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                                              San Corrado  Calendasco 1290 -Noto 19 febbraio 1351

 
 
 
  TESTI VARI di cultura corradiana

Lu beatu corradu fu di lumbardia, di una terra chamata placencia, et ipsu fu di li maiuri homoni et gintili di placentia.

A titolo informativo riportiamo sull'Araldo, la parte che ci riguarda, del Calendario Francescano d'Italia, e S. Corrado, come ben si legge, è tra quelli con propria celebrazione già nel primo Calendario Comune del 1996.
Vogliamo ricordare poi che, anche il Calendario dei Santi proprio dei Vescovi della Regione Pastorale Emila-Romagna, contempla il nostro S. Corrado Confalonieri.
Ed anche informiamo che la memoria di S. Corrado è facoltativa per TUTTI gli Ordini Francescani d'Italia mentre invece è OBBLIGATORIA per l'Emilia-Romagna, così come riporta correttamente il Direttorio.

Nuovo Calendario comune
per la Famiglia Francescana d’Italia

• Testo normale: le celebrazioni riportate nel Calendario Universale (2001).
• Testo in corsivo: le celebrazioni già presenti nel precedente Calendario comune (1996).
• Testo in grassetto corsivo: le celebrazioni aggiunte dalla presente Commissione.
• Quando non è indicato il grado della celebrazione, è memoria facoltativa.

 

GENNAIO
3 Santissimo Nome di Gesù Memoria
4 Beata Angela da Foligno, vedova
7 San Carlo da Sezze, religioso
11 San Tommaso da Cori, presbitero
12 San Bernardo da Corleone, religioso
16 Santi Berardo presbitero e Compagni,
protomartiri dell’Ordine Francescano Memoria
19 Santa Eustochia Calafato da Messina, vergine
30 Santa Giacinta Mariscotti, vergine Memoria


FEBBRAIO
4 San Giuseppe da Leonessa, presbitero
6 Santi Pietro Battista, Paolo Miki e Compagni, martiri Memoria
7 Santa Coleta da Corbie, vergine Memoria
8 Sant’Egidio Maria da Taranto, religioso
19 San Corrado Confalonieri da Piacenza, eremita


                                                                

San Carlo Borromeo
Cardinal Protettore del Terz’Ordine Regolare
e l'immagine di Calendasco

Una breve riflessione circa il Terz’Ordine cui lo stesso san Corrado è parte e l’antica effige sul romitorio piacentino

Leggiamo ne Il Terz’Ordine Regolare di San Francesco attraverso i secoli importantissimo studio del 1958 di R. Pazzelli (Ediz. della Curia Generalizia dell’ordine – TOR – Roma):

Dopo la morte del Card. Rodolfo Pio da Carpi (1564), essendo stato eletto Protettore del Terz’Ordine Regolare il Cardinale S. Carlo Borromeo, Fr. Giacomo si recò subito a Roma per ottenere per la sua Congregazione gli stessi favori già ricevuti dal Card. Rodolfo da Carpi.” (pag. 169)

Questo Fr. Giacomo sottolinea che il Terzo Ordine Regolare era sotto la immediata cura, amministrazione e protezione del Cardinale Carlo Borromeo.
Per ben 20 anni il Card. Borromeo fu Protettore, fino alla morte il 3 novembre 1584; fu proclamato beato nel 1602 e fu canonizzato il 1 novembre 1610.
Nel Romitorio di Calendasco dei Penitenti, sulla facciata dell’oratorio annesso è un affresco che ritrae il Card. Carlo Borromeo, nella tipica rappresentazione devozionale.

L’affresco certamente datato ad alcuni decenni dopo la sua proclamata santità, testimonia quindi ancor più da ‘vicino’ che il benedetto romitorio di S. Corrado, qui nel piacentino, ha una radicata appartenenza al Terziariato francescano.
Con questa effige, uomini dei secoli passati, han reso onore e tramandato a noi moderni due fatti importanti e concatenati:
a Calendasco S. Carlo Borromeo venerato dai terziari francescani perché ne fu anche Cardinal Protettore e appunto dipinto sull’oratorio del romitorio francescano.

                                      

San Corrado a Malta. Leggiamo dal volume del Parisi:

“Stando, infatti, a una antica e ben fondata tradizione che lo vuole vissuto per non pochi anni – come nel capitolo seguente diremo – in un eremitaggio dell’isola di Malta, è giocoforza ammettere che la sua permanenza in Sicilia dovette essere al ritorno da questo suo viaggio in Terra Santa, altrimenti non potrebbe spiegarsi dove abbia passato tanti anni prima di giungere nel 1343 a Noto. Fu dunque dopo molti anni, e proprio dopo aver lasciato l’isola di Malta, che egli venne a stabilirsi in Sicilia. Nessuno dei suoi biografi stabilisce con certezza dove in Sicilia, partendo da malta, approdò…”.
(Giovanni Parisi San Corrado Confalonieri Patrono di Noto, pp. 26-27, 2^ edizione, Ediz. La Cattedrale 1984, Noto)

E ancora possiamo leggere:

“A Noto – come abbiamo già accennato – Corrado non arriva proveniente dal romitorio piacentino, ma da un suo pellegrinaggio in Terra Santa e più direttamente da una sua permanenza di vari anni nell’isola di Malta” – (p.31 idem).
“In Malta – scrive il Bonfiglio – è viva la tradizione di una tale sua dimora benché sia avvenuta nel lontano secolo XIV, e grande, è la devozione che ivi sentono per il nostro Santo” – “Sbarcato nell’isola – continua il Bonfiglio – trovò sotto il Casal Musta, nella parte settentrionale, una cava chiamata Vie el Axsel (= fiume di miele), e quivi fissò la sua dimora”. (p32 idem).

                                          


19 febbraio - San Corrado patrono degli erniosi

da «Un Patrono per ogni giorno», a cura di Piero Bargellini.
Trasmissione radiofonica “Radio 2 mattina”.
Roma, 19.2.1975
Potremmo considerarlo anche uno dei patroni dei cacciatori, e patrono non esemplare per impazienza e imprudenza. Da giovane, infatti, presso Piacenza, dove era nato sul finire del ‘200, Corrado si era dedicato alle armi, ai tornei e, con molta passione, alla caccia.
Un giorno per stanare un selvatico da una fitta boscaglia, non esitò a darla alle fiamme. Ne divampò un incendio furioso e rovinoso, che il governatore di Piacenza ritenne opera criminale. Venne arrestato un poveraccio che non ne aveva alcuna colpa. Messo alla tortura, confessò sotto gli spasimi del dolore. Fu condannato a morte. Mentre l’innocente veniva condotto alla forca, la lealtà di Corrado Confalonieri fu messa alla prova probante.
Il giovane piacentino scagionò il condannato e confessò la sua colpa, dovuta all’imprudenza non alla criminalità. Si obbligò a risarcire i danni.
Diana cacciatrice perse così un suo seguace, ma la santità guadagnò un nuovo rampollo. Ridotto alla miseria, Corrado meditò sulla vanità del mondo e dei suoi piaceri e decise di dedicarsi a vita devota. Indossò l’abito dei terziari francescani e visse in solitudine. Poi si fece pellegrino. Camminò fino a Roma, continuò il suo viaggio lungo tutta la penisola. Attraversò lo stretto e passò in Sicilia. Si fermò a Noto, non lontano da Siracusa.

L’ex cacciatore piacentino divenne così il Santo di Noto, dove oggi si custodisce il suo ricordo e si celebra con devozione la sua memoria. Della città ionica, infatti, San Corrado è il celesta Patrono.
Le sue reliquie si conservano in un’arca d’argento nella bella cattedrale. E fuori città, nella valle selvaggia dei Pizzoni, esiste ancora la grotta che fu un rifugio al Santo eremita: oggi fa parte del Santuario, con annesso eremo monastico. A Noto, in quella sua grotta, San Corrado restò per molti anni, fino alla morte il 19 febbraio 1351. Visse in penitenza e preghiera, dialogando con Dio e vincendo le tentazioni. Ai fedeli della diocesi fu largo di aiuti e di consigli spirituali, di intercessioni e profezie.
Avvenne a Noto l’episodio che gli ha valso grande fama come protettore dei sofferenti di ernia. Lo ricorda la più antica biografia del Santo, scritta in dialetto locale. Il sarto del paese aveva un figlio di sette anni, sofferente di un’ernia assai grossa e pericolosa. Corrado, ospite un giorno in quella casa, ebbe pietà del fanciullo. Tracciò un segno di croce, scoprì il ventre deformato dall’ernia, lo toccò, poi lo ricoprì. Era già uscito, quando il fanciullo fu udito gradire: “Frati Currau mi sanau, guarda come eu su sanu!”(‘Fra Corrado mi ha guarito, guarda come sono guarito!’).
Non fu quello l’unico prodigio operato dal Santo in favore degli erniosi. Molti altri furono registrati in tutti i tempi, specialmente in occasione della sua festa e delle processioni delle sue reliquie.
Con sicura fede e con trepida speranza, perciò, si rivolgono a San Corrado, non soltanto in Sicilia, coloro che sono colpiti da questo insidioso male, per essere alleviati o guariti dall’intercessione del venerato eremita di Noto.
da «Un Patrono per ogni giorno», a cura di Piero Bargellini.
Trasmissione radiofonica “Radio 2 mattina”.
Roma, 19.2.1975.

19 febbraio – S. Corrado da Piacenza

dal volume «Il Santo del giorno»
di Mario Sgambossa-Luigo Giovannimi
Ed. Paoline 1986, pp-94-95


 
Gli ecologi, cioè coloro che si dedicano allo studio e alla difesa dell’ambiente naturale, probabilmente non troveranno simpatico questo santo, che durante una battuta di caccia, per snidare la selvaggina e riempire il carniere di lepri e fagiani, non esitò ad appiccare il fuoco al bosco. Per placare le ire dei coloni, che ebbero distrutti dalle fiamme raccolti e cascinali, il governatore di Piacenza, Galeazzo Visconti, fece condannare a morte il primo malcapitato che ebbe tra le mani, la cui sola colpa era quella di essersi trovato nella foresta durante il pauroso falò.
Il vero colpevole, Corrado Confalonieri, classe 1290, regolarmente coniugato, di porfessione soldato di ventura, nato e anagraficamente residente a Piacenza, era fondamentalmente un galantuomo (piromania a parte), perciò non esitò a costituirsi quando seppe che un innocente avrebbe pagato con la morte il suo atto di leggerezza. Dopo aver confessato il malfatto, Corrado si disse disposto a risarcire i danni. E così fece, riducendosi in povertà. Poiché le vie del Signore sono infinite, il piromane cacciatore di frodo, attitudine poco francescana, approdò pentito ma in pace con la propria coscienza al Terz’ordine francescano di Calendasco, nel 1315, dopo essersi separato consensualmente dalla moglie Eufrosina la quale, per non essere da meno del marito, si rinchiuse nel monastero francescano di S. Chiara di Piacenza.

Dentro il saio francescano palpitava ancora il cuore dell’errabondo uomo d’arme. Dopo anni di pio vagabondaggio da un santuario all’altro, fra Corrado, varcato lo stretto di Messina, nel 1343 raggiunse la verde pianura di Avola, oltre Siracusa, fustigata già dall’abbagliante luce del caldo sole che già a capodanno schiude le gemme dei mandorli; proseguì tra le fosse dei monti e si stabilì nella cittadina di Noto. Scelse a dimora una cella accanto alla chiesa del Crocifisso.. La fama della sua santità lo seguiva come l’ombra e comprometteva la pace e il silenzio che tanto ambiva.
Quando si accorse che le troppe visite gli sottraevano il tempo dedicato all’orazione, fra Corrado levò nuovamente le tende e andò a rintanarsi, non scontrosamente ma umilmente, nella grotta solitaria dei Pizzoni che il popolo avrebbe battezzata come “grotta di san Currau”. Ivi morì il 19 febbraio 1351. Per la venerazione che i notigiani avevano per l’eremita, venuto dalla natìa Piacenza ad abitare in mezzo a loro, fra Corrado venne sepolto nella più bella tra le splendide chiese di Noto, la chiesa di S. Nicolò che nel 1844 divenne la cattedrale della nuova diocesi.
dal volume «Il Santo del giorno»
di Mario Sgambossa-Luigo Giovannimi
Ed. Paoline 1986, pp-94-95

La Fiera e Festa del Santo in antico a Noto
 
Il Papa Paolo IV istitui la festa di S.Corrado. Il vice Rè Ferdinando  Gonzaga d'ordine dell'imperatore Carlo V concesse nel 1540 con decreto da Palermo cinque giorni di fiera senza dazio che in seguito furono divisi in modo da costituire due fiere distinte e separate e cioè una di due giorni nel mese di Febbraio e una di tre nel mese di Agosto. 

 

Le statuette votive del Patrono
Fuse a Parigi nell'800 a cura del Devoto Corrado Abita


Queste statuette votive, sono alte diciotto centrimetri e di una composizione che imita l'avorio. Il tipo sembra preso dal quadro di Vincenzo da Pavia che è nel museo di Palermo.
Il Santo infatti è raffigurato in piedi con la tonaca legata da una rozza fune alla vita che si appoggia con una mano al bastone; con l'altra mano invece del libro porta la corona del rosario.Le statuette hanno una piccola base su cui stà scritto "S. Corrado ".Esse furono fatte eseguire a Parigi per iniziativa di un concittadino,Corrado Abita , alla fine dell'Ottocento e furono vendute a cinque lire l'una.Non so dire quante se ne fecero, ma certo parecchie centinaia perchè si trovavano in molte famiglie netinesi. Succesivamente il fotografo Squadrilli ritrasse la statuetta facendone un piccolo capolavoro: infatti, tutte le statue hanno occhi che non guardano, egli viceversa riuscì ad ottenere due pupille che vi fissano; anche di questa foto sono state fatte centinaia di cartoline illustrate.

Testi inviati da Noto da Salvatore Sessa


Una notizia svelata
all'Araldo di San Corrado
Grazie di cuore a Salvatore Sessa che ci informa su una questione a lui stesso rivelata dal compianto canonico Giovanni Marziano: come furono salvati i luoghi in cui visse e morì San Corrado.
Ecco il testo che ha inviato all'Araldo di San Corrado:
Quello che invece il Bonfiglio Piccione nel suo opuscolo non ha detto, perchè non lo sapeva, e che nessuno sa, e che a me fu rivelato dal canonico Marziano è quanto segue:

andata in discussione nel 1865 la legge sull'abolizione dei conventi e monasteri gli amministratori comunali di Noto del tempo si resero subito conto che, approvata la legge, le terre di S.Corrado di fuori , essendo beni ecclesiastici , sarebbero state incamerate dallo Stato, e quindi poi sarebbero state vendute e chissà in quali mani sarebbero andate a finire.
Ebbero quindi un'idea : salvare i luoghi in cui visse e morì S. Corrado.Quale fu la via da loro seguita ignoro, e la ignorava anche il canonico Marziano, ( ma la sapeva il vescovo di Noto mons. Blandini).
Posso dire solo che approvata la legge, il Governo stese come si suol dire le mani per appropriarsi di quelle terre, ma si trovò davanti a documenti ineccepibili dai quali risultava che le terre di S.Corrado di fuori appartenevano al comune di Noto e non potè quindi il Governo toccarle.

Se nonché qualche cosa trapelò e giunse all'orecchio degli amministratori comunali di Avola i quale ebbero pure l'idea di salvare le terre di Avola vecchie e che erano pure queste terre bene ecclesiastico; conseguentemente le autorità di Avola vennero a Noto, si informarono e seguirono i consigli degli amministratori di Noto.Così anche le terre di Avola vecchia risultarono beni comunali.
Salvatore Sessa

Ulteriori dati su questa interessante questione li potete leggere nel libro sul Santo Corrado, di Salvatore Guastella "Libero per servire": pp.164,166 e 182. Ed anche, dello stesso autore, il libretto "Il Santuario di S. Corrado" a p. 13.


Pillole di storia netina e di San Corrado

Notizie storiche tratte e riassunte dall’autore di questo bell’articolo, dall’opuscolo di Corrado Bonfiglio Piccione intitolato "L'Eremo di S.Corrado".

Con l’indicazione S.Corrado di fuori si intende S. Corrado fuori le mura.
Prima del terremoto del 1693 esisteva sulla collina soprastante alla grotta ove il Santo pregò un eremo intitolato a Gesù e Maria e che in seguito al detto terremoto rovinò.

Allora il barone Rosario Landolina e suo fratello il sacerdote Nicolò con atto del 16 dicembre 1694 donarono agli eremiti due tumoli di terreno sulla collina opposta per fabbricare la chiesa e l'eremo che ci sono tutt'ora .

Donazioni di terre fecero in progresso di tempo il detto sacerdote Landolina , Francesco Mazzone e un certo Giammanco.
Eretto l'eremo, all'antico titolo di Gesù e Maria fu aggiunto quello di S. Corrado. Agli antichi eremiti si unirono i nuovi seguita dalla fama della santità del luogo e della loro vita esemplare con una austera penitenza, che fu di tanto esempio che trasse al luogo non pochi non solo dall'Italia ma anche dall'estero e che vestirono il saio eremitico. Parecchi fra essi morirono in fama di santità.

Nel 1749 frà Luigi Belleri da Pavia che aveva cambiato la sua ricca divisa di capitano del reale esercito con l'abito eremitico e frà Guglielmo Spataro nostro concittadino fecero innalzare il ritiro e l'annessa chiesa per così racchiudere la grotta ove S. Corrado morì.

Venerabile Girolamo Terzo, netino
Circa
l'erezione dell'Eremo inferiore o Ritiro è da precisare che gli eremiti
Belleri e Spadaro, furono gli esecutori materiali per volontà del netino
Ven. Girolamo Terzo (già eremita a S. Corrado di fuori, superiore dell'eremo
Maria Ss. dell Scala; nel 1741 veste l'abito carmelitano). Egli è il fondatore
del Santuario di Maria Ss. Scala del Paradiso, oggi Santuario Mariano della
diocesi netina.


"Oltre che per l'erezione del Santuario della Madonna della Scala, il Ven. G. Terzo (1683-1758) resta altamente benemerito per aver promosso la costruzione anche del Santuario che custodisce la venerata Grotta di San Corrado, in contrada S. Corrado di fuori. Infatti fra Girolamo nel 1751, IV centenario della morte del Santo piacentino, incaricò gli eremiti Guglielmo Spadaro, Luigi Belleri e Saverio Errico perché erigessero 'a gloria di San Corrado e vantaggio delle anime' quel Santuario e l'annesso Ritiro (o Eremo inferiore) a dimora degli eremiti i quali, guidati da un vice superiore, vegliassero a turno ogni notte in orazione dinanzi al Ss.mo Sacramento nella stessa santa grotta. Fra Belleri ottenne dal Venerabile di non mettere mano ai lavori senza aver prima raccolto una somma che si potesse dire sufficiente alla realizzazione.

Un giorno, essendo fra Belleri maggiormente preoccupato per la difficoltà dell'immenso assunto, fra Girolamo per incoraggiarlo gli disse: 'Fra Luigi, prendete questo mio mantello che vi dono come Elia ad Eliseo, e vi sia pegno che io lascio per l'esito felice dell'opera che avete cominciato in onore di S. Corrado'. Il Ven. Servo di Dio, ancorché anziano, volle nel 1756 recarsi in pellegrinaggio dalla Scala a S. Corrado di fuori per vedere il nuovo Santuario e pregare ancora una volta prima di morire nell'amata grotta dei Santo Patrono di Noto!
"Alle volte - affermava fra Girolamo con edificante semplicità - quando faccio orazione con gli occhi chiusi, mi pare che parlo con San Corrado e dico tre me: " Questo è San Corrado"! così allegrezza e giubilo invadono l'animo mio!"  

Salvatore Sessa


 

 

 
   
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