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ARTICOLO SUL VI CONVEGNO
NAZIONALE
DI STUDI CORRADIANI
tenuto sabato 20 giugno 2015
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dal quotidiano di Piacenza LIBERTA'
di domenica 28 giugno 2015
CONVEGNO NAZIONALE A
CALENDASCO
STUDIO SUI LUOGHI, I DOCUMENTI E IL CULTO DI S. CORRADO
di Carmelo Sciascia
Siamo abituati a conoscere la religiosità del popolo siciliano,
così come studiato al liceo, attraverso il Verga, nella famosa
novella Guerra di Santi: una zuffa cruenta tra avverse fazioni
che si sfidano con devozioni contrapposte. Nel caso di Verga la
lotta tra San Pasquale e San Rocco. Questa concezione
irreligiosa di professare una religione, ha una radice scettica
così come era stata avvalorata, fuori dai confini regionali,
dallo scettico
Montaigne che così scrive: “Non temo di confessare che io
facilmente porterei, se occorresse, una candela a san Michele e
un’altra al suo serpente”. Questo in generale penso possa essere
ancora valido, almeno per la forte componente pagana,
presente in quasi tutte le feste religiose in Sicilia.
Anche la festa del Monte di Racalmuto (il mio paese) raggiunge
l’acme, ancora oggi, con una ragguardevole zuffa: la presa del
cero, ben descritta da L. Sciascia ne “Le parrocchie di
Regalpetra”.
Anche Piacenza, ebbe nella stessa chiesa,
il culto comune di due santi: San Vittore e
Sant’Antonino. Sant’Antonino (di cui si sconosce l’anno e la
città di nascita) diventa martire nel 303 quando San Vittore
aveva tre anni essendo nato nel 300. Morirà nel 375.Piacenza
poco sa del proprio patrono Sant’Antonino, ancora oggi per le
notizie si fa riferimento allo storico Campi, notizie confutate
già nel settecento da un altro storico piacentino: il Poggiali.
Piacenza ignora (e ignorerà fino al seicento) un certo Corrado
Confalonieri. Lo ignora non come nobile rampollo dei
Confalonieri di Calendasco ma come Eremita in quel di Noto.
Solo che contrariamente a Sant’Antonino, di Corrado Confalonieri
da Calendasco sappiamo tutto, con documentato puntiglio storico.
Notevoli sono state le ricerche e gli studi, numerosi i
documenti e le testimonianze. Studi ed incontri che continuano
ancora a fornirci nuove conoscenze.
Sabato 20 giugno, nel salone del municipio di Calendasco ha
avuto luogo il VI Convegno Nazionale di studi corradiani. Il
tema: Considerazioni storiche sui luoghi, i documenti e il culto
di San Corrado a Calendasco. Ricorre infatti quest’anno il V
centenario dell’indulto di beatificazione del Santo avvenuta a
Noto nel 1515. Corrado fu Santo per volontà popolare subito dopo
la morte, quando per la Chiesa era ancora Beato.
Moderatore dell’incontro il poeta Claudio Arzani, ha salutato i
presenti il parroco di Calendasco Don Massimo Cassola che ha
sottolineato la figura di Corrado come pellegrino, un pellegrino
illustre che ci porta a meditare sul tema dell’accoglienza,
accoglienza come caratteristica
peculiare della comunità del paese. Diversi sono i
profughi ospitati in paese senza che vi sia nessun problema per
i residenti abituali.
In un convegno dedicato a San Corrado una testimonianza
netina è d’obbligo. Una presenza quella di Oscar Angelo Cannella
da Milano che sottolinea la santità di Corrado per grazia
ricevuta. La sua è una delle tante testimonianze che si trovano
anche nel museo degli ex-voto a Noto. Da bambino era affetto da
una grave malformazione ossea, un processo degenerativo di
calcificazione che lo avrebbe portato all’immobilità, la madre
lo depose sull’urna del Santo all’età di nove anni e da quel
momento iniziò una lenta ma totale guarigione.
Dopo questi preliminari di carattere squisitamente devozionale,
la parola agli storici. Il primo ad intervenire è Gianni Battini,
cultore di storia locale. La sua testimonianza parte da lontano,
dal ritrovamento dei sette pugnali di selce che testimoniano già
in periodo preistorico la presenza dell’uomo in territorio
prossimo al Po, dove si pensava ad una presenza dell’uomo in
epoca più tarda, per un’apparente inospitalità delle
caratteristiche territoriali. Oltre che manufatti, sono state
nella zona trovate tracce
di abitazioni (capanne) risalenti al 900 a.c. Calendasco
fu sicuramente villa romana, cioè case e cascine sparse nella
campagna in prossimità del Po, ma non è da escludere un’origine
celtica, il significato del territorio sarebbe “luogo vicino a
una foresta”. Sicuramente il maggior sviluppo si ha con
l’attraversamento delle vie di comunicazione, con la derivazione
di una bretella della via postumia che giungeva al porto sul
fiume, il futuro passo di Sigerico, che conduceva verso Pavia,
proseguendo verso la Gallia e collegandosi al Lambro,
verso Milano. Nel 1154 queste terre videro anche
l’accampamento dell’imperatore Federico Barbarossa e la
famosa Dieta di Roncaglia (per alcuni storici il luogo sarebbe
stato Somaglia). Il tema, dai Celti a San Corrado, è stato così
ampiamente trattato come premessa storica della realtà locale,
humus culturale dove nacque ed operò il giovane Corrado
Confalonieri.
Le grandi vie di comunicazione, dai romani al medioevo sono
state illustrate dallo storico Fausto Chiesa. Interessante
capire come accanto alle vie di comunicazione si siano formati
gli xenodochi e quali erano quelli presenti a Caledasco. Gli
xenodochi erano luoghi preposti a “ricevere ospiti” come dalla
genesi compositiva del termine stesso. Sorti accanto alle vie
più importanti erano di sostegno ai viaggiatori ed ai
pellegrini, numerosi infatti si trovavano sulla via Francigena e
sul cammino di Santiago de Compostela. Gestiti da frati,
costituirono un embrione dei futuri complessi episcopali.
Importante quello gestito dai monaci di San Colombano di Bobbio.
Così lo storico Chiesa: “Lungo la via Postumia che in seguito
verrà definita Romea o Romera, invece, era più facile trovare
degli hospitali, che davano assistenza anche e soprattutto
sanitaria, così fu
quello di Sant’ Elena di Rottofreno, oppure di Ponte Tidone
annesso alla chiesa, ben visibile ancor oggi, seppure ridotto
maluccio. Superato il porto sul Po di Suprarivo, dopo qualche
chilometro i pellegrini, i viandanti si trovavano di fronte
l’abitato di Kalendasco, poche case esistenti in epoca
longobarda e prossimo alla città di Piacenza. La tradizione ci
porta qui a rinnovare la figura e l’importanza di San Corrado
Confalonieri, del quale esiste tuttora l’hospitio-romitorio a
lui dedicato.”
Il romitorio di Kalendasco era detto del “gorgolare” perché nei
pressi di un mulino ad acqua. Per questo la comunità religiosa,
colà insediatasi, prese il nome di Gorgolare. Fu qui che Corrado
nato Confalonieri nel castello di Calendasco nel 1290,
rinasce all’età di 25 anni a nuova vita diventando
francescano penitente. E qui che padre Giuseppe Neri,
postulatore del Terzo Ordine Regolare, venuto appositamente per
il convegno insieme ad un confratello da Assisi, pone l’accento
sulla conversione del Santo e sull’analogia con la scelta di San
Francesco d’Assisi. Corrado vive gioiosa gioventù (come del
resto il Santo Poverello) ma l’incidente lo sradica. L’incidente
era avvenuto durante una partita di caccia, quando per stanare
la selvaggina nascosta nel folto della vegetazione, ordinò di
appiccare il fuoco. Il governatore di Piacenza Galeazzo
Visconti, Vicario Imperiale fece riconoscere colpevole un
contadino del luogo. Fu allora che Corrado proclamata la sua
colpa e risarcito il danno, rinuncia al privilegio nobiliare,
diventa povero e si converte. Congiuntamente a sua moglie
Eufrosina che scelse di entrare nel monastero di Santa Chiara in
Piacenza. Corrado chiede di essere accolto all’Hospitio dei
terziari francescani di Calendasco,
si nutre di solo pane, dorme sulla nuda terra.
L’esperienza dura 5 anni, viene infine introdotto e veste
l’abito grigio dei penitenti. Pellegrino a Roma, in Terra Santa,
a Malta, lo troviamo infine in Sicilia, a Noto.
Perché Noto? Ed è appunto questo Convegno a darci chiarimenti in
merito. Umberto Battini, infaticabile studioso, ricercatore ed
organizzatore di eventi corradiani ci prospetta la soluzione.
Una curiosa premessa: ai tempi di San Corrado i servitori e
battitori per la caccia, erano detti ‘battini’. E come il nostro
Umberto ebbe a scrivere: “Non so quanto possa valere, di certo
però, io che mai ho praticato la caccia, ho l’onere di portare
questo antico cognome”. E lo porta benissimo, visto il grande
contributo che ha dato alla ricerca storica sul Santo: sua la
scoperta, cercando negli archivi parrocchiali, del documento
attestante la nascita del Santo Eremita proprio a Calendasco. Ci
dice il Battini che già il territorio
netino, per peculiare conformazione e per tradizione
bizantina, era meta di molti eremiti, (come, altri parti del
meridione, ad esempio nelle vicinanze di Monte San Michele sul
Gargano, dove ancora continua la tradizione greco ortodossa).
Non solo. Riporta il nostro storico documenti per cui nel 1296
era stato assegnato ad un nobile Landi piacentino il feudo di
Curmaracchia in Val di Noto. Probabilmente Corrado ne era a
conoscenza. Il Feudo
perso dai Landi venne poi richiesto tramite intercessione
papale, senza nessun esito. Documentazione storica ineccepibile
quella del possesso piacentino di Curmaracchia, come
ineccepibile potrebbero essere i due accennati fattori
determinanti nella scelta del Santo.
Le rivelazioni di Battini continuano:
cita anche documenti ove si parla di scontri armati
avvenuti nel 1313, l’assedio della lombarda Soncino in quel di
Cremona, con protagonista tal Corrado Confalonieri. Visto che la
conversione è databile nel 1315, potrebbe anche essere che lo
stesso giovane Corrado Confalonieri si trovasse a combattere
nell’anno 1313. Ultimo episodio riportato da Battini, la
descrizione dei festeggiamenti di San Corrado, avvenuti a
Calendasco il 19 febbraio del 1912, festeggiamenti avvenuti per
tre giorni di seguito ed alla presenza di tre vescovi, uno per
ogni giorno. Sappiamo della presenza del vescovo di Piacenza, di
quello di Bobbio, mentre ignoriamo quale fosse il terzo vescovo
(sarà un ulteriore convegno a svelarcelo?).
Il sindaco Francesco Zangrandi,
ha illustrato brevemente la storia del castrum burgi
calendaschi. Mentre dettagliatamente si è soffermato sulla
storia recente e sui progetti di recupero. Progetti presentati
già nel 1985, ma che iniziano concretamente in seguito al reale
pericolo di crollo del tetto solo nel 2000, per proseguire nel
2002 con l’acquisto di altre pertinenze del castello, portico e
scuderia. Altri cantieri si susseguono dal 2007 al 2013 e che
vedono la sistemazione dello scalone di accesso ed il
recupero dell’area cortilizia.
Per finire si attende un ulteriore finanziamento per porre in
essere un adeguato sistema di illuminazione che ne esalti le
caratteristiche architettoniche. Il prossimo consiglio comunale
vedrà la proposta per fare inserire la via Francigena come
patrimonio dell’umanità. Sarebbe l’inserimento UNESCO un grande
volano per un ulteriore rilancio del turismo della zona, che
vedrebbe protagonisti, la presenza del Castello, del Romitorio,
del guado di Sigerico e della figura di San Corrado, patrono di
Calendasco da più di quattrocento anni.
Per concludere Francesco Ferri, poeta piacentino, ha
recitato alcuni componimenti in onore di San Corrado.
Qui potrebbe terminare il resoconto del VI convegno di studi
corradiani. Ma così non è, perché in realtà il convegno prosegue
con una visita guidata nei luoghi propri del Santo.
Visita al Romitorio, dove la storia (di San Corrado) e l’arte
(di Bruno Grassi) si fondono e confondono, trasformando un luogo
materiale in un altare di profonda religiosità. Visita al
Castello ed alle stanze, che videro nascere e crescere Corrado,
uomo d’armi e nobile Confalonieri. Visita alla chiesa, presenza
antica, almeno nel nucleo originale, la parte che riguarda
l’altare, familiare al Santo.
“Noto è una delle più straordinarie città che si siano costruite
in Europa… una delle più raffinate realizzazioni di un’epoca che
produsse Mozart e Tiepolo” (S. Sitwell), è per definizione “il
giardino di pietra”, un giardino che custodisce nella propria
Cattedrale, l’urna d’argento con il venerato corpo di San
Corrado, acclamato Santo, da beato, dal popolo netino fin
dall’anno 1351.
Anche a Piacenza, nonostante i Farnese abbiano cercato di
cancellarne la memoria, perché il Santo era della famiglia
Confalonieri, si
celebra San Corrado con molta solennità ed
a Calendasco per esattezza storica da oltre 400 anni!
Carmelo Sciascia
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