STORIA DEL CULTO AL
PATRONO
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La processione di San Corrado
Cenni storici dalle origini ad oggi
di
Biagio
Iacono
foto
UBcalendasco
Non è facile
riassumere la storia o le lotte che, dalle origini, la
tradizionale folcloristica processione di San Corrado ha
scatenato in Noto, la “Città Ingegnosa” Patrimonio Unesco
dell’Umanità, situata in provincia di Siracusa nella Sicilia
sud-orientale.
Dopo il terribile terremoto del gennaio 1693 che aveva
distrutto l’antica Noto sul monte Alveria, il 30 giugno di
quello stesso anno i Netini
superstiti, come in una vera processione, portarono a
spalla nella nuova città sul colle Meti l’urna d’argento
contenente le spoglie mortali di quel frate che già chiamavano
Santo, custodendola nella costruenda
Chiesa Madre: al popolo, soprattutto, interessava
starsene e vivere là dove San Corrado si trovasse!
Per questo è condivisibile, l’affermazione che la storia
della Città di Noto, antica e moderna, non può separarsi da
quella di questo Santo, così come ci dimostra l’evolversi della
sua stessa processione, di cui stiamo vedendo
alcune fra le più significative immagini.
La venerazione
dei Netini di Noto
Antica per l’eremita fra Corrado Confalonieri da Piacenza,
rifugiatosi in preghiera e penitenza
nella cava dei Pizzoni, nacque
quasi
spontaneamente poco dopo la sua
morte, avvenuta il 19 febbraio 1351, quando i suoi resti
mortali, in improvvisata processione, furono trasportati dal
popolo dalla grotta in cui viveva
alla Chiesa Madre di S. Nicolò, ove fu sepolto in
sacrestia dentro un sarcofago di pietra.
Da allora, i voti e le preghiere presso quelle sacre
spoglie furono un fatto storico
costante sino a quando, il 12 luglio 1515, papa Leone X
incaricò il Vescovo di Siracusa a verificare la santità della
vita di fra Corrado alla luce dei numerosi miracoli
attribuitigli e, se veritieri, lo delegava ad autorizzare il
culto, stabilendo il giorno della festa ed ogni altro
provvedimento ad essa inerente.
Quell’incarico del Papa fu espletato dal vescovo Vicario
Generale di Siracusa, il netino mons. Giacomo Umana che, giunto
a Noto il 28 agosto 1515, aggiornò il processo di
beatificazione del 1485 con altri testimoni sui miracoli più
recenti e procedette ad nuova ricognizione del corpo di fra
Corrado, che proclamò solennemente ed ufficialmente Beato,
facendo riportare le
reliquie nella chiesa del SS. Crocifisso,
dando vita così ad una
processione,
autorizzata dall’autorità ecclesiale, fra scene di
indescrivibile gioia da parte di tutto il popolo, come ci
tramanda nel 1568 un poeta netino, il sac. Girolamo Pugliese.
Lo stesso mons. Giacomo Umana fu autore del decreto di
perpetua autorizzazione al culto, concedendo alle Autorità
preposte la facoltà di poter disporre liturgicamente in merito
come e quando, in futuro, l’avrebbero ritenuto utile o
necessario. Il giorno anniversario della morte, il 19 febbraio,
fu fatto coincidere con la festa liturgica o, diciamo così,
religiosa del Santo, mentre la prima e vera processione si
svolse nel 1516 con la partecipazione del suddetto Vescovo Umana
assieme al numeroso clero, ai religiosi dei vari ordini, ai
nobili ed alle 18 confraternite con
un grande corteo
di popolo in
canti e preghiere.
Quella prima festa, pur restando fissata al 19 febbraio,
suscitò una tale impressione che sei mesi dopo, il 28 agosto
1516 si svolse un’altra processione per ricordare la prima
“traslazione” delle sacre spoglie dalla Chiesa Madre alla Chiesa
del SS. Crocifisso.
Questa
seconda processione dell’agosto 1516 andò di anno in anno
consolidandosi, sia
nell’antica che nella nuova città, tanto che - a ricordo
di allora – quella processione fu
chiamata
della “traslazione.
Ci furono, così, due feste l’anno con relative ottave e ben
quattro processioni: ma quella di agosto,
grazie alla sospensione dei lavori ed alla calura estiva
accrebbe d’importanza sino ad oscurare quasi quella di
febbraio.
Si ritiene che l’urna, in un primo periodo, fosse portata
in processione dal popolo. Ma le accese dispute o contese per
contendersi quell’onore indussero il
Vescovo di Siracusa, nel 1542, ad emanare un decreto col
quale privilegiava in quell’incarico
i sacerdoti ed i chierici.
Durante tutto il Cinquecento il culto di S. Corrado si
diffuse rapidamente
in Sicilia ed a
Malta e nel 1584 abbiamo notizia della prima apparizione
dell’urna d’argento contenente
l’antica cassa di legno col corpo del Santo,
sorretta da quattro grifoni, opera dell’argentiere
Claudio Lo Pagio da Lione.
Da quel lontano secolo ad oggi, la processione ha
mantenuto, specie in agosto, le antiche suggestioni con
l’originaria magnificenza, imponendosi anche come uno spettacolo
religioso-folcloristico che i secoli, in sostanza, hanno
molto ben poco mutato ed al quale accorrono Siciliani e
turisti da tutte le parti del mondo.
IL SEICENTO
Nella “Vita di S. Corrado Eremita” pubblicata a
Piacenza nel 1614 e scritta da Pietro Maria Campi, un canonico
della stessa città patria del Santo, ove il
culto era stato diffuso dai Netini nei primi anni del
Seicento, troviamo la più antica descrizione della processione.
Per prime sfilavano
le Confraternite, poi tutto il Clero regolare e secolare
sotto gli stendardi, quindi i Canonici seguiti dai Chierici, “…portando
tutti in mano
fiaccole grossissime accese, con l’arme appesa della città di
Noto, che è una Croce rossa in campo bianco”. Poi compariva “ la
preziosissima cassa con dentro il corpo del Santo” portata a
turno dai Sacerdoti a ciò delegati.
La cassa – prosegue il Campi – era
tutta “…di finissimo argento, e con stupendo, et
ingegnoso artificio
da maestrevol mano egregiamente fabricata, avendo all’intorno
scolpiti nelle quattro facciate i dodici Apostoli di basso
rilievo…” mentre negli angoli
quattro grifoni d’argento la sostenevano e, nella sommità
della copertura
trionfava il Cristo risorto con la bandiera in mano, tutto pure
d’argento.
E’ di quegli anni l’uso di recare l’urna d’argento sopra
la “vara” in legno tutta dipinta e ben ornata, su cui si
adagiavano malati e fanciulli anche piccoli per chiedere la
grazia della guarigione, mentre la moltitudine del popolo
procedeva in solenne
processione tutta sentimento e pietà religiosa.
Dal 1613 si era deciso di spostare ad agosto la grande
fiera di febbraio e
di celebrare San Corrado prima fra il 25 ed il 28 di quello
stesso mese estivo, poi all’ultima domenica come
avviene per
secolare tradizione, essendo quella d’agosto
la festa che attirava
un grande afflusso di pellegrini da molti
paesi vicini e lontani .
Altre descrizioni della processione si trovano, lungo il
Seicento, nella relazione sulle feste di
S. Corrado nel 1620 fatta da Gerolamo Lanza, e nel breve
racconto d’un Anonimo su
quelle del 1653. Tutte, comunque evidenziano la solennità
sfarzosa e, via via, sempre più barocca delle celebrazioni
religiose e folcloristiche che, per fama e grandezza, “…nulla
avevano da invidiare – scrive Francesco Balsamo – alle altre due
celebri feste patronali del tempo, quelle di Palermo e Catania”
.
Non meraviglia, quindi, se le famiglie più illustri e
nobili del tempo gareggiassero nel concorrere alla magnificenza
ed al successo di quella festa agostana, come dimostra la
partecipazione ad essa della Collegiata di S. Nicolò fondata dal
barone Carlo Giavanti e quella del SS.Crocifisso
fondata dalla marchesa Eleonora Lanolina nel 1669.
Ma, al tempo stesso, la festa del 19 febbraio andava
perdendo sempre più prestigio e, per ridarle lustro, il canonico
netino Pietro Ansaldo destinò con testamento che i proventi del
suo patrimonio finanziassero per sei anni due grandi “intorchi”
fino al numero di 12 da affiancare l’urna solo durante la
processione di quel mese invernale, onde illuminarla
convenientemente: da qui l’origine degli attuali “cilii” la cui
diffusione si estese
nel tempo e che furono pure usati maggiormente anche nella festa
d’agosto.
Il Seicento si chiuse con il terribile terremoto del
gennaio 1693 che sconvolse la città
con i suoi riti e le sue tradizioni: l’urna di S.
Corrado, pur danneggiata, fu estratta integra dalle macerie
della Chiesa di S. Caterina ma nel febbraio di quell’anno, per
la prima volta, la
processione non potè aver luogo.
foto altare maggiore Cattedrale con
Arca del Santo
IL
SETTECENTO
Il 30 giugno 1693, l’Urna di S. Corrado, dal monte
Alveria fu
dal popolo devotamente portata a spalla nuda nella Chiesa
Madre della nuova città
di provvisorie baracche perché i grifoni erano stati
rubati nel caos
del dopo terremoto.
Fu una “processione” tutta particolare per l’abbandono di
Noto Antica quale prima patria, ma confortata dalla presenza
delle sante spoglie che , di fatto, venivano a ricostituire
l’identità spirituale e civile di tutta la cittadinanza.
Ai primi del 1694, pur nelle difficoltà della nuova
situazione, fu possibile
sia la
processione del “dies natalis” 19 febbraio, cioè della morte,
sia quella della
“traslazione” del 29 agosto, essendosi provveduto a costruire nuovi
grifoni in legno dorato che, sebbene provvisori, furono ben
utilizzati per il trasporto dell’urna sulla vara.
Il nuovo percorso, scelto fra le vie principali,
riprodusse certamente e per quanto possibile, quello dell’antica
città anche se moltissime chiese e case erano state approntate
in baracche di legno, mentre verso il 1699 ricomparvero gli
attuali nuovi quattro grifoni d’argento, rifatti col contributo
di nobili e popolo.
Il Settecento caratterizzò la processione per tutta una lunga
serie di controversie
che si
registrarono fra le varie autorità religiose e civili circa
l’orario d’inizio nella tarda mattinata o nel
primo pomeriggio, seil rientro dovesse avvenire a sera
inoltrata oppure anche nella profonda notte, se
l’Urna del Santo dovesse sostare in questa o quella
chiesa , se il percorso nelle quattro sfilate dell’anno dovesse
modificarsi ecc.
ecc. Vere e proprie polemiche con laceranti dissidi a cui la
popolazione
assistette o
partecipò col fanatismo d’una fede incrollabile.
Anche in questo secolo si svolsero processioni
straordinarie scaturite da particolari situazioni di disagio o
malessere: ricordiamo quella del 3 febbraio 1708
“nell’urgenza del bisogno” ordinata dalle Autorità civili
e quella del 1° aprile di quello stesso anno per scampare al
flagello delle locuste che devastavano le campagne. Altre
processioni straordinarie si ebbero nel dicembre del 1719 per
chiedere la pioggia, nel settembre del 1720 per la scarsità
dell’acqua, nel 1780 per i terremoti e la grande siccità, nel
1783 per chiedere ancora la pioggia all’arida campagna.
L’ OTTOCENTO
Nel 1837 la Città di Noto
fu di nuovo
insignita del titolo di
Capovalle mentre nel 1844 si realizzò
la sua antica aspirazione al Vescovado. Dopo la breve
esperienza rivoluzionaria del 1848/49, il re Ferdinando II di
Borbone nominò
Intendente della Provincia il netino
cav. Salvatore La Rosa .
Questi, uomo d’elevato ingegno e profondo amor di patria, fra le
sue varie e
significative opere pubbliche, poté annoverare l’apertura d’una
stradella che portava fino all’Eremo dei Pizzoni – cosa
impossibile prima se non
con fatica ed a piedi – dando modo così , il
24 agosto 1851 ,nelle celebrazioni del V Centenario della
morte di S. Corrado, di poter egli ottenere che una speciale
processione dell’Urna giungesse fin sotto nella Valle dei
Miracoli: fu un evento straordinariamente
felice e di
grande suggestione, a tal punto che il ricordo ne rimase così
impresso da indurre i Netini a chiedere ed far ripetere per
ben quattro volte
quella straordinaria processione all’Eremo - come nel
1868 , nel 1879, nel
1884 e nel 1888 - ora per ringraziare il Santo dello scampato
pericolo del colera, ora per la siccità.
Così, quell’evento straordinario divenne una vera e propria
tradizione mentre cadevano le rigide norme sull’ora d’inizio e
fine della processione che fu fissata nel pieno pomeriggio.
Alla fine dell’Ottocento i “cilii” erano oltre 50
quando la processione di San Corrado aveva raggiunto una
tale fama che l’illustre studioso
siciliano, Giuseppe Pitrè,
descrisse la festa d’agosto evidenziandone l’aspetto
folcloristico con queste parole:-
“Nel giorno della vigilia gli Eremiti di S. Corrado,
esercitando un loro antico privilegio, portano a spalla questa
cassa dalla cappella del Santo all‘altare maggiore, sul quale
l‘alzano con uno speciale congegno…
Al domani, qualche ora prima un tamburino percorre le vie
più battute della città chiamando a raccolta i devoti che
dovranno portar cilii. All’invito vengon essi fuori reggendo
ciascuno una grossa e lunga asta, sulla quale è impiantato un
gran cero, avente alla base una coppa di latta frastagliata o
disegnata a vari colori.
Sono costoro dei giovani aitanti e forti, i quali o per
proprio conto, il che è raro, o per conto altrui, cioè per conto
di loro padroni o di possidenti, si recano a prender parte
all‘accompagnamento dell’urna. E poiché il cero è pesante, ad
alleggerirlo portano ad armacollo ... con larghi nastri colorati
cadenti dalle spalle, candide tovaglie.
Fermiamoci innanzi al Palazzo del Comune. Ecco sfilare,
precedute ciascuna da tamburino e da stendardo, la Confraternita
di S. Antonio Abate composta di artigiani e di mestieranti;
quella dei Cappuccinelli
di contadini; di S. Caterina di muratori; delle Anime
Sante di calzolai.
Ecco il Capitolo del Duomo, che una volta si accompagnava anche
con quello del Crocifisso. Ed ecco, in mezzo a due file di cilii
accesi, l’urna benedetta, innanzi alla quale si inginocchiano
riverenti e supplicanti i devoti... La solita voce chiede
imperiosamente: Nuticiani, chi siemu tutti muti?!
E le solite voci rispondono fermamente: Viva San Currau!
L’urna è pesante, e non son pochi coloro che si sotto pongono
alle aste di essa.
Chiamati da un profondo sentimento di gratitudine che li spinse
già (da) tempo ad un voto, eccoli questi devoti nel loro camice
bianco, lungo fino ai piedi, e nel fazzoletto bianco legato al
capo.
Ecco il
Vescovo e, privilegiati tra tutti, gli Eremiti di S. Currau ‘i
fora (...) Qui il chiasso della musica vien coperto da un
chiasso più disordinato e scomposto per la “bara dei miracoli”,
detta anche vara d’i
icciriddi. Non occorre esser troppo vicini pervedere il putto
d’argento che sostiene le due reliquie chiuse nella custodia: si
correrebbe pericolo di rimaner soffocati avvicinandosi troppo.
Passavano gli anni ed i secoli ma in Noto – come annotava
il bibliotecario sacerdote Corrado Puglisi – immutata rimaneva
nel popolo la fede
nel suo Santo
Patrono.
IL NOVECENTO
Nel Novecento, con
la pubblica illuminazione delle strade, le processioni divennero
lunghissime, tanto che anche in febbraio l’Urna rientrava a
notte inoltrata; senza dire delle continue interferenze con la
festa del Carnevale, per cui si rimandava la celebrazione
religiosa oppure si snobbava il giovedì grasso, da parte del
popolo o dei fedeli, come avvenne con proteste o disordini
contro il veglione al Teatro Comunale nel febbraio del 1903.
Interminabili furono le controversie sull’uscita o sull’entrata
della Banda nella Cattedrale, spesso con l’intervento della
forza pubblica e con incidenti o qualche arresto fra la
popolazione che, in merito alla processione, sembrava vantare
una speciale interferenza.
Tuttavia le tradizionali traslazioni nella Valle dei Miracoli ai
Pizzoni, continuarono in forme sempre più gradite od accurate,
specie nel periodo fascista in cui le due autorità civili e
religiose
dimostrarono
reciproca collaborazione nelle rispettive competenze, anche se
il timore di disordini da parte dei più focosi fedeli o
portatori di S. Corrado non mancarono di agitare le varie
processioni.
Durante la seconda
Guerra Mondiale, Noto fu occupata dagli Inglesi l’11
luglio 1943 ma la
processione estiva ebbe regolarmente luogo e la fine di quella
cruenta carneficina
fu celebrata il 12 agosto 1945 con una solenne traslazione
dell’Urna all’Eremo, ove la trasportarono i reduci e gli ex
prigionieri netini.
Nel dopoguerra, per ringraziare S. Corrado dello scampato
pericolo, il Vescovo mons. Angelo
Calabretta, nel 1951 - V Centenario della morte di S.
Corrado - promosse una straordinaria pastorale liturgica in
varie città della Diocesi con una ormai storica peregrinazione
dell’Urna da
iniziare nel pomeriggio del 1° gennaio nella vicina Avola.
“…Giunta alla Porta Reale – scrive Francesco Balsamo —
per istigazione di pochi fanatici o per una sorta di rifiuto
psicologico collettivo che affondava le sue radici nel ricordo
dell’antica lotta fra Netini ed Avolesi per il possesso del
santo corpo, la folla si strinse attorno ai portatori, impedendo
il trasporto.
Venne così mancata un’occasione unica, in un contesto
storico particolarmente propizio, per accrescere il culto del
Santo nei tre centri (Avola, Pachino e Rosolini ) in cui esso
era vivo, e per suscitarlo negli altri centri, in cui era invece
praticamente assente. E 39 anni dopo, nel 1990, fu forse il
segreto timore che succedesse qualcosa del genere a lasciar
cadere, da parte dello stesso Comitato promotore,…l’idea di
riscattare quella pagina non bella della storia netina in
occasione di un altro Centenario, il VII della nascita”.
E, tuttavia, le manifestazioni del Centenario 1951, le
traslazioni all’Eremo del 1961, 1971, 1981 e 1991 si svolsero
con le tradizionali solennità e partecipazione popolare accanto
alle consuete processioni invernali ed estive.
Anche nell’ultimo quarto del Novecento ci furono diverse
processioni e traslazioni straordinarie dell’Urna in città ed ai
Pizzoni, mentre si diffondeva l’usanza di far procedere, davanti
ai normali cili tradizionali,
fanciulli con i “cili dei picciriddi” pur tra le
inevitabili crisi di partecipazione popolare o della
Confraternite quasi in procinto di scomparire: poi - grazie
all’incisiva azione culturale dell’ISNVA (Istituto per lo Studio
e la Valorizzazione di Noto Antica fondato e promosso da
Francesco Balsamo) e
della PRO NOTO – esse sono risorte più splendenti che mai.
Sulla durata delle processioni – essendo aumentati negli anni
’60 i quartieri della città - il Vescovo Calabretta
dispose, di fatto, una opportuna differenziazione del
percorso durante l’anno onde permettere all’Urna di passare in
quattro volte per quasi tutte le più importanti strade,
regolamentando in maniera soddisfacente anche l’uscita ed il
rientro, cioè la cosiddetta in dialetto notigiano “ sciuta“
e “trasuta”.
Delle numerose processioni straordinarie del Novecento vogliamo ancora
ricordare quella del 30 dicembre1908 per il devastante
terremoto di Messina stato avvertito anche a Noto e quella del
29 agosto 1998 per l’ingresso in Diocesi dell’attuale Vescovo
mons. Giuseppe Malandrino.
Infine, come tacere del crollo della Cattedrale, il 13
marzo 1996 di cui tutti sanno, che ha visto miracolosamente
l’Urna di San Corrado estratta integra il 26 luglio di quello
stesso anno? Fortunatamente i grifoni, custoditi altrove, erano
intatti e,
costruendo una nuova struttura al posto del fercolo andato
distrutto, fu possibile il 25 agosto svolgere la tradizionale
processione estiva, anche se da allora l’Urna, esce ed entra
dalla Chiesa del Collegio ove rimane esposta e custodita.
Dall’anno 2000 ad oggi la storia recente riecheggia,
rinnovandola, quella antica in una sintesi straordinaria di fede
e folclore in cui si riconosce e rispecchia appieno l’identità o
la peculiarità del
Popolo Netino .
Noto, Zisola 24
ottobre 2003
Biagio Iacono
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