7.
77 Se
il testo e` corretto, si osservi che qui si dice Vallo
di Noto, mentre al
r. 110 tutta la
valli
di
Nothu.
78 Si
noti la grafia qui costante ki...
chi, una gutturale
e l’altra palatale. L’ultima frase e` memoria
di Ps
21, 17: «Circumdederunt
me canes multi»?
79 Anche
oggi, settembre 2006, ci rendiamo conto della realta` di
quest’affermazione per i
profughi
che talora sbarcano proprio nella zona.
80 HIERONYMI,
Vita Hilarionis,
20. 2: «Concurrebant episcopi».
81 A
monte c’e` TOMMASO DA
CELANO, Vita
secunda. Cap. XLVIII.78-79:
De membro caponis
apud
Alexandriam verso in piscem.
La popolarita` dell’exemplum
era ancora vivo in
Sicilia verso il
1950,
come ho sentito dagli anziani; protagonista, pero` , era san
Francesco di Paola, a cui si voleva
dare
in cibo un pollo (si ricordi che i Minimi non mangiavano
carne), ma egli fece vedere le lische
del
pesce che, previdente, aveva conservate. Faccio notare, per la
narrazione, che i giovani mettono
in
risalto il giorno, quando invitano Corrado: «O patri, vuliti
viniri hogi a consolacioni, ka
esti lu venniri, a consolacioni per lu amuri di Deu a maniari
cum nui?» (rr. 393-394). L’inganno e`
sfacciatamente presentato per amor di Dio (BATTAGLIA, GDLI,
voce consolazione:
«fare consolazione
» del Cavalca e` spiegato: ‘partecipare alla stessa
mensa’).
82 ROTOLO,
Vita Beati Corradi,
p. 158, nota al r. 440, scrive: «dubitu:
voce popolare, ma piu`
comunemente:
dubbiu».
Invero la frase: «Viniti jza` , frati mey, non aiati dubitu»
detta da Corrado,
vuol
dire ‘non temete’, dal prov. dobtar
<>
‘dottare‘ (ant. ital.); la voce e` pertanto sinonimo
di dottanza,
che nell’OVI ha come primo significato ‘timore’, con
attestazioni che partono
da
Giacomo da Lentini attraversano l’Italia, con tanti esempi,
fra i quali: «Accurso di Cremona,
1321/37
(mess.), L. 9, cap. 13, vol. 2, pag. 231.29: O pacha fidi di
jurari per infelici
duttanza di morti! Ma tu, smisurata dulciza di ritiniri lu
spiritu, aduci quisti cutal fururi, certu
contrastandu a lu modu di la rasuni, la quali cummandau amari
la vita et non timiri la morti».
Stesso
discorso vale per p. 161, dove si trova identica espressione.
83 ROTOLO,
Vita Beati Corradi,
p. 159: «... dissi la iusticia: ‘‘Di veritati»,
spiegando in nota
«e`
una forma di giuramento»; credo migliore l’imperativo:
‘... dissero i giudici: dicci la verita` ... e
Corrado
disse la verita` ’. Si osservi la grafia iustica
e justica
(rr. 458-459); se
non e` errore di
stampa,
dato che si legge anche iusticia,
potrebbe trattarsi di un relitto grafico, conservato dal
copista;
non si dimentichi pero` che ci troviamo in area laterale e non
si puo` per questo dare
una datazione troppo remota.
84 Si
noti la commistione di discorso diretto ed indiretto.
85 Questo
miracolo segue quello in cui il masso viene spostato, piu` che
per la forza del
gruppo, per il segno di croce del santo. Questo e` pure un topos:
gia` proprio all’inizio del Lib.
I dei Dialogi di
Gregorio Magno ci sono due casi: uno nella vita di Onorato,
dove un masso sovrastava
il monastero, con pericolo dei monaci tutti, ma con un solo
segno di croce resta fissato ai
fianchi
del monte; l’altro nella vita di Nonnoso, che sposta con la
preghiera un masso per allargare
l’orticello
(I, 1.4; I, 7.2).
86 Il
primo miracolo di Ilarione e` quello di dare fiducia ad una
donna sterile, che, per la
preghiera dell’eremita, passato l’anno torna con un
figlio. Fra i miracoli di Francesco d’Assisi,
la guarigione dell’ernia era abbastanza comune: il cap. XIII
del Tractatus de
miraculis e` De
ruptis reparatis;
il ragazzo settenne guarito da Corrado «era ructu di li bursi
di baxu»
(rr.
135-136).
87 Le
vite antiche di Iacopone da Todi,
a cura di E. MENESTO ` , Spoleto, Centro Italiano di
Studi
sull’Alto Medioevo, 1991 (1ª ed. 1977), p. 13. Per un
discorso generale sulla coratella
guasta,
cfr.
p. XXX. Per la datazione, cfr. lo stemma
codicum a p. LVI.
Il testo edito dal TOBLER e` del
sec.
XV, ma la Vita
primitiva,
comunque, secondo lo studioso, risale alla fine del secolo XIV.
Ho
inserito,
al solito, punteggiatura e maiuscole.
88 Segnalo
col corsivo parti visibilmente vicine alla Vita
iacoponica. Per i
rimandi biblici del
testo,
cfr. ROTOLO, Vita
Beati Corradi, ad
locum.
89 Costrutto
col dativo (ingannara).
90 fichi:
qui palatale; ma nell’episodio dei fichi
la grafia e`
identica.
91 Quasi
certamente la j indica
una affricata prepalatale sonora (non e` certo mania`ri:
‘maneggiare’);
piu`
avanti, il verbo e` scritto con i;
ho messo l’accento per rimarcare questa ambiguita`
grafica.
92 ROTOLO,
Vita Beati Corradi,
p. 148, n. 2, vorrebbe correggere di
l’anca, ma la
longa e` la
lombata.
93 ROTOLO,
Vita Beati Corradi,
scrive, qui e altrove: Bartuchu
lu Longu; mi pare
piu` semplice
Bartucciolo
Longo. Trovo
nell’OVI, voce ciriegio:
«Doc. perug., 1322-38, pag. 120.42: De(m)mo a
Martino de Bartucciolo e a Ciuccio de Venutolo p(er) uno leno
de ciriescia, a dı` iiij d’octovere, s.
xl»; voce annona,
in «Annali e Cron. di Perugia, c. 1327-36 (perug.), pag.
208.24: Fone soprestante
de la ditta uopra maestro Anbrogio, el quale fo maestro de
l’anona, e Buttolo de Bartucciolo fo el
massaio a pagare egl maestre e gl manovagle e tutte le spese
de la ditta uopra». Sul sito Internet
GENS non esiste alcuna delle seguenti forme: Il
Longo, Il Lungo, Lo Longo, Lo Lungo;
e nelle Pagine
bianche in rete non ho trovato questo cognome; la
Longa, «una
piccina che badava a tessere,
salare
le acciughe, e far figliuoli, da buona massaia», e` chiamata,
per quella forma di antifrasi che
ispira
i nomignoli popolari, la moglie di Bastianazzo
nei Malavoglia.
Infine, «fra Filippo Lungo fu
toccato le labbra dall’angelo col carbone del fuoco, come fu
Isaia profeta» (Fioretti,
I. 5).
94 Con
solita alternanza di singolare e plurale.
95 ROTOLO,
Vita Beati Corradi:
vuulinteri,
rimarcando la grafia del ms., che mi sembra errata;
piu`
sotto vulinteri,
richiamo stilistico iterato. Anche gli altri due donatori dei
miracoli seguenti
dicono
lo stesso avverbio.
96 Si
noti l’ordine sintattico, con il predicato spesso anteposto
al soggetto.
97 Ripresa
con et dopo
proposizione temporale.
98 auchidi:
ma in Mt 15,
11 si tratta di coinquinat:
«Non quod intrat in os coinquinat hominem,
sed quod procedit ex ore hoc coinquinat hominem».
99 Il
sintagma vita
ordinata (ripetuto
nell’altra tentazione sul cibo), con la variatio
che segue
penitencia
ordinata, e` un
tassello di Ilarione: «Sicque complens ordinem vitae numquam
ante solis
occasum, nec diebus festis, nec in gravissima valetudine,
solvit ieiunium» (HIERONYMI, Vita
Hilarionis,
5.
1). Tutta la vita di Corrado e` ordinata:
nel suo primo fermarsi a Noto, lavorava la terra
«aumentandu lu locu ordinatamenti» (r. 91); ed anche il
secondo giardino «ordinatamenti edificau» (r. 115); e piu`
avanti: mangiava e beveva «a misura ordinatamenti [...] Et
andava scalzu cum
la tonica in carni et omne cosa fachia cum misura
ordinatamenti» (rr. 569, 573-575); addirittura
«amagistrau
multu ordinatamenti» (r. 523) alle fatiche corporali e
spirituali quel giovane che a lui
si
era affidato per servire Dio (nel capitolo, pero` , si
intromette la tentazione carnale per il giovane,
che,
cedendo, lascia l’eremo, e fara` brutta fine, come
profetizzato da Corrado).
100 Nella
tentazione dei fichi si trova mala
Cogitacioni,
sinonimo di ‘diavolo’ (r. 318). Ricordo
che
l’albero a cui si accosta era una «ficu ki ’ndi havia
multi ficu» (r. 321): ora, in HIERONYMI,
Vita
Hilarionis, 3.1,
si legge che l’eremita «quindecim tantum caricas post solis
occasum
comedens»:
l’espressione siciliana e` forse reminiscenza (traduzione)
di caricas?
101 Perche´
ispiratore della Scrittura, o, forse, per un errore del santo
(o del copista?), dato
che
il diavolo ne sa una in piu` ... Si noti pero` nella
tentazione seguente la corretta attribuzione.
102 «Anche
questo testo deriva da Qo
(= Ecc[lesiaste])
9, 12: ‘‘L’uomo ... [e` ] simile ai pesci
che
sono presi dalle reti. Ma la frase: lu
pixi esti pigliatu per la bucca et a la gula ripete
un proverbio
siciliano» (ROTOLO, Vita
Beati Corradi, p.
149, nota).
103 Prendo
l’appunto da M. LEONARDI, Intertestualita`
ed intratestualita` nelle laude di Jacopone
da Todi, Tesi di
dottorato in Tradizioni linguistico-letterarie nell’Italia
antica e moderna,
XVII,
Universita` degli Studi del Piemonte Orientale «A. Avogadro»,
Tutore prof. S. Prandi,
Coordinatore prof. C. Marazzini, A.A. 2003-2004, pp. 151-152.
Lo studioso, per provare la fortuna
del topos,
cita Isidoro, Andrea Capellano, poeti provenzali, Cielo
d’Alcamo ed altri.
104 Si
noti nella narrazione il bonu/bona
ripetuto quasi
come unico aggettivo.
105 Ho
modificato la punteggiatura di ROTOLO, Vita
Beati Corradi, p.
150: «... la quali li sapissi
bona, et vinendu spissu quistu pensamentu, ki non putia
sufferiri. Et eccu...», tanto che lo studioso
commenta a ki:
«La presenza di questo pronome relativo rende dura
l’espressione, ma la frase ha un
sapore siciliano tipico». La Et
prima di eccu
e` una ripresa
dopo l’incidentale, con ripetizione di et.
106 Periodo
ipotetico con doppio congiuntivo.
107 La
rima in -ati mette
in evidenza due versicoli.
108 Il
tempo non e` concordato, quasi sottintendendo avendo,
in una forma di participio assoluto.
109 Mentre
Corrado «accumenza a ffari penitencia», il demonio «accumenza
a ssermunizzari
»: il verbo, messo in risalto dalla struttura sintattica, e`
pregno: ‘il diavolo fa il sermone’, cosı`
il
santo agisce e il diavolo predica.
110 La
carita` , intesa come elemosina, ma fatta ‘per l’amore di
Dio’, diventa il perno del discorso
diabolico,
tanto che la frase e` conclusa in modo circolare: non
si perda la caritati.
111 oy
ordinata vita:
anche questa potrebbe essere una glossa.
112 miscati:
da riferire a pinni.
113 HIERONYMI,
Vita Hilarionis,
3.4. Pero` , poi, il pane d’orzo e verdura poco cotta e
senza
olio furono suo cibo dai 31 ai 35 anni (5.3), e, per
necessita` curative, fino a 63 aggiunse un poco
d’olio; dai 64 agli 80 si astenne dal pane e mangiava una
zuppa di farina e di verdura tritata. La
carne per lui non esisteva.
114 Per
la tentazione Satana non si muove da solo, tanto che il
secondo verbo e` concordato a
senso; comunque la conclusione e` «non lu pottiru temptari»,
cioe` ‘vincere’, e il diavolo torna all’attacco.
115 Si
noti ancora questa concordanza.
116 Francesismo,
gia` presente nel Tesoretto;
ma anche «dulchi amicu meu» (r. 102) e` sintagma
letterario (Tristano
Riccardiano,
Dante, Petrarca, etc.).
117 Prolessi
dell’oggetto, ripetuto con il pronome. Tratto stilistico che
si ripete, ad esempio,
nella preghierina che il santo insegna al devoto (di cui parlo
subito dopo).
118 Il
Curti interpreta vetraio;
ma giustamente dice vecchio
il ROTOLO, Vita
Beati Corradi,
p.
157, in
nota; infatti, si tratta di VET(E)RANU(M)> vitranu;
il suffisso -anus e`
per lo piu` indicativo
di nomi di abitanti, indicando l’appartenenza (cfr. G.
ROHLFS, Grammatica
storica della lingua
italiana
e dei suoi dialetti,
Torino, Einaudi, 1966-1969, § 1092; suffisso per i mestieri
e` -iere, -iero
§
113, ed anche -aio,
-aro § 1072). Ne
acquista il significato (come aggettivo accolto dal Rotolo,
glossario,
s.v.:
il santo, infatti, quando il vecchio lo saluto` , «chi prisi
la manu et aprisila et poy chi
la
baxau dintru et dissi: ‘Benedicti senu quisti manu ki fanu
tantu beni, ki campanu tanti creaturi’
». Non ad un vetraio, ma ad uno che aveva passato la vita nel
lavoro manuale Corrado bacia
l’interno della mano, con la quale l’altro aveva fatto
tanto bene, dando sostegno a molti. La suggestione
del lettore si fa attrarre dal ricordo di «nostra madre
Terra, / la quale ne sostenta e governa
» (vv.
20-21) del Cantico
di frate Sole.
119 E
anche nella Vita
secunda di Tommaso
da Celano (XLVI. 76).
120 Al
limite tra sacro e profano, piu` vicino a questo che a quello,
ecco un breve che serve per
Incantare due amanti (che trascrivo in versi): «Ave madonna
santa Lena reina, / ave madre di Costantino
imperadore.
/ Madre foste e madre se` te; / al santo mare voi andaste: /
con undecimilia
vergini vi mescolaste, / e con piu` d’altrettanti cavalieri
vi accompagnaste; / la beata tavola voi dirizzaste;
/ con tre coricini di mille foglie la sorte gittaste; / la
degna croce voi trovaste; / al monte
Calvario voi andaste, / e tutto il mondo alluminaste» (P.
ARETINO, Sei
giornate, a cura
di G. AQUILECCHIA,
Bari-Roma, Laterza, 1980, Dialogo.
Terza giornata, p.
348). L’accenno al Calvario, che
qui, trattandosi di sant’Elena, ha buona allocazione, si
trova in altre preghiere, anche queste con
funzione quasi magica, anche se sembra piovuto dal cielo:
ricordo il cosiddetto Padre
nostro di
san
Giuliano, per cui
si veda C. DEL POPOLO, Una
lauda di san Giuliano,
in Miscellanea di
studi
romanzi,
in onore di G. Gasca Queirazza in occasione del suo 65º
compleanno, Alessandria,
L’Orso, 1988, pp. 243-250: i due testi si illuminano a
vicenda. Merita di essere messa in evidenza
anche l’innumerevole compagnia, che ricorda sant’Orsola,
che, pero` , cronologicamente, poco si accorda
con
la madre di Costantino; l’incongruenza della data del
martirio di Orsola e` stata gia notata
da
IACOPO DA VARAZZE, Legenda
aurea, CLIV. De
vndecim milibus virginum,
41-46.
121 Ma
si nasconde un errore di tradizione, per peccato,
se a cuntay si
da` il significato di
‘confessare’? Non si dimentichi che la confessione al
diacono, che a noi oggi sembra piuttosto
strana, era nel Medioevo accettata; si veda, ad esempio, per
l’Alto Medioevo, il miracolo Dou
riche et de veve fame di
GAUTIER DE COINCI, in Miracoli
della Vergine. Testi volgari medievali,
a cura di C. BERETTA. Introduzione di C. SEGRE, Torino,
Einaudi, 1999, pp. 194-223; per il Basso
Medio Evo, invece, cito il beato Matteo di Agrigento,
francescano anch’egli: «Nota quod si aliquis
invenire non potest sacerdotem nisi fornicarium notorium et
arribaldum, melius est ut confiteatur
bono seculari quam misero sacerdoti» (B. MATTHAEI AGRIGENTINI
O.F.M. Sermones
varii,
Edizione a cura di A. AMORE, Roma, Edizioni Francescane, 1960,
p. 125). Rimando, per la
confessione ai laici, al volumetto di P. SORCI, La
festa del perdono,
Brescia, Queriniana, 1988,
pp. 49-50.
122 Poiche´
so che Mario Pagano prepara una edizione critica, in cui
mettera` a frutto la sua
competenza, mi sembra piu` facile e credo anche piu` corretto
lasciare a lui la soluzione di questo e
di tutti gli altri problemi. Devo pero` ringraziare l’amico
che ha cortesemente letto questo lavoro
in stesura provvisoria, dandomi alcuni suggerimenti proprio
per il testo.
123 Secondo
quanto scrive ROTOLO, Vita
Beati Corradi, p.
6; ma Mario Pagano mi scrive:
«Dalle
fotocopie in mio possesso, piu` che abrasi questi punti
sembrano sbiaditi; per es., prima
di a
iacunu mi sembra
di intravedere un Et».
124 La
preghiera, e` risaputo, e` il Pater
noster, seguito
dall’antifona Adoramus.
125 E
si veda pure lo Speculum
perfectionis minus,
6, in
Fontes Franciscani,
p. 1755.
126 ROTOLO,
Vita Beati Corradi,
p. 135.
127 Cfr.
ROTOLO, Vita Beati
Corradi, pp.
28-29.
128 Cfr.
le annotazioni di Delcorno, in CAVALCA, Cinque
vite di eremiti,
soprattutto le pp. 14
ss.,
per la diffusione delle Vite
presso gli ordini
mendicanti e la cultura laica.
129 Interessante
il motivo per cui Cracco ipotizza l’abbandono della Citta`
Eterna: «Una critica
non tanto nascosta contro la decaduta Roma dei papi (allora ad
Avignone) e dei cardinali, tra
l’altro cosı` tipica degli Spirituali francescani
dell’epoca?» (CRACCO, Per
la storia religiosa della Sicilia,
p.
131). Laura Gaffuri in una nota da` il resoconto di una
lezione tenuta da Cracco a Vicenza;
in
essa sono molto utili gli accenni ai diversi metodi di
approccio alla lettura dei testi agiografici
(L.
GAFFURI, Luoghi
comuni e novita` nella vita dei santi medievali,
in «Ricerche di storia
sociale
e religiosa», n.s. XLI [1992], pp. 183-186). Altri elementi
qui raccolti gli danno ragione,
almeno per la vicinanza agli Spirituali. Ricordo, inoltre, che
anche Francesco, sulla strada della
conversione,
aveva fatto un pellegrinaggio a Roma, come racconta il
Celanese (Vita
secunda,
cap.
IV).
130 Il
topos antico
muove da Abramo.
131 Cfr.
ad es. rr. 197-199: Corrado aveva salvato uno dal fulmine;
questi, tornato a casa,
racconta
le buone parole che il santo gli aveva dette: «Et quilli chi
lu auderu appiru devocioni
assai».
Mi sembra in filigrana il discorso fra la Samaritana e i suoi
concittadini o altri episodi
evangelici.
132 Ma
noto pure in altri contesti; cfr. il mio Una
‘drammatica’ «Lamentatio Virginis» (Leggendo
la
«Sposizioni del Vangelo della Passione secondo Matteo»),
in «Giornale italiano di filologia
», LIII (2001), pp. 255-
285, in
particolare pp. 266-267.
133 Cfr.
il racconto di Corrado che pregava e «vidi per spiritu kistu
homu» (r. 187), cioe`
quello liberato dalla tempesta; oppure quando va ad aiutare il
ragazzo ingannato da Satana
(«Curradu,
standu in oracioni, per spiritu victi lu garzuni», rr.
214-215; ho anticipato la virgola,
dall’editore
messa dopo spiritu).
134 Ma
ROTOLO, Vita Beati
Corradi, ad
loc., pensa si
tratti di errore per conversazione.
135 Lo
spirito profetico del santo si rivela in parecchie occasioni;
ad es.: rr. 169-170, 349-
350, 545-555.
136 CAVALCA,
Cinque vite di
eremiti, pp.
93-94.
137 E
anche Mt 11,
4-6.