|
Presso
la
Biblioteca Vallicelliana
di Roma nel volume ms. H 28 f. 260
«Vitae
Sanctorum ordine alphabetico dispositae a littera A
ad E» si legge una breve relazione su S. Corrado, inviata nel 1606 dalla
Chiesa Netina al Card. Cesare
Baronio che l'aveva chiesto per i suoi
Annales
Ecclesiastici.
Eccone il testo
nella traduzione italiana.
«Il
Beato
Corrado cavaliere piacentino cessò
di vivere il 19 febbraio 1351 a
Noto celebre città della Sicilia. Degna di grande ammirazione è stata la
sua vita
santa. Primo suo gesto di spiccata virtù fu inizialmente lo aver salvato
un uomo
innocentemente incolpato dell 'incendio di un bosco (a Piacenza) causato
invece
(durante la caccia) da Corrado, il quale ne risarcì i danni e decise poi
insieme alla
moglie, che si ritirò in un monastero, di abbandonare ogni interesse
terreno:
egli intraprese un devoto pellegrinaggio che lo portò sino in Sicilia a
Palermo. Qui venne a sapere che i cittadini di Noto si distinguevano
particolarmente per
bontà d'animo e decise di andare a vivere, tra loro in un luogo
solitario a tre miglia
fuori città dedicandosi alla preghiera, alla penitenza e a opere di
carità caramente lasciava quel ritiro per questuare a Noto o ad Avola.
Non mancarono i
segni di spiccata virtù, frutto di grazia divina che lo rese vittorioso
nelle tentazioni;
ebbe il dono della profezia, risanò prodigiosamente da gravi malattie,
sfamò
gli affamati con pani di prodigio e preservò alcuni suoi devoti da
pericoli incombenti.
Presentendo ormai prossima la sua fine, andò a Noto per ricevere l'eucaristia
e chiedere al suo confessore che fra due giorni venisse a trovarlo
nell’eremo,
cosa che il confessore fece. Allora Corrado gli confidò che l'ora della
sua
morte era imminente e gli suggerì come comportarsi per il suo funerale:
cioè, poiché
Avolesi e Netini, nelle cui città egli aveva dimorato, si sarebbero
conteso il
diritto di seppellire il suo corpo, gli suggerì di usare tutta la sua
prudenza per dirimere senza spargimento di sangue la contesa; anzi
aggiunse che era sua volontà essere sepolto a Noto dentro la chiesa di
S. Nicola patrono della città. Mentre
parlano di questo, Corrado percepisce che è giunta la sua ora: entra
nella sua
grotta e dinanzi ali 'immagine del crocifìsso si raccomanda tutto a Dio;
la grotta
è soffusa di luce celestiale e Corrado rende l'anima a Dio.
Particolarmente emozionato
il sacerdote (confessore) si affaccia nella grotta e vede l'uomo di Dio
esanime ma genuflesso come se pregasse ancora e scoppia in dirotto
pianto per
la luttuosa perdita del santo uomo. Intanto a Noto e ad Avola le campane
suonano
a morto senza che alcuno le tocchi.»
«Come
gli aveva predetto S. Corrado
- continua il citato manoscritto -
il
suo
confessore convinse Avolesi e Notinesi della ultima volontà
del defunto
eremita. Così
il di lui corpo
viene processionalmente trasferito a Noto ; durante il tragitto molti
malati riacquistano la salute. L'11 luglio 1515 Giacomo Umana
vescovo di Scutari (netino e vicario generale a Siracusa) ottiene da
Leone X un
rescrìtto
che autorizza la festa del S. Eremita e la pubblica venerazione delle
sue
reliquie; in seguito da Paolo III con diploma del 20 ottobre 1544 il
culto venne
esteso oltre i confini di Noto e della diocesi siracusana.»
Il documento romano ci dà a chiusura questo
ritratto del nostro Santo:
«Corrado era alto di statura e di portamento nobile, dallo sguardo dolce
e dalla voce suadente e autorevole. Il suo corpo custodito in artistica
urna di argento
è venerato a Noto nella sua cappella, dove quotidianamente ne
sperimentiamo la celeste
protezione. Per sicurezza di verità e d'informazione dell'ill.mo e
rev.mo D. Cesare Baronio S.R.E. Cardinale ho fatto trascrivere e
autenticare col sigillo della città di Noto il presente
sommario della vita, morte e miracoli del Beato
Corrado. Noto, 11 gennaio IV indizione 1606. Giuseppe Melfi notaio.»
Il
Card. Baronio inserì
la citata
notizia su San Corrado
nel vol. XXV dei suoi
Annales Ecclesiastici,
pp. 551-552.
(Da OSC, gennaio-febario 1981)
Salvatore
Guastella LIBERO per SERVIRE, 1989 Noto, pagg. 118-19
__________________________________________________________________________
Dal volume del 1890 del VERATTI
Predica in lode di S. Corrado
Piacentino.
Del M.
Rev. P. Don
Paolo Aresi
Cherico
Regolare. Fatta da lui nel Duomo
di
Piacenza, l'’anno 1616 a dì
19 dì febbraro; correndo la
feria sesta dope le Ceneri,
In Piacenza MDCXVI. Per gli
Heredi di Giovanni Bazachi.
Con licenza de'
Superiori.
È premessa una Dedicatoria.
Al miracoloso Padre, e
grande
Eremita Corrado santissimo,
sottoscritta da
Alberto Degani Sacerdote Piacentino,
e Cappellano d’esso
S. Corrado; il quale
aveva ottenuto, per farlo stampare,
il panegirico
dall'Autore, uno fra
tanti celebri Predicatori
d'allora.
Seguono componimenti in versi latini e volgari
convenientissimi al pessimo gusto di quel colebre
predicatore.
Il quale si vede uomo di molto ingegno e di
molta dottrina, ma al
tutto perduto dietro l'andazzo del tempo, a
ghiribizzare in giochetti di parole, e metafore
sperticate, e quante
altre stranezze correvano allora per
vaghezze e sublimità
di stile. — Dal nome del Santo
piglia l'assunto del
discorso.
«…chi
non vede che nella
sua
fronte,
e
nella
sua
prima sillaba porta scolpito il cuore ? le
seguenti poi in
due maniere possono con la
prima congiungersi: Cor
rado, questa
è la prima; Cor addo,
questa é la seconda:
nella prima si fa menzione
di togliere e di radere: ed
ecco l'offizio dello
Scultore; nella seconda di aggiungere,
ed ecco quello del Pittore. E
meritamente ambidue nel
l'istesso nome comprendonsi :
perché sogliono andar
sempre congiunte quest'arti,
e non toglie mai Dio, se
non per dare.
Su
dunque, veggiamo
come il cuor di
Corrado
fu disposta materia per ricevere, e come in
fatti ricevè
gli effetti meravigliosi, benché fra lor diversi, della scultura e della
pittura del celeste Artefice, che ad
imitazione poi di
lui,
apprenderemo anche noi, la maniera
di renderci capaci di così gran bene.»
A
fronte di questa analisi del nome Corrado, rimane
pressoché
sbiadito il pensiero suggerito al panegirista
dal cognome Confalonieri.
«....
lascio l'esser egli
(San
Corrado)
germe di nobilissima radice,
che fu la famiglia
Confalonieri, e per
antichità, e per numero d'uomini
illustri nelle lettere, e
nell'armi, ben degna di portare
fra l'altre il
Confalone… »
Degna di tutto il resto
è la descrizione dell' incendio.
« Andava egli un giorno, cacciato da gl'impetuosi
veltri de' suoi capricciosi affetti, a caccia in una foresta :
e per far preda di una timida lepre, che in un cespuglio
di spine ricovrata si era, troppo arditamente vi pose
attorno il fuoco, il quale a guisa di cacciatore anch'egli,
e qual veloce levriero, talmente affrettò i passi che prima
che se gli potesse por freno,
disertò quasi il paese.... »
Cav.
Bartolomeo Veratti
S. Corrado
Confalonieri Cenni Storici
Noto, 1890, ed. Zammit
Pagg. 60-61
|
Urna d''''Argento
contente il
Corpo del Santo
|