ROMITORIO
e hospitale di Calendasco (Piacenza)
|
In
Hospitio dicti loci
L'ESISTENZA
GIURIDICO-SOCIALE DELL'HOSPITIO
DI CALENDASCO, SORTO LUNGO L'ASSE VIARIO DELLA VIA
FRANCIGENA, NEL TRATTO DELLA PIU' ANTICA STRADA Placentia-Ticinum,
è data dai documenti cartacei rinvenuti presso vari Archivi di
Stato.
Si
tratta di vari pezzi relativi al XVII sec., facenti parte della
Diplomatica Speciale, quella riservata alla Scrittura Privata
e che portano nel protocollo, nel testo e nell'escatocollo,
quei caratteri maggiore importanza dell'atto stesso e
la sua attinenza con la struttura stessa.
L'analisi
delle parole latine, di cui tutti gli atti sono compoasti, ci apre
le porte alla comprensione del luogo e del territorio.
Dove
si legge "SUBTUS PORTICHUS
HOSPITII DICTI LOCI" oppure " IN LOCO CALENDASCHI
DUCATO PIACENTINO IN HOSPITIO DICTI LOCI PORTICHUS VERSUS" od
ancora " IN LOCO CALENDASCHI….IN HOSPITIO STRATA PUBLICAM
VERSUS", vi si ritrova un chiaro riferimento ad
HOSPITIO, cioè luogo atto al ricovero di persone e animali al
seguito, albergo, luogo di ospitalità per il
viandante povero e non a caso, ancor oggi, sebbene a lettere ormai
quasi illeggibili e cancellate dal tempo, sopra all'arco del
portico di ingresso vi sono tracce di una scritta
dicente:"QUI SI OFFRE VITTO ALLOGGIO E STALLA".
Era
quindi luogo di ospitalità continua, cotidiana, per il viandante
occasionale ma anche luogo di assistenza agli indigenti, agli
ultimi del posto.
La
dizione "SUBTUS
PORTICHUS HOSPITIO", indica il luogo ove il documento è
di fatto rogato; negli atti notarili e nei documenti in
genere, ricorrono sempre i luoghi della redazione del medesimo,
tra questi posso ricordarne alcuni incontrati nella loro più
diversa specie:
"SUBTUS
PORTICHUS HOSPITIO"
IN
CAMERA SUPERIORA"
"IN CAMERA INFERIORA"
"IN CAMERA MAGNA"
"IN DOMO HABITATORI"
"IN HOSPITIO"
"IN CASTRUM CALENDASCHI IN CAMERA INFERIORA"
Lo
stesso discorso vale per la posizione del luogo cui i convenuti
stipulano l'atto:
"STRATA
VERSUS"
"HORTUS VERSUS"
"CIMITERIUS VERSUS"
"STRATA PUBLICA VERSUS"
"CURIA VERSUS"
"STRATA ROMEA VERSUS"
DOMUS VERSUS"
"CURTILE VERSUS"
Il
riferimento alla posizione è vario, oltre a questi esempi si può
trovare citata ad esempio, la casa di un vuicino, un
confine di terre o altro.
Gli
atti relativi all'Hospitale di Calendasco, danno la esatta
ubicazione geografica dello stesso, dicendo "STRATA
PUBLICA VERSUS".Nella dizione latina "STRATA
PUBLICA" sta per STRADA PRINCIPALE, la via più importante,
quella che andava a collegare il Borgo di Calendasco alla città.
In
effetti, la via detta PUBLICA è tale proprio perché
è di fatto la strada che porta il flusso principale di viandanti
da e per la città. Le altre strade, quelle secondarie,
riscontrabili nel territorio, vengono nomate in altro modo per cui
si trova "STRATA LEVATA","STRATA CAMPESTRA"
ecc.
Gli
atti di cui vado alla descrizione, sono del XVII secolo, hanno una
datazione che va dal 1660 al 1700 ,sono nella loro maggioranza
inediti e mai pubblicati, nei loro testi riportano vari nomi di
rogatari tra i quali non di rado i sacerdoti stessi del Borgo di
Calendasco o delle zone limitrofe.
Ritroviamo
i seguenti nomi di sacerdoti:
"BERNARDINO
CERNUSCHO SAC. PIAC. ET ARCHIPRESBITERO DICTI LOCI CALENDASCHI"
"BATTISTA
DE BORBONIS SAC PIAC. ET CAPELLANO DICTI LOCI CALENDASCHI"
"JOSEPHE
MOLINARIS SAC. PIAC. ET ARCHIPRESBITERO DICTI LOCI
CALENDASCHI"
"PAULO
DE RATTIIS SAC PIAC ET CAPELLANO LOCI S.IMENTI"
"ANTONIUS MUSSUS SAC PIAC ET PRIOR ECCLESIA
SANTI NICOLAI ULTRA TREBIA"
"GIOVAN
BATTISTA DE BORBONIS CLERICO PLACENTINO HABITATORE LOCI PONTI NURI"
"PHILIPPO
ZANILOTTO BEGANO SAC PIAC ET FITTUARIO"
"MARCHO
BARBA SAC PIAC ET RECTORE LOCI COTREBIA"
"ANTONIO
MONTESINO SAC PIAC TERRITORII NOSTRIS"
In
altri documenti , quelli relativi al catasto ed al suo estimo, nei
confini ricorrenti nel territorio, troviamo:
LA STRATA
,
LA STRATA CAMPESTRA
,
LA STRATA PUBLICA
detta anche STRADA MAESTRA,
LA STRADA LEVATA.utili
al loro riconoscimento.
Tali
atti perlopiu' in scrittura corsiva latina, erano destinati al
singolo ed alla tutela dei suoi diritti e per questo erano rogati
da un Notarius, nella fattispecie dal notaio piacentino L.D.
Questi
atti sono quindi la prova certa della esistenza, ancora nel XVII
sec:, dell'importante Hospitio ed essi avevano valore giuridico
per cui prendevano il valore di "INSTRUMENTUM
PUBLICUM", con caratteristiche ben precise ed il notaio che
ha tramandato in "PUBLICAM FORMAM" l'atto giuridico
compiuto, si è avvalso della Tachigrafia, cioè dell'uso delle
abbreviazioni di parole.
I
Documenti relativi all'Hospitio di Calendasco, sono redatti per la
maggior parte, sotto al portico dello stesso, ed esso era ed è
tutt'ora, ubicato a lato della strada principale, "STRATA
PUBLICA VERSUS".
Gli
studi riportano che i Terziari
francescani avevano in Italia molti romitori come
quello detto 'al gorgolare' di Calendasco, ove spinti dal
desiderio di perfezione, sotto la guida di un superiore da loro
stessi scelto, si dedicavano al servizio degli infermi poveri e
pellegrini presso qualche pubblico ospedale od ospitio.
Umberto
Battini
Via Francigena, un volume del 1998, edito dalla
Banca di Piacenza
Romitorio Hospitio di Calendasco -
portico
Pala altare del Santo, Chiesa Calendasco, sec XVI
Prima
Comunità di Terziari
appresso al “gorgolare” in Calendasco
Per comprendere gli eventi
pre-corradiani in terra piacentina
Aristide frate e
superiore di San Corrado
Nel libro dello storico Raffaele
Pazzelli “Il Terz’Ordine Regolare di San Francesco
attraverso i secoli”, edito in Roma nel 1958, reperiamo
fondamentali dati storici, che oltre a servire per questa breve
sintesi, si presteranno per la relazione che segue.
La comunità in Calendasco di Terziari in abito eremitico composta
di pochi religiosi con a capo il frate Aristide, come ogni comunità
terziaria, oltre a non essere molto appariscente era anche
giuridicamente indipende, con una unione con le altre comunità
terziarie “amico foedere”, cioè legame di mutua assistenza.
Questa mancanza di unità causava evidentemente una minore
appariscenza esteriore del fenomeno della vita comune tra i
Terziari, per cui fu facile che fosse trascurato nelle cronache
del tempo, ed in effetti il primo storico che ricercò e rinvenne
parecchi documenti dei primi tempi dell’Ordine, il De Sillis, ci
fornisce ragione della mancanza di documenti nei più antichi
Conventi Terziari.
Il De Sillis nel libro del 1621 sui Terziari di S. Francesco o
Penitenti dice chiaramente sul fatto della esistenza e smarrimento
dei documenti che fu:
“...a causa dell’umile genere di vita dei nostri Padri;,
non avendo grandi monasteri, ma per lo più eremi o piccole
abitazioni all’ombra di Ospedali o di Chiese, non possedevano
archivi, nè si preoccupavano di questo ma solo di vivere
santamente, nella carità verso Dio e il prossimo.”
Anche Fredregando da Anversa dice che i Terziari:
“In molti luoghi essi aprirono degli ospedali e degli ospizi
peri poveri e pellegrini, dove necessariamente alcuni fratelli
dovevano prendere dimora”.
Del frate Aristide tratta ampiamente uno storico di alcuni secoli
fa il cosiddetto ‘Anonimo di Montefalco’ in Umbria.
Lo scritto dell’Anonimo è stato rinvenuto da altro grande
storico del Terzo Ordine il p. Gabriele Andreozzi, vedasi in
Analecta TOR dello stesso Andreozzi “S. Rocco in Montefalco,
la Porziuncola
del Terz’Ordine Regolare” ed è ricco di dati a noi
utili, che in altro studio presenteremo ai devoti e appassionati
di storia. Resta importante la questione che già parechi secoli
fa, in Umbria lontano centinaia di chilometri da Calendasco, uno
storico rimasto ‘Anonimo’ abbia saputo tramandare del Frate
Aristide chiamato a Montefalco da Calendasco a presiedere la
costruzione del Convento di S. Rocco delle monache Terziarie.
Il Pazzelli nel già ricordato volume ci informa chiaramente che:
“Il terzo luogo di cui ci è stata tramandata memoria è il
Convento-eremitaggio di Calendasco presso Piacenza. Sin dal
1280-1290 esisteva qui una Comunità di eremiti, sotto
l’obbedienza di Frate Aristide, lo stesso che nel 1290 venne a
Montefalco a trovare
la Beata Chiara
ed in tale occasione ricevé la donazione dei Sigg. Bennati di cui
si è detto. Dopo la costruzione di quel Convento lasciò a
Montefalco alcuni suoi Frati e ritornò a reggere la sua Comunità
nel Piacentino. Qui nel 1315 ricevé nell’Ordine un nobile
piacentino, Corrado Confalonieri, predicendogli che sarebbe
diventato un grande santo”.
Per ora basti ricordare
queste perle dei nostri amati storici francescani.
Umberto
Battini
San
Carlo Borromeo
Cardinal Protettore del Terz’Ordine Regolare
e l'immagine di
Calendasco
Una breve riflessione circa il Terz’Ordine cui lo stesso
san Corrado
è
parte e l’antica effige sul romitorio piacentino
Leggiamo ne Il Terz’Ordine
Regolare di San Francesco attraverso i secoli
importantissimo studio del 1958 di R. Pazzelli (Ediz. della
Curia Generalizia dell’ordine – TOR – Roma):
“Dopo la morte del Card. Rodolfo Pio da Carpi (1564),
essendo stato eletto Protettore del Terz’Ordine Regolare il
Cardinale S. Carlo Borromeo, Fr. Giacomo si recò subito a Roma
per ottenere per la sua Congregazione gli stessi favori già
ricevuti dal Card. Rodolfo da Carpi.” (pag. 169)
Questo Fr. Giacomo sottolinea che il Terzo Ordine Regolare era
sotto la immediata cura, amministrazione e protezione del
Cardinale Carlo Borromeo.
Per ben 20 anni il Card. Borromeo fu Protettore, fino alla morte
il 3 novembre 1584; fu proclamato beato nel 1602 e fu
canonizzato il 1 novembre 1610.
Nel Romitorio di Calendasco dei Penitenti, sulla facciata
dell’oratorio annesso è un affresco che ritrae il Card. Carlo
Borromeo, nella tipica rappresentazione devozionale.
L’affresco certamente datato ad alcuni decenni dopo la sua
proclamata santità, testimonia quindi ancor più da
‘vicino’ che il benedetto romitorio di S. Corrado, qui nel
piacentino, ha una radicata appartenenza al Terziariato
francescano.
Con questa effige, uomini dei secoli passati, han reso onore e
tramandato a noi moderni due fatti importanti e concatenati:
a Calendasco S. Carlo Borromeo venerato dai terziari francescani
perché ne fu anche Cardinal Protettore e appunto dipinto
sull’oratorio del romitorio francescano.
Parte dello xenodochio longobardo, che si
conserva sotto al Romitorio di Calendasco
Breve
nota sopra al Legato Sancti Conradi 1617
Già
in due importantissimi volumi editi in Piacenza nel 2005 e 2006 si
evidenziano nuovi fatti storici mai pubblicati dalla storiografia
del Santo, in effetti è plausibile e logico che a Noto non
potessero pubblicare documenti degli Archivi piacentini: è
toccato a noi ricercatori e storici di Calendasco ritrovare questi
favolosi Atti notarili Diplomatici sensazionali.
La
storia del Santo, ora unita a quella già certa e ben pubblicata a
Noto in Sicilia, ora si avvale di queste recenti ma
importantissime scoperte d'Archivio per mano del ricercatore
Umberto Battini.
Il
Legato fatto in CURIA Vescovile a Piacenza davanti al
Vescovo Conte mons. Claudio RANGONI che lo approva, conferma e
decreta, è per volontà del Conte GiovanBattista Zanardi-Landi
assegnato alla chiesa di Calendasco in data 9
agosto 1617, redatto dal Notaio e CANCELLIERE
EPISCOPALE Piacentino GiovanFrancesco De Parma è “ad
devotionem et reverentiam versus Sancti Conradum Confessorem” la
cui festa è ricordato essere celebrata nella città di Piacenza
“et Diocesis Placentina” il 19 febbraio e che Santo Corrado
“oriundus de predecta civitate” ed altresì della
Illustrissima Famiglia dei Confalonieri abitante nelle loro dimore
poste nel luogo di Calendasco.
La
erezione della Cappella dedicata al Santo che “subinde ornavi
et munivi” cioè che veniva tutta decorata e fornita del
necessario affinchè fosse possibile celebrarvi messa è tutta a
spese dello stesso Conte specificando che la “Capella et Altare
S.ti Conradi” eretto nella chiesa di S.Maria di Calendasco è
posto nella parte sinistra “per eius Portam minorem
respicentem versum Castrum loci predicti Calendaschi et sic versus
nullam horam” e come ancora oggi appare, sebbene
modificato nel tempo e in special modo nel 1700 con i lavori di
ampliamento della stessa chiesa, è situato vicino alla porta
minore posta verso il castello e entro la qual porta essere quella
finestra romanica della chiesa medievale.
Le
cappelle della chiesa col tempo vennero eliminate lasciando solo
le pareti con una piccola rientranza, basti pensare agli
anni 1970 quando per i lavori che vennero eseguiti, le cappelle
che erano ancora esistenti nella parte destra entrando nel tempio,
furono abbattute mantenendo la attuale struttura.
Nel
Legato viene lasciata la rendita relativa al possesso posto in
Villa Campadone, poco discosti dal Borgo, che è dato in enfeteusi
ad un certo Codeghini che ha l’obbligo di mantenere e migliorare
il fondo e versare il prezzo del fitto al “rectore” della
chiesa assieme “ad unuis caponi”.
Il
“moderno Rectore” della chiesa si obbliga “in perpetuum” a
celebrare ogni giorno una messa all’altare di S.Corrado con
“memento dello Zanardi-Landi” e celebrare la messa solenne,
senza memento, il 19 febbraio giorno della festa del Santo.
Quello
che emerge è che il Legato nelle sue espressioni iniziali vada ad
evidenziare senza mezzi termini della discendenza del Santo e
della sua nascita in Calendasco, “in
eodem loco iste sanctus ut praefertur vita
terrenam duxerit” ricordando che i Confalonieri
furono “iuribus” nel borgo e in villa Campadone prima di lui
stesso Zanardi-Landi.
Anche
circa al culto del Santo appare chiaro essere già esistente
sebbene solo da ora, epoca tra l’altro in cui il Santo fu
conosciuto in tutta la penisola aprendo il culto a tutta la
chiesa, inquanto in Calendasco il culto non era da impiantare ma
da accrescere prova era che già tante erano le grazie ricevute
dalla gente del posto e questo viene chiaramente specificato.
foto: Madonna
del Gorgolare con S. Corrado
affresco di grandi dimensioni del M° Bruno Grassi
Romitorio di S. Corrado di Calendasco (Pc)
Portico d'ingresso
|
|